venerdì 21 novembre 2014

19^ LEZIONE DI DIRITTO PUBBLICO.

In questa lezione parleremo di illegittimità, annullabilità ed incostituzionalità.

Principio di responsabilità (sai quale sia il confine tra lecito ed illecito) -- > ognuno uniforma il proprio comportamento alla regola.
Se stessimo alla regola dell’irretroattività dovremmo concludere che ogni norma è IRRETROATTIVA. Il principio che uniforma l’articolo 2 del codice penale è il FAVOR REI (il principio a favore del reo). L’idea del FAVOR REI è proprio quella di essere a favore del reo, per ragione di giustizia sostanziale, per ragione di una pena mirata al reinserimento del reo… A fronte dell’articolo 2 del codice penale, va letto l’articolo 25 della Costituzione (che costituzionalizza, appunto, l’irretroattività). L’articolo 25 è LIMITATO da questa idea contenuta nell’articolo 2 del Codice Penale.
Nell’ambito diverso da quello penale, vige lo stesso identico principio, in virtù della legge 689 del 1981.

Ognuno può essere chiamato a rispondere a qualcosa se il proprio comportamento era disciplinato da una norma. Viceversa, non può accadere.
Il presupposto di operatività del criterio cronologico è che due norme siano sullo stesso livello normativo. Che cosa succede se invece due norme sono antinominiche e su diversi livelli? Prevale la fonte superiore su quella inferiore. -- > CRITERIO GERARCHICO -- > la prevalenza ha la forma della ILLEGITTIMITA’ della inferiore e ANNULABILITA’ della norme inferiore.

La gerarchia tra la COSTITUZIONE e la LEGGE e gli ATTI AVENTI FORZA DI LEGGE è disciplinata dall’articolo 134. Solo un giudice è deputato a sciogliere questo dubbio di questa gerarchia: la Corte Costituzionale. Un giudice diverso dal quello facente parte della Corte Costituzionale non può dirimere l’antinomia. Quindi il criterio gerarchico ha una base di partenza molto ampio: l’articolo 134 spiega chiaramente che la competenza della Corte Costituzionale riguarda solo leggi ed atti aventi forza di legge di Stato e Regioni.
Se la illegittimità corre tra una legge ed un regolamento il giudice deputato a sciogliere questa antinomia è il giudice amministrativo.

A)     L’illegittimità di un regolamento non può essere pronunciata da un QUALSIASI giudice amministrativo, ma dal TAR LAZIO

B)     Nel caso in cui l’antinomia tra una legge e la Costituzione sia in corso di un qualsiasi giudizio, il giudice deve sollevare la questione alla Corte Costituzionale ed aspetta che la CC si esprima.

C)     Il giudice ordinario che si trovi di fronte ad un regolamento che contrasta con la legge, può DISAPPLICARE quel regolamento illegittimo.

Una legge entrata in vigore e incostituzionale, è come se non ci fosse? Assolutamente no. L’unico giudice competente a RIMUOVERLA è la Corte Costituzionale. E se la CC non la rimuovesse? Bel problema.
Una legge incostituzionale è comunque in vigore, NON è NULLA, ma:

-        È annullabile;

-        È di per se stessa suscettibile di essere applicata fino al suo annullamento.

  1. Una legge incostituzionale è illegittima ma produttiva di effetti. Il criterio gerarchico che riguardi il rapporto fra legge e Costituzione deve tenere presente il meccanismo del GIUDIZIO ACCENTRATO (ovvero ciò che è scritto sopra).

  2. Viceversa un regolamento illegittimo può essere disapplicato da un qualsiasi giudice (non è così per la legge).
E se nessuno solleva la questione davanti alla CC? Ci teniamo una legge incostituzionale. L’efficacia dell’annullamento lo avremo nell’articolo 136 della Costituzione. 

19^ LEZIONE DI ECONOMIA POLITICA.

In questa lezione parleremo ancora di Marx, del Cattolicesimo sociale, dell'anarchismo, dei keynesiani e della macroeconomia.

Fatturato – costi esterni = Valore aggiunto Plusvalore.

Plusvalore – costo del lavoro = reddito lordo che va a remunerare il capitale.

Reddito lordo – interessi passivi (banche) = profitto che va solamente ai soci.

Marx chiarisce come il profitto vada spartito tra capitale e lavoro.

