mercoledì 7 ottobre 2015

4^ LEZIONE DI DIRITTO DELL'UNIONE EUROPEA.

Trattato di Amsterdam e di Nizza. Ambedue i trattati si limitavano ad apportare modifiche a quelli già esistenti. Si modificò il trattato di Maastricht, in sostanza.

Si sentì il bisogno di questi due trattati in quanto dopo il 1992 la storia continuava a cambiare (dissoluzione dei Balcani, continue richieste dai paesi dell’Europa orientale di poter entrare nell’UE).
Il 1° gennaio 1995, a cavallo degli anni 90, fecero domanda molti paesi (Austria, Svezia, Finlandia, Norvegia). A fine 1995 aderirono Austria, Svezia e Finlandia. Per scelta referendaria norvegese, la Norvegia rimase fuori. Una conferenza intergovernativa del 1996, prepara il Trattato di Amsterdam del 1997. Costui mette un po’ di ordine nella numerazione degli articoli. Ha inserito nei Trattati dell’Unione la tutela dei diritti fondamentali valida per i paesi dell’Unione. Istituisce, poi, la cooperazione rafforzata: diventava sempre più facile che ci fosse uno stato contrario a determinate decisioni. Per aumentare il grado di integrazione (se qualche stato fosse stato contrario) era doveroso impedire tale contrarietà (l’Euro: solo 15 stati che approvarono la moneta unica).

TRATTATO DI AMSTERDAM: tra le competenze delle istituzioni abbiamo aggiunto quelle del GAI a quelle della CE. Dal 1999 l’Europa può emanare regole in materia di diritto internazionale privato e di diritto internazionale civile. Questo avrebbe garantito la libera circolazione delle sentenze e avrebbe garantito la possibilità di recarsi da uno qualsiasi dei giudici dell’Unione.
Si è anche avviato un nuovo processo di adesione per altri stati che chiedevano di entrare in Europa. Uno degli obiettivi mancati era quello di adeguare le istituzioni europee all’incremento degli stati. Nel 2000 si è deciso di convocare una conferenza a Nizza dove si è fatta una dichiarazione sul futuro dell’Europa. Lì, in quella sede, si è proclamata la carta dei diritti fondamentali di Nizza.
Il Trattato arriva nel 2001 ed entra in vigore nel 2003. Ripartisce i seggi al Parlamento europeo, prevede che la commissione abbia un commissario membro. Estende il voto alla maggioranza qualificata per alcuni settori. Estende lo spazio per la cooperazione rafforzata e si è consapevoli che il lavoro non è finito. Ciò fa capire a tutti che è bene fare il salto di qualità: questo processo deve avere una vera costituzione europea? Ovvio che sì. Per questo si forma un trattato firmato a Roma il 29 ottobre 2004. Questo trattato costituzionale, però, spaventa tanti stati europei. E così molti referendum bocciano questa costituzione.

Dopo grandi meditazioni, nel 2007, il Consiglio Europeo ritiene sia meglio abbandonare la Costituzione.
Nel frattempo, però, nel 2004 altri 10 paesi europei avevano aderito all’UE.

Nel 2007, intanto, il cancelliere tedesco Merkel aveva pensato ad un sistema per aggirare questa diffidenza. Nel 2009 è riuscita a farlo ratificare da tutti. Il trattato di Lisbona, quindi, è il punto di arrivo che salva la sostanza del processo precedente, con una forma diversa da quella del T.U.
Il trattato di Maastricht fu chiamato Trattato dell’Unione Europea e quello sul funzionamento (trattato della CE, operativo) lo chiamò TFUE (trattato sul funzionamento dell’Unione Europea). Ancora a parte si trova la implementata Carta di Nizza. La Merkel, quindi, ha salvato la sostanza giuridica e viene applicato come diritto europeo dai giudici della corte europea.
In Germania, però, esiste il ricorso diretto alla Corte Costituzionale federale. Grazie a questo strumento, alcuni tedeschi ritennero doveroso affermare che il trattato di Lisbona andava mutato perché esautorava il parlamento tedesco. La sentenza respinse questa domanda e con essa si volatilizzarono tutti i timori a ciò legati.
Questi trattati sono accompagnati da protocolli aggiuntivi, in cui ogni Stato fa dei “distinguo”.

Oggi l’UE si chiama SPAZIO DI LIBERTA’, SICUREZZA e GIUSTIZIA.

