lunedì 8 giugno 2015

32^ LEZIONE DI DIRITTO PRIVATO.

Il danno normalmente ingiusto e quindi risarcibile perde il carattere dell’ingiustizia. Potrebbe esserci un danno senza dolo né colpa.
STATO DI NECESSITA’ e LEGITTIMA DIFESA (in questi casi, nel caso si creasse un danno, sarebbe considerato giusto. Questa situazione di legittima difesa esclude la illiceità del comportamento di chi si deve difendere (chi si è difeso provocando danni all’aggressore, non è tenuto al risarcimento, art. 2044).
Nel primo caso, invece, il danno provocato in stato di necessità provoca un’indennità il cui ammontare è rimesso all’equo apprezzamento del giudice. (art. 2045)
La terza ipotesi riguarda l’aspetto soggettivo: la colpa è la negligenza, la mancanza di cautela, l’imperizia. Il dolo è la volontà di provocare il danno: sono atteggiamenti psicologici della persona. L’individuo ha la possibilità di evitare il danno, eliminando la distrazione, per esempio. Ci vuole, quindi, imputabilità della condotta (capacità di intendere e di volere). Art. 2046
CRITERIO DI IMPUTAZIONE DELLA RESPONSABILITA’
Per cogliere questo principio, bisogna ripensare alle funzioni della responsabilità civile (trasferimento del costo del danno). Ma chi è chiamato a rispondere del danno? Principio che sottolinea il criterio di imputazione, che consente di individuare fra tutti la persona che deve risarcire il danno. Colpa e dolo sono criteri di imputazione di responsabilità civile: il datore di lavoro è responsabile del fatto illecito provocato dal dipendente nell’esercizio delle funzioni a cui è proposto. Il datore di lavoro, pur non avendo fatto niente di male, è considerato responsabile. Esistenza di un rapporto di lavoro subordinato = esistenza di legame che giustifica la responsabilità del datore di lavoro.
  1. Danno provocato da persona incapace di intendere e di volere: la persona incapace non deve risarcire il danno (art. 2046). Nel caso in cui, art. 2047, vi dovesse essere un danno cagionato da persona incapace di intendere o di volere, il risarcimento è dovuto da chi è tenuto alla sorveglianza dell’incapace, salvo che provi di non aver potuto impedire il fatto. Nel caso in cui il danneggiato non abbia potuto ottenere il risarcimento da chi è tenuto alla sorveglianza, il giudice, in considerazione delle condizioni economiche delle parti, può condannare l’autore del danno ad un’equa indennità.
  2. Art. 2048: danno provocato da incapace d’agire. Padre madre o tutore responsabili del danno cagionato. La ragione per cui non si cita la responsabilità relativamente all’incapace d’agire, è dovuto alla verifica di capacità di intendere e di volere conciliata con la capacità d’agire. Il rappresentante legale è responsabile sempre e comunque: se l’agente è anche incapace di intendere e di volere, risponde solo il responsabile. Se è solo incapace d’agire, entrambi.
Dall’art. 2049 all’articolo 2054 vi sono un’altra serie di criteri di imputazione della responsabilità civile. L’ente responsabile per la manutenzione delle strade, per esempio, è responsabile ex articolo 2051 dei danni verificati al seguito di incidenti provocati dalla cattiva manutenzione della strada.
Art. 2053: rovina di edificio. Anche qui vi è un criterio: la proprietà rende il proprietario responsabile dei danni cagionati dalla rovina degli immobili.
Art. 2054: circolazione di veicoli.
RESPONSABILITA’ PER DANNI NON PATRIMONIALI
Quando si verifica un danno non patrimoniale, il risarcimento è previsto solo in casi previsti dalla legge. È una norma che ha dato molto lavoro agli interpreti. Bisogna tenere presente che uno stesso accadimento dannoso quasi sempre provoca danni patrimoniali e non. Si sta andando nella direzione dell’allargamento dell’area dei danni non patrimoniali.
Il discorso è diventato incontrollabile quando l’inciso “nei casi previsti dalla legge” è stato posto in relazione alla Costituzione. In particolare l’articolo 2 della Costituzione: “doveri di solidarietà”.

IL FATTO DANNOSO DEVE ESSERE PREVISTO DALLA LEGGE COME REATO: allora la vittima può richiedere il risarcimento del danno patrimoniale e non.