IMPIEGHI
Immobilizzazioni (prese le fonti e poi investite, frutto degli investimenti

Magazzino
                      } CAPITALE CIRCOLANTE
Crediti
FONTI
Capitale Proprio o Netto (capitale dei soci)

Capitale di Terzi (banche o altri finanziatori)

Debiti
Il Capitale Circolante è quell’impiego che si rinnova continuamente (es. magazzino);

Il Capitale Immobilizzato ci mette parecchio a tornare liquido (es. macchinario).

PER MARX:
KFIX = capitale fisso (capitale immobilizzato);
KCIR = capitale circolante.

Le imprese tendono ad investire molto per ridurre i costi di produzione e così facendo alterano la composizione organica del capitale: coc = KFIX / KTOT

Il KTOT si configura come la somma tra KFIX e KCIR.

Per Marx, inoltre, i profitti derivano solamente dal capitale circolante, ovvero quel capitale con cui permettiamo che l’azienda vada avanti (salari…). Tendenzialmente, quindi, le aziende aumenteranno il KFIX. Aumentando il Capitale Fisso, però, diminuisce il Capitale Totale.
Ma che reddito riesco ad ottenere con il mio investimento totale? Lo so grazie a questa frazione:
Reddito Lordo / KTOT. Questo è il SAGGIO DI PROFITTO.

Il rapporto tra capitale fisso e capitale totale aumenta solamente perché le aziende, per farsi concorrenza, aumenteranno il denaro da investire in nuovi macchinari e diminuiranno le quantità di denaro da investire in salari. -- > CADUTA TENDENZIALE DEL SAGGIO DI PROFITTO -- > VISIONE PROFETICA DI MARX DELLA CRISI DEL CAPITALISMO.

  1. È IL LAVORO CHE GENERA PLUSVALORE.
  2. LE MACCHINE SERVONO SOLO AD AUMENTARE LA PRODUTTIVITA’ DEL LAVORO.
  3. È INUTILE AUMENTARE MACCHINARI E DIMINUIRE LE ORE DI LAVORO PERCHE’ NON SI GENERA PLUSVALORE (e quindi profitto).
  4. BASSO COSTO DEL LAVORO -- > ALTA DISOCCUPAZIONE -- > SCOPPIO DELLA RIVOLUZIONE.

CATTOLICESIMO SOCIALE

Si divide in due correnti: una BORGHESE (Perin) e l’altra ARISTOCRATICA (De la Tour du Pin, Ketteler, Voegelsang…). Si lega ad una filosofia tomistica, nasce il neotomismo che è una filosofia sociale -- > teoria della società -- > giustizia sociale -- > ordine economico che si contrappone al liberalismo e al socialismo.
Ha una visione abbastanza paternalista, tutela, aiuto e collaborazione fra classi alte e basse. Priorità al lavoro, all’associazionismo. Si radica la scuola di pensiero di Giuseppe Toniolo che si sviluppa soprattutto nella scuola etico-giuridica dell’economia padovana.
Libertà dell’uomo sì, ma all’interno di una serie di vincoli. Sarà Giuseppe Toniolo ad affermare la centralità del lavoro e la subordinazione del capitale al lavoro. Tutti quelli che hanno affermato ciò, hanno sostenuto i movimenti cooperativi.
Nascono in questo periodo anche le banche popolari, in risposta all’assenza del capitale finanziario.

ANARCHISMO

Influenzato fortemente da Feuerbach. Proudhon, inserito nel positivismo, è un anarco libertario che ribadisce il ruolo della giustizia sociale e la possibilità di garantire processi di mercato virtuosi. È il pronunciatore della famosa frase “la proprietà è un furto”: egli non se l’era presa con la proprietà privata, ma era contro ogni forma di dominio dell’uomo sull’uomo (riconosce che ci sono beni pubblici e propone un servizio civile che produca quei beni che servono alla collettività).