3^ LEZIONE DI DIRITTO DELL'UNIONE EUROPEA.

Comitato delle regioni (rappresentanti delle autonomie locali dei paesi membri).
Ma come si forma la volontà dello stato, poi espressa a Bruxelles? La voce delle regioni arriva a Bruxelles? Quando qualcosa è stato deciso a Bruxelles, come viene attuato in Italia? (fasi ascendente e discendente).
Gli stati membri, pur essendosi obbligati a cooperare in materia di politica estera, hanno ognuno le proprie autonomie (soprattutto da parte delle grandi potenze).

ATTO UNICO EUROPEO (1986)

Figlio di quel rapporto del DDR del 1985, si disse “si è fatto tutto il previsto, ora dobbiamo porci un nuovo obiettivo”. Perché nel settore dei professionisti si è stati lenti nel liberalizzare il “mercato”? Perché ogni stato rimaneva “libero” di definire il percorso in perfetta autonomia. In sostanza, quindi, la circolazione delle professioni era fortemente frenata dal fatto che si richiedeva l’identità dei titoli utili per il loro esercizio.
Si è così, intervenuto, con delle discipline di armonizzazione: con delle direttive si è obbligato gli stati a d armonizzare il diritto interno per armonizzarlo con quello degli altri paesi.
Si è così introdotto il principio del reciproco riconoscimento dei titoli di studio, salvo poter introdurre un esame integrativo quando siano manifestamente eterogenei. In Italia, per esempio, c’era lo sbarramento dell’esame di stato. Fu così fatto un passo avanti: chi già esercita in un altro paese, può continuare la sua attività in altri paesi. Se vuole stabilirsi lì, potrà o fare pratica presso soggetto a ciò abilitato o fare l’esame di stato. Dopo 3 anni di pratica presso un collega, chi è già, per esempio, avvocato presso il proprio paese, può esercitare nel paese straniero.
Questo processo, però, si è interrotto con il 1989 (crollo del muro di Berlino). Il crollo del muro di Berlino rappresenta l’allargamento del tema: il futuro della Germania. Kohl, il cancelliere tedesco dell’epoca, aveva la possibilità di chiudere la parentesi e riunificare la Germania. Questo però voleva dire RIFONDARE completamente uno stato intero, quello corrispondente alla DDR, alla Germania EST. Kohl disse che aveva senso, che si doveva fare. Kohl ha vinto la sui sfida storica.
Questo ha segnato la fine dell’URSS e degli stati satelliti. Erano indipendenti, è vero, ma non erano slegati dalla leadership sovietica. L’Europa, così, ha risposto con il trattato di Maastricht, chiamato anche “trattato sull’unione europea”. Si è inventato un nome nuovo per descrivere un NUOVO contenuto. Sotto quel cartello v’era una nuova Europa, che dà risposta alla domanda “si vuole avere anche un’Europa politica sì o no?”, naturalmente affermativamente. Non doveva essere INTEGRAZIONE ma vera e propria COOPERAZIONE. Il trattato di Maastricht da un lato ritocca i vecchi trattati, implementando i trattati esistenti. Per altra parte, dice “cose nuove”. Per capire in modo semplice questo trattato, si usa tradizionalmente un’immagine: il tempio greco (PESC, GAI, giustizia e affari interni, CE, tre pilastri fondamentali). Questa è l’essenza dello stato moderno, autonomo ed indipendente.

Sempre in questo trattato compare per la prima volta l’istituzione della CITTADINANZA EUROPEA, che è un “prolungamento della cittadinanza dei cittadini europei”. Il trattato di Maastricht, inoltre, introduce la libera circolazione dei cittadini europei per qualsiasi motivo.

Il pilastro sulla giustizia, inoltre, garantisce la protezione diplomatica in ogni luogo. Questo trattato è molto importante ance perché dava ingresso all’ “altra Europa”, permetteva ulteriori adesioni da parte delle “nazioni” europee dell’est.

2^ LEZIONE DI DIRITTO DELL'UNIONE EUROPEA.

!!! SEZIONE DA AGGIORNARE !!!

Mi scuso. Sono stato chiamato dal professore in cattedra e non ho avuto modo di prendere appunti per questa lezione. Entro questo fine settimana ascolterò la registrazione della lezione e sostituirò questa comunicazione con gli appunti.

Scusate per il disagio. 

martedì 29 settembre 2015

1^ LEZIONE DI DIRITTO DELL'UNIONE EUROPEA.


Da dove veniamo? Veniamo da una situazione in cui c’era fame, disagio pesantissimo a livello morale per l’accaduto. Guerra Fredda, Jalta, due mondi distinti: i filo sovietici e i filo americani.

L’economia europea viene fatta ripartire col piano Marshall: un tale Schumann, ministro francese, dichiara:

“C’è una situazione di diffidenza completa tra Francia e Germania.”. La Germania che ha perso la guerra con la Francia e ha timore della Francia, la Francia si sentiva “padrona” dell’Europa. Per cercare di superare tale diffidenza, disse Schumann, c’è solo una via: carbone e acciaio (CECA). La Francia, quindi, propose alla Germania di unirsi “industrialmente” nella produzione di carbone e acciaio: costruire interessi comuni sulla pace (ma anche sulla guerra). Costruendo comuni interessi economici, le due potenze avrebbero dialogato e si sarebbero “alleate” dal punto di vista economico. Belgio (Benelux) aderisce al progetto. L’Italia, periferia perdente, non “esiste”. Grazie ad Alcide De Gasperi l’Italia entrò a far parte della partita. De Gasperi aveva capito che stava partendo un treno, una nuova pagina della storia. Era l’inizio di un percorso che poteva portare lavoro.

Conferenza di Messina: viene organizzato un trattato internazionale (sono in 6 Nazioni). In quella sede si doveva trasformare questa idea politica in un trattato internazionale. Costoro usarono le parole “comunità europea”. Non usarono la classica parola “organizzazione”, volevano un’idea di coesione, volevano creare un mercato COMUNE.

Ma chi avrebbe controllato l’effettivo e prolifico funzionamento? Dovevano istituire una governance che fino ad allora non v’era, non vi erano modelli simili nel mondo di allora.

Ci doveva essere una ALTA AUTORITA’, composta da PERSONALITA’ INDIPENDENTI DAI GOVERNI selezionate tra i paesi membri. Devono essere persone che non rispondono ai governi nazionali: uno Stato si doveva impegnare a conformarsi alle direttive dell’alta autorità. Questo è il concetto di SOVRANAZIONALITA’: lo stato può ricevere delle indicazioni da un organo sovranazionale. Si parla, quindi, di ALTA AUTORITA’ INDIPENDENTE, accanto a cui furono messi 3 presidi:

  1. Un consiglio dei ministri di 6 paesi membri;
  2. Assemblea parlamentare con funzioni consultive (pareri, informazione…), per dare peso anche alla voce del popolo;
  3. Presidio imparziale per fare rispettare le regole comuni, CORTE DI GIUSTIZIA di personalità indipendenti, che dia alla comunità la giustiziabilità, la legalità, che abbia la capacità di far rispettare le regole poste.

Francia e Germania, dopo essere stati nemici, si mettono d’accordo, partendo dalla concretezza dell’economia. La prima pagina della nuova Europa ribalta il corso della storia: i fatti hanno dimostrato che il treno, su cui De Gasperi volle a tutti i costi salire, avrebbe fatto molta strada. Son ripartire le fabbriche, si è usciti dalla povertà, è partito negli anni 50 un grande fervore economico.

Gli anni 50 decollarono: perché non occuparsi anche della difesa militare comune contro il rischio di attacco sovietico. Italia, Germania, Francia, Benelux si dovevano unire militarmente. Il parlamento francese non lo votò. Perché? Negli anni 50 la Francia stava perdendo le colonie in Indocina. Quando si doveva ratificare il trattato, ormai gli interessi in Indocina erano venuti meno.

Poi, la Francia si era dotata della bomba atomica. Da allora divenne in qualche modo un avallo della grandeur francese. Naturalmente questo sanciva la potenza francese in Europa. Naturalmente la Francia voleva monopolizzare la difesa e avere una posizione molto influente nell’atlantismo (cosa che cominciava ad avere). La Francia era il paese europeo che aveva vinto. Tante ragioni avevano concorso a far sì che questo esperimento della CED (comunità europea della difesa) fu una doccia fredda, ma ricordò a tutti che NATURA NON FACIT SALTUS (non si può pretendere di accelerare il corso della storia).