I KEYNESIANI E LA MACROECONOMIA

Scuola “liberal” di Cambridge, critica la legge degli sbocchi e del laissez-faire. Keynes scrisse le sue opere nel 1929, dopo la BIG DEPRESSION, ma le sue idee erano state elaborate in precedenza.
La libera iniziativa non porta al massimo sfruttamento delle risorse, né a percorsi di crescita sostenuti. Dal 1871 agli anni ’20 l’economia neoclassica cresce e si sistematizza. Keynes, invece, riparte dalla visione classica, cioè da VARIABILI AGGREGATE (nasce la MACRO-ECONOMIA). Dà un contributo alla organizzazione dei concetti dai quali successivamente nascerà la contabilità nazionale e la definizione di PIL. In contrapposizione con la legge degli sbocchi di Say, Keynes si sofferma sulla DOMANDA EFFETTIVA. Egli ha un approccio pragmatico, partendo, cioè, da quello che vede.
DOMANDA EFFETTIVA: è la reale domanda espressa in un’unità di tempo. È la percezione che gli imprenditori hanno della domanda che determina il livello di offerta. L’imprenditore, avendo percepito questa potenziale domanda, assume e investe o meno. I processi economici, quindi, avvengono nel tempo (non sono A-TEMPORALI ed ASTRATTI). La domanda effettiva si compone di CONSUMI e INVESTIMENTI. Naturalmente, per tutte queste divergenze, Keynes non si può in alcun modo paragonare a Say.
INCERTEZZA: nessun economista, neoclassico o classico, ne parlava APERTIS VERBIS. Si configura quando non siamo in grado di prevedere la domanda di un determinato bene. Riguarda sia il livello monetario (domanda di LIQUIDITA’) che il livello reale (INVESTIMENTI). È fondamentale, dunque, che si profili la stabilità (più importante ancora della LIBERTA’). Dobbiamo essere messi nelle condizioni di fare delle previsioni, di fare dei conti: il risultato è l’astensione prudenziale dall’investire e assumere.
Se la domanda effettive è CRESCENTE l’incertezza DIMINUISCE e questa situazione spinge l’imprenditore ad investire. È possibile, quindi, raggiungere un EQUILIBRIO DI SOTTO-OCCUPAZIONE: la produzione viene venduta, ma le risorse K (lavoro) e L (liquidità) non sono pienamente impiegate. Questo cosa vuol dire? Che si può stare bene anche non impiegando tutta la liquidità né tantomeno tutto il lavoro.

Quali sono i problemi che bloccano la crescita economica?
  1. Il mercato del lavoro non è flessibile a causa di sindacalizzazione, di salari d’efficienza (più elevati del livello di mercato per non perdere i lavoratori esperti);
  2. Il mercato dei beni è rigido in quanto l’assetto oligopolistico impedisce il ruolo riequilibrante dei prezzi -- > la politica monetaria ha efficacia solamente in condizioni di CERTEZZA -- > investimenti pubblici per la ripresa. 

mercoledì 19 novembre 2014

18^ LEZIONE DI ISTITUZIONI DI DIRITTO ROMANO.

In questa lezione parleremo dell'errore.

1)     Il CONTRATTO

2)     Il MATRIMONIO

3)     Il TESTAMENTO

Tutte e 3 queste fattispecie hanno in comune la MANIFESTAZIONE DI VOLONTA’. Senza questa, il negozio giuridico non c’è. SE NON C’E’ VOLONTA’, NON C’E’ NULLA. È “TAMQUAM NON ESSET”, ovvero è come se non ci fosse mai stato. Se la volontà si “forma male”, il negozio sorge. La volontà è perturbata da fenomeni che la distorcono (se non ci fosse stato il fenomeno perturbante, non avrei concluso il negozio o magari ad un prezzo minore):

  1. Determinante, non avrei concluso il negozio;
  2. Incidente, avrei concluso il negozio ad un prezzo minore.
Il vizio può investire l’intero negozio (1) o magari a condizioni diverse (2). Se incorriamo nella prima ipotesi, allora è tutto nullo (tutto deve tornare allo stato precedente al consenso delle parti). Qualora questo non fosse possibile e il vizio fosse incidente, potrei chiedere indietro parte del prezzo pagato.
OGGI, se il negozio si è formato ma con vizio di volontà, il negozio è soggetto ad annullabilità (entro 5 anni bisogna andare presso un giudice per annullare il negozio stesso). A Roma, invece, non esiste l’annullabilità dei negozi (o sono vivi e vegeti, o sono NULLI).  
Il VIZIO nel caso dell’errore è una “cantonata” presa personalmente (io fraintendo determinate caratteristiche di un certo oggetto). Se noi abbiamo un negozio formale (poniamo, la MANCIPATIO, che è formale perché pronuncio certe parole e compio certi gesti, NON C’E’ ESPRESSIONE DI VOLONTA’), possiamo inserire delle parti variabili.
Ci sono anche dei casi in cui si preservi la volontà effettiva di chi si sia autoindotto in errore. Quando è rilevante un errore come vizio della volontà? Perché l’errore sia rilevante, questo deve essere:

  1. Scusabile, deve essere NON grossolano, l’ignoranza crassa non scusa neanche in via di fatto;
  2. Essenziale, deve investire aspetti fondamentali del negozio giuridico (aspetti fondamentali nell’ottica dell’accordo delle parti).
  3. Di fatto, l’errore che cade sulla conoscenza di norme giuridiche NON SCUSA MAI (l’ignoranza del diritto non scusa).
Valeva il diritto di errore sul diritto per:

-        I rustici,
-        I soldati,
-        I minori di 25 anni,
-        Le donne.