In quegli anni si formarono due movimenti culturali:

  1. Creare gli Stati Uniti d’Europa (movimento federalista europeo);
  2. Movimento dei piccoli passi o gradualista (dare da mangiare alla gente e attendere il momento propizio).

Sono due correnti di pensiero ancora presenti. All’epoca vinse la teoria gradualista. Gli esponenti proposero di creare una comunità europea sull’Energia Atomica (EURATOM, CEEA). Ma si disse che non bastava: bisognava avere il coraggio di guardare a settori più ampi del mercato economico (e non): produzione agricola, commerci.

Negli anni del dopoguerra nasce il protezionismo. Si posero dei dazi alle frontiere. Effetti:

1-      L’industria nazionale aveva un mercato bloccato, recintato, nel quale l’economia non poteva crescere;

2-      L’industria nazionale, senza fiato sul collo della concorrenza, non innovava, non vi era evoluzione.

Tutto questo nuoceva al paese, i consumatori erano i primi a non poter scegliere tra un’ampia gamma di beni, penalizzava i “bravi” del mercato. Ci si doveva specializzare: chi è bravo, viene assunto. Il consumatore può scegliere, è libero, i prezzi sono calmierati. Fu così creata una terza comunità che si occupasse del mercato comune (MEC). Nel 1957 a Roma furono creati due trattati: i trattati di Roma. Tre comunità europee.

Ci dovevano essere dei centri decisionali, dei centri decisivi: il consiglio dei ministri, da organo consultivo, diventa organo decisivo. L’alta autorità, da potere decisionale, deve attuare le decisioni del consiglio. L’assemblea parlamentare? Rimaneva organo consultivo.

Consiglio dei ministri e commissione della CE erano autonomi. Solo con gli anni 60 tutte le istituzioni furono fuse, identiche istituzioni, ma con funzioni peculiari.

Si erano dati:

-          Una governance;

-          Revisione degli atti giuridici (regolamenti, direttive, decisioni…), strumenti di azione normativa. Il termine legge fu con decisione respinto per non spaventare i parlamenti nazionali eletti direttamente dai popoli;

-          Un mercato unico (comune), caratterizzato da:

o   Libertà di circolazione delle merci, beni. Dopo 10 anni e mezzo ci si arrivò (NON esistono più frontiere per le merci);

o   Libertà di circolazione delle persone.

§  Persona con lavoro subordinato, libertà di assumere lavoratori di tutta la comunità (milioni di italiani in miseria hanno trovato dignità, lavoro, fortuna);

o   Libertà di circolazione dei capitali. Libera allocazione dei propri risparmi, dei propri guadagni (si supera il protezionismo).

o   Libertà di servizi (apertura di studi legali all’estero, creazione di società all’estero…). Non sono diritti nei rapporti fra stati.

Così si sono pensate delle regole: concorrenza libera (divieto di cartelli); divieto di abuso della posizione dominante; divieto di aiuti di Stato (non aiuterebbe a valorizzare i “bravi”).

Un grande tema che si doveva affrontare in quel periodo era quello dell’agricoltura. Ma questo sarebbe stato il tracollo per la nostra agricoltura di sussistenza: bisognava fare la PAC, una politica agricola comune, prima di liberalizzare.

NOTA SU DIRITTO COSTITUZIONALE

Buongiorno a tutti, qui è il blogger.

Per ragioni accademiche, non potrò pubblicare sul blog alcun post riguardante il corso di Diritto Costituzionale. Potrò farlo più avanti, presumo a gennaio.

Mi scuso per il disagio.

Per qualsiasi informazione extra, sono disponibile sui canali riportati alla voce "contatti", in alto a destra.

lunedì 8 giugno 2015

32^ LEZIONE DI DIRITTO PRIVATO.

Il danno normalmente ingiusto e quindi risarcibile perde il carattere dell’ingiustizia. Potrebbe esserci un danno senza dolo né colpa.
STATO DI NECESSITA’ e LEGITTIMA DIFESA (in questi casi, nel caso si creasse un danno, sarebbe considerato giusto. Questa situazione di legittima difesa esclude la illiceità del comportamento di chi si deve difendere (chi si è difeso provocando danni all’aggressore, non è tenuto al risarcimento, art. 2044).
Nel primo caso, invece, il danno provocato in stato di necessità provoca un’indennità il cui ammontare è rimesso all’equo apprezzamento del giudice. (art. 2045)
La terza ipotesi riguarda l’aspetto soggettivo: la colpa è la negligenza, la mancanza di cautela, l’imperizia. Il dolo è la volontà di provocare il danno: sono atteggiamenti psicologici della persona. L’individuo ha la possibilità di evitare il danno, eliminando la distrazione, per esempio. Ci vuole, quindi, imputabilità della condotta (capacità di intendere e di volere). Art. 2046
CRITERIO DI IMPUTAZIONE DELLA RESPONSABILITA’
Per cogliere questo principio, bisogna ripensare alle funzioni della responsabilità civile (trasferimento del costo del danno). Ma chi è chiamato a rispondere del danno? Principio che sottolinea il criterio di imputazione, che consente di individuare fra tutti la persona che deve risarcire il danno. Colpa e dolo sono criteri di imputazione di responsabilità civile: il datore di lavoro è responsabile del fatto illecito provocato dal dipendente nell’esercizio delle funzioni a cui è proposto. Il datore di lavoro, pur non avendo fatto niente di male, è considerato responsabile. Esistenza di un rapporto di lavoro subordinato = esistenza di legame che giustifica la responsabilità del datore di lavoro.
  1. Danno provocato da persona incapace di intendere e di volere: la persona incapace non deve risarcire il danno (art. 2046). Nel caso in cui, art. 2047, vi dovesse essere un danno cagionato da persona incapace di intendere o di volere, il risarcimento è dovuto da chi è tenuto alla sorveglianza dell’incapace, salvo che provi di non aver potuto impedire il fatto. Nel caso in cui il danneggiato non abbia potuto ottenere il risarcimento da chi è tenuto alla sorveglianza, il giudice, in considerazione delle condizioni economiche delle parti, può condannare l’autore del danno ad un’equa indennità.
  2. Art. 2048: danno provocato da incapace d’agire. Padre madre o tutore responsabili del danno cagionato. La ragione per cui non si cita la responsabilità relativamente all’incapace d’agire, è dovuto alla verifica di capacità di intendere e di volere conciliata con la capacità d’agire. Il rappresentante legale è responsabile sempre e comunque: se l’agente è anche incapace di intendere e di volere, risponde solo il responsabile. Se è solo incapace d’agire, entrambi.
Dall’art. 2049 all’articolo 2054 vi sono un’altra serie di criteri di imputazione della responsabilità civile. L’ente responsabile per la manutenzione delle strade, per esempio, è responsabile ex articolo 2051 dei danni verificati al seguito di incidenti provocati dalla cattiva manutenzione della strada.
Art. 2053: rovina di edificio. Anche qui vi è un criterio: la proprietà rende il proprietario responsabile dei danni cagionati dalla rovina degli immobili.
Art. 2054: circolazione di veicoli.
RESPONSABILITA’ PER DANNI NON PATRIMONIALI
Quando si verifica un danno non patrimoniale, il risarcimento è previsto solo in casi previsti dalla legge. È una norma che ha dato molto lavoro agli interpreti. Bisogna tenere presente che uno stesso accadimento dannoso quasi sempre provoca danni patrimoniali e non. Si sta andando nella direzione dell’allargamento dell’area dei danni non patrimoniali.
Il discorso è diventato incontrollabile quando l’inciso “nei casi previsti dalla legge” è stato posto in relazione alla Costituzione. In particolare l’articolo 2 della Costituzione: “doveri di solidarietà”.

IL FATTO DANNOSO DEVE ESSERE PREVISTO DALLA LEGGE COME REATO: allora la vittima può richiedere il risarcimento del danno patrimoniale e non.

LE LEGGI SPECIALI PREVEDONO IL RISARCIMENTO DEL DANNO NON PATRIMONIALE (es. irragionevole durata del processo).

QUANDO COLPISCONO VALORI INDIVIDUALI DI UNA PERSONA COSTITUZIONALMENTE GARANTITI E COLPITI IN MODO SERIO E NON FUTILE (lesione significativa).  

31^ LEZIONE DI DIRITTO PRIVATO.