In tutti gli altri casi non vale. IGNORANTIA IURIS non EXCUSAT. L’errore deve essere DI FATTO!

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TIPI DI ERRORI
-        In negozio, Tizio vuole fare una donazione a Caio. Caio capisce che quella somma è a titolo di mutuo. Il giurista romano dice che il NEGOZIO E’ NULLO! Non vale né la donazione, né il mutuo, i soldi vanno restituiti. Si tratta di un errore essenziale e quindi è un errore rilevante.

-        In persona, l’errore cade sull’identità della persona del DANTE o del RICEVENTE.
o   Parliamo di un testamento. Se colui che ha scritto il testamento si auto-inganna e nomina erede Tizio al posto di Caio, è tutto nullo. La volontà del testatore si cerca di salvare sempre (FAVOR TESTATORIS). Se cade il testamento cadono anche le manomissioni degli schiavi (“manomettere” significa “liberare”), cadono i LEGATI (oggetti che vanno a terzi rispetto all’erede). L’ERES è un successore in toto (formalmente è tutto suo tranne quei legati che lascio ad altri).
o   INTER VIVOS: l’identità fisica di un contraente è fondamentale (che io incarichi Tizio piuttosto che Caio cambia tutto). È rilevante quando attiene al fatto che quella parte di contratto si basa su fiducia su qualcuno (se io affido a Tizio ma volevo affidare a Caio, è tutto nullo).

-        In corpore, rileva sempre e riguarda l’identità fisica dell’oggetto (scambiare la lavatrice con il computer non è la stessa cosa). È diverso dall’ERROR IN NOMINE: qualcuno identifica in modo corretto un quid, ma poi la chiama con un nome diverso (è tutto valido).

-        In substantia, rileva nei giudizi di buona fede, scambio un oggetto di rame per un oggetto d’oro (pesa solo nei giudizi di buona fede perché non ci devono essere vizi di volontà di alcun tipo). Si tiene molto conto l’elemento della VOLUNTAS. A differenza dell’error in substantia, l’error in QUALITATE non è sulla materia, ma sulla qualità o sulle dimensioni dell’oggetto e NON RILEVA! Naturalmente è così solo se io non dico nulla sulla qualità o sulle dimensioni appunto.

-        In quantitate, il negozio in genere è valido se sbaglio sulla quantità. Poniamo il caso io dia in locazione un appartamento per 5 e colui che lo affitta è convinto sia per 10, allora il negozio vale per la somma minore (5) -- > c’è un FAVOR verso la parte che pensava fosse di 10. Viceversa non può accadere.

L’errore comunque deve PESARE, non può riguardare DETTAGLI. Il discorso cambia nel momento in cui si passa dall’ERRORE al DOLO.
IL DOLO
Ai giuristi di Roma l’errore interessa poco. Il DOLO, invece, entra in un discorso più ampio. È una macchinazione volta a trarre l’altra parte in inganno (è un errore determinato dal comportamento fraudolento di un terzo). Tizio mi convince che un bracciale di bronzo sia d’oro (DOLUS MALUS). Il DOLUS BONUS è molto diverso: si configura nel momento in cui io cerco di dimostrare che il mio prodotto è migliore di altri. A Roma, fra le altre cose, c’è la libertà del prezzo (senza inganno né frode). Non ci occuperemo naturalmente del DOLUS BONUS, bensì del MALUS. In quest’ultimo caso:

  1. Non avrei concluso il negozio;
  2. L’avrei concluso a condizioni migliori.
L’errore non è autoindotto, ma è etero-indotto. Il dolo si contrappone alla colpa: il dolo è la volontarietà dei comportamenti e delle conseguenze pregiudizievoli (tengo questo comportamento per il mio bene e per il danno di un terzo). Nel caso io invece mi dimentichi di fare qualcosa (pagare le bollette per esempio), è ovvio che non volevo creare danno all’altro contraente.
DOLO: elemento soggettivo di un fatto illecito. Gli illeciti assoggettati ad una pena pecuniaria possono essere dolosi o colposi. Colposo: ho preso l’oggetto di un altro senza pensare di fare un danno a qualcuno. Doloso: voglio il fatto (favorevole per me) e il danno per l’altro.
DOLO: comportamento iniquo, non conforme all’equitas (tenere un comportamento scorretto). Dolo generico o dolo presente; il vizio della volontà è un DOLO PASSATO.
DOLO NEGOZIALE: dolo che si verifica prima della conclusione del contratto, perché qualcuno ci imbroglia. Dolo come vizio della volontà. È un dolo che si ha prima della conclusione del contratto. Il DOLO entra in vigore piuttosto tardi perché prima IUS CIVILE diceva: “Il diritto soccorre chi è sveglio, non chi dorme”. Nasce l’azione di dolo e l’eccezione di dolo (inizialmente vale solo per i giudizi di buona fede e poi per i GIUDICIA STRICTA).