ONERE DELLA PROVA: quali sono gli oneri probatori che gravano su colui che chiede il risarcimento del danno per responsabilità extra contrattuale. La responsabilità civile extra contrattuale (2043): bisogna provare i prerequisiti del 2043.
Come risolve la questione della causalità la nostra giurisprudenza? A quali condizioni un fatto umano è causa di danno? La cassazione risolve questo problema in modo diverso: quel tipo di comportamento viene compiuto, il verificarsi del danno è più probabile che il non verificarsi. Il comportamento concreto è causa del danno concreto o il comportamento concreto non è causa del danno concreto (la causalità giuridica: il danneggiato deve dimostrare l’atteggiamento del danneggiante).
Nel danno contrattuale, invece, il danno provocato dal debitore con l’inadempimento (criterio del “Più probabile che non”). Si ritiene che il creditore debba dimostrare di essere creditore, e questo sia l’unico onere. Dal 2001 il creditore deve solamente provare l’inadempimento del debitore. Se il debitore vuole andare esente, deve dimostrare di non esserlo.
La seconda diversità riguarda i cosiddetti fatti delle persone di cui il soggetto danneggiante si sia avvalso (art. 1228). Si parla di responsabilità per fatto degli ausiliari. In questo caso chi si avvalesse di aiutanti, risponderà dei loro fatti dolosi e colposi.
Nella responsabilità extra contrattuale l’articolo 2049 risolve il problema: afferma che “i padroni e i committenti sono responsabili per i danni arrecati dal fatto illecito dei loro domestici e commessi nell’esercizio delle incombenze a cui sono adibiti”. In pratica si parla di lavoratori subordinati nell’esercizio delle loro incombenze.
La differenza fra il modo in cui queste norme vengono considerate è nel considerare più ristretta la responsabilità del datore di lavoro. Nella materia della responsabilità extra contrattuale la legge stabilisce che il diritto a richiedere il risarcimento sia prescrivibile in 5 anni. Nella materia della responsabilità contrattuale la legge stabilisce che il diritto a richiedere il risarcimento sia prescrivibile in 10 anni. Ci sono 5 anni di differenza che non sono affatto pochi. Questa differenza specifica spiega una serie di operazioni interpretative che mirano a spostare certi danni dall’area della responsabilità extra contrattuale all’area della responsabilità contrattuale.
L’esempio più evidente di questo fenomeno riguarda la responsabilità delle strutture sanitarie per danni provocati ai pazienti e per quei danni che si verificano con una certa frequenza dall’errore medico. Il rapporto fra la struttura sanitaria e il paziente riguarda il paziente direttamente interessato e la struttura sanitaria (si faccia l’esempio di una donna incinta: i diritti e gli obblighi non riguardano il feto, ma la madre).
Art. 1218: il debitore inadempiente non risarcisce il danno, l’obbligazione è di risarcimento del danno, a meno che non dimostri che la causa non è a lui imputabile. Se il debitore riesce a dimostrare la causa a lui non imputabile, non deve risarcire il danno. La prestazione è diventata impossibile? Il creditore non riceverà la prestazione e non riceverà nemmeno il risarcimento. Questa situazione che libera il debitore è composta di tre elementi:
-        La prestazione è diventata impossibile: è lo stesso concetto quando abbiamo analizzato i requisiti del contratto;
-        La causa che ha reso la prestazione impossibile non deve essere imputabile al debitore: l’evento esterno deve rendere la prestazione impossibile;
-        Non basta che la prestazione sia diventata impossibile per causa non imputabile: deve essere resa prova dell’impossibilità e della non imputabilità. Se il debitore non riesce a fornire questa prova, il debitore viene condannato al risarcimento.
Se il debitore riesce a dimostrare ciò, significa dire che se non si riesce a capire la causa dell’impossibilità, il debitore risulta comunque condannato. Il debitore non potrà mai dimostrare che la impossibilità è stata determinata da causa a lui non imputabile: egli sarà condannato al risarcimento del danno.
La costituzione in mora del debitore avviene in due modi indicati al 1219: mora ex persona, mora ex re. La prima è il modo normale per costituire in mora un debitore e nel primo comma si prevede che il debitore è costituito in mora con una intimazione scritta fatta dal creditore. Ci vuole quindi la forma scritta e che vi sia una modalità espressiva indifferente che però esprima la richiesta dell’adempimento.
La mora ex re non richiede una richiesta scritta, il creditore non deve fare nulla. In base a quanto dice il 1219 al II comma, numero 1, ogni qualvolta qualcuno debba costituire in mora il debitore inadempiente, basta che il debito derivi da fatto illecito; la seconda ipotesi, indicata al numero 2, costituisce in mora il debitore che abbia dichiarato per iscritto di non volere eseguire l’obbligazione; la terza ipotesi, indicata al 3, riguarda i debiti portabili scaduti (somme di denaro). Se un debito portabile è scaduto, cioè è scaduto il termine, il debitore è automaticamente in mora. Cosa succede quando il debitore è in mora?
Riduce il rischio per il creditore di inadempimento. Mentre il debitore che non è in mora è liberato dalla prestazione impossibile per causa a lui non imputabile, in mora nulla basterà a liberare il debitore.
Il debitore si può salvare con un’ultima possibilità: deve riuscire a dimostrare (Ex art. 1221) che l’oggetto della prestazione sarebbe ugualmente perito nelle mani del creditore. ATTENZIONE A NON DIRE CHE L’EFFETTO DELLA MORA HA COME EFFETTO L’OBBLIGO DI ADEMPIMENTO DA PARTE DEL DEBITORE. La mora ha come unico effetto la non liberazione del debitore dall’adempimento anche in caso di causa a lui non imputabile.
Siccome la legge tutela l’interesse del debitore (dovere di correttezza) la legge dà anche modo di evitare la mora.
La protezione del debitore non si esaurisce qui: art. 1208. Questa è l’ipotesi in cui il debitore offra la prestazione esatta: e affinché si possa dire ciò occorre che intervenga un soggetto terzo, che attesti la circostanza che ciò che viene offerto dal debitore è ciò che il creditore ha diritto di ricevere (offerta formale fatta da un ufficiale giudiziario). La necessità di questa attestazione sta nel fatto che il creditore può rifiutare un adempimento parziale: ci deve essere garanzia che non sia adempimento parziale, ma esatto.
Il creditore può essere costituito in mora (1207): la norma dice che sul creditore in mora grava il rischio della risoluzione del contratto per impossibilità sopravvenuta. Se si tiene in considerazione questa opzione, si può capire quale sia l’effetto della mora del creditore: il creditore della prestazione diventata impossibile è tenuto ad eseguire la controprestazione. Il chirurgo, debitore della prestazione di fare, dopo aver costituito la signora vanitosa in mora, creditrice della prestazione, perde una mano in seguito ad un incidente. La prestazione è impossibile ora: la controprestazione della signora è ugualmente dovuta. Qualora venga fatto il deposito e il tribunale abbia convalidato il deposito, il debitore è liberato anche se il creditore non ha ancora ricevuto la prestazione. Il creditore dovrà sostenere i costi del deposito (art. 1175, 1220, 1207-1208).
RESPONSABILITA’ EXTRA CONTRATTUALE
Art. 2043: danno ingiusto. Parlando di danni ingiusti si presuppone che i danni possano essere ingiusti o non ingiusti. I danni non ingiusti non sono risarcibili A PRIORI, i danni ingiusti sono generalmente risarcibili. Questo problema e questo criterio rappresentano due temi su cui si è discusso più a lungo: la definizione di ingiustizia del danno è un argomento su cui la giurisprudenza ha speso fiumi di inchiostro.
La ragione fondamentale di questa discussione, cominciata nel 1942 e tuttora attualissima, sta nel fatto che “danno ingiusto” rappresenta uno sbaglio, un’inesattezza. Ingiusto è un sinonimo di antigiuridico, di illecito. Peraltro le norme giuridiche sono regole che dicono cosa si possa o non si possa fare, cosa di debba o cosa non si debba fare. I destinatari delle norme giuridiche sono le persone: l’ingiustizia è un attributo di comportamenti umani tenuti in violazione di norma giuridica definita. Il danno di per sé non può essere né ingiusto né giusto. L’errore è segnalato da sempre e da tutti.

Le idee sono state molte: le teorie che si sono succedute nel tempo hanno mano a mano ampliato l’area dei danni da considerarsi ingiusti e astrattamente risarcibili. Questo tipo di evoluzione non è casuale: l’evoluzione sociale ed economica è stata tale da aver moltiplicato le occasioni di danno. Quali sono le ragioni? La rilevanza sociale che nel 1942 avevano i fenomeni di incidenti stradali rispetto ad oggi ne è un esempio. Da un lato si devono confrontare gli interessi (danneggiato, danneggiante): la libertà d’azione del danneggiante può essere dovuta alla tutela di un interesse collettivo.