18^ LEZIONE DI DIRITTO PUBBLICO.

In questa lezione parleremo più diffusamente di retroattività della legge.

“La retroattività consiste nella rivalutazione di un interesse istantaneo del passato o di quel tratto dell’interesse durevole che si situa nel passato”.
Tizio compie un falso in bilancio nel tempo T1. Nel tempo T2 cambia il codice penale e da questo momento tale reato viene depenalizzato. La legge, però, non ha valore retroattivo. Tutte le condotte del tempo T1 verranno punite con la legge in vigore nel tempo T1. Tutte le condotte del tempo T2 vengono punite con la legge in vigore nel tempo T2.
Poniamo che invece la fattispecie richieda tempo per essere definita “conclusa”. Si presenta la difficoltà per la legge di definire un limite netto. È per questo che quando in gioco entra la durata, il legislatore pretende di rimettere in gioco quel tratto di formazione che si è svolto nel passato (come se per esempio richiedesse a chi è già andato in pensione di tornare a lavorare).
La vera retroattività si configura come una MODIFICA della legislazione in merito ad un fatto particolare (non è solo uno SGUARDO AL PASSATO).
La irretroattività è stato costituzionalizzato per le leggi penali nell’articolo 25. ATTENZIONE! L’articolo 25 dice che non tutta la materia penale non può essere retroattiva, ma solamente una norma penale di sfavore (non una norma penale più favorevole), ovvero incriminatrice. Una legge penale più favorevole può operare retroattivamente.
Una legge penale è più sfavorevole

a)     Nell’ipotesi in cui introduca una nuova fattispecie penale (che prima non era prevista come tale);

b)     Nell’ipotesi in cui un fatto che prima veniva previsto come reato, ora preveda una pena più severa di quella della disciplina precedente.

È naturalmente più favorevole quando:

a)     Si preveda l’ABOLITIO CRIMINIS (derubricare un’ipotesi penale in altro);

b)     Si preveda una pena più lieve della precedente.

LE PRIME DUE NON POSSONO OPERARE RETROATTIVAMENTE (articolo 25 Costituzione).
LE SECONDE DUE POSSONO E DEBBONO OPERARE RETROATTIVAMENTE (articolo 2 Codice Penale).
Il fatto, prima previsto come reato, non è più reato. La legge ora in vigore può essere retroattiva (perché è più favorevole e quindi opera NECESSARIAMENTE in via retroattiva).

-        Il primo comma del II articolo del Codice Penale sottolinea l’IRRETROATTIVITA’ della legge penale (ripetizione dell’articolo 25 Costituzione).
-        Il secondo comma del II articolo del Codice Penale sottolinea la RETROATTIVITA’ della legge penale in caso di ABOLITIO CRIMINIS. In questo caso si travolge anche la sentenza irrevocabile.
-        Il quarto comma del II articolo del Codice Penale sottolinea la RETROATTIVITA’ della legge penale in caso di maggior favore della nuova legge. In questo caso c’è un limite: la sentenza irrevocabile.

Quindi, ponendo che Tizio abbia compiuto un falso in bilancio nel tempo T1 e ponendo che arrivi un decreto legge nel tempo T2 che depenalizzi il reato di falso in bilancio, ma nel tempo T3 tale decreto non venga convertito, arriva la sentenza di condanna.
Nel caso in cui il falso in bilancio avvenga nel momento in cui il decreto legge sopracitato è in vigore cosa si fa?
Si legge l’articolo 77 della Costituzione limitato dal 25 o viceversa? Ovvero, si condanna Tizio o no? Cioè: si deve pensare che dal momento che il decreto legge non convertito non sia mai esistito (e quindi condannare Tizio) oppure bisogna pensare che l’articolo 25 secondo comma prevalga? Il dibattito è aperto, ma si propende alla lettura del 77 limitato dal 25.
ATTENZIONE! Una legge può dichiararsi retroattiva in deroga all’articolo 11 delle Preleggi (perché si pongono sullo stesso piano nella scala gerarchica delle fonti).