LE LEGGI SPECIALI PREVEDONO IL RISARCIMENTO DEL DANNO NON PATRIMONIALE (es. irragionevole durata del processo).

QUANDO COLPISCONO VALORI INDIVIDUALI DI UNA PERSONA COSTITUZIONALMENTE GARANTITI E COLPITI IN MODO SERIO E NON FUTILE (lesione significativa).  

31^ LEZIONE DI DIRITTO PRIVATO.

ONERE DELLA PROVA: quali sono gli oneri probatori che gravano su colui che chiede il risarcimento del danno per responsabilità extra contrattuale. La responsabilità civile extra contrattuale (2043): bisogna provare i prerequisiti del 2043.
Come risolve la questione della causalità la nostra giurisprudenza? A quali condizioni un fatto umano è causa di danno? La cassazione risolve questo problema in modo diverso: quel tipo di comportamento viene compiuto, il verificarsi del danno è più probabile che il non verificarsi. Il comportamento concreto è causa del danno concreto o il comportamento concreto non è causa del danno concreto (la causalità giuridica: il danneggiato deve dimostrare l’atteggiamento del danneggiante).
Nel danno contrattuale, invece, il danno provocato dal debitore con l’inadempimento (criterio del “Più probabile che non”). Si ritiene che il creditore debba dimostrare di essere creditore, e questo sia l’unico onere. Dal 2001 il creditore deve solamente provare l’inadempimento del debitore. Se il debitore vuole andare esente, deve dimostrare di non esserlo.
La seconda diversità riguarda i cosiddetti fatti delle persone di cui il soggetto danneggiante si sia avvalso (art. 1228). Si parla di responsabilità per fatto degli ausiliari. In questo caso chi si avvalesse di aiutanti, risponderà dei loro fatti dolosi e colposi.
Nella responsabilità extra contrattuale l’articolo 2049 risolve il problema: afferma che “i padroni e i committenti sono responsabili per i danni arrecati dal fatto illecito dei loro domestici e commessi nell’esercizio delle incombenze a cui sono adibiti”. In pratica si parla di lavoratori subordinati nell’esercizio delle loro incombenze.
La differenza fra il modo in cui queste norme vengono considerate è nel considerare più ristretta la responsabilità del datore di lavoro. Nella materia della responsabilità extra contrattuale la legge stabilisce che il diritto a richiedere il risarcimento sia prescrivibile in 5 anni. Nella materia della responsabilità contrattuale la legge stabilisce che il diritto a richiedere il risarcimento sia prescrivibile in 10 anni. Ci sono 5 anni di differenza che non sono affatto pochi. Questa differenza specifica spiega una serie di operazioni interpretative che mirano a spostare certi danni dall’area della responsabilità extra contrattuale all’area della responsabilità contrattuale.
L’esempio più evidente di questo fenomeno riguarda la responsabilità delle strutture sanitarie per danni provocati ai pazienti e per quei danni che si verificano con una certa frequenza dall’errore medico. Il rapporto fra la struttura sanitaria e il paziente riguarda il paziente direttamente interessato e la struttura sanitaria (si faccia l’esempio di una donna incinta: i diritti e gli obblighi non riguardano il feto, ma la madre).
Art. 1218: il debitore inadempiente non risarcisce il danno, l’obbligazione è di risarcimento del danno, a meno che non dimostri che la causa non è a lui imputabile. Se il debitore riesce a dimostrare la causa a lui non imputabile, non deve risarcire il danno. La prestazione è diventata impossibile? Il creditore non riceverà la prestazione e non riceverà nemmeno il risarcimento. Questa situazione che libera il debitore è composta di tre elementi:
-        La prestazione è diventata impossibile: è lo stesso concetto quando abbiamo analizzato i requisiti del contratto;
-        La causa che ha reso la prestazione impossibile non deve essere imputabile al debitore: l’evento esterno deve rendere la prestazione impossibile;
-        Non basta che la prestazione sia diventata impossibile per causa non imputabile: deve essere resa prova dell’impossibilità e della non imputabilità. Se il debitore non riesce a fornire questa prova, il debitore viene condannato al risarcimento.
Se il debitore riesce a dimostrare ciò, significa dire che se non si riesce a capire la causa dell’impossibilità, il debitore risulta comunque condannato. Il debitore non potrà mai dimostrare che la impossibilità è stata determinata da causa a lui non imputabile: egli sarà condannato al risarcimento del danno.
La costituzione in mora del debitore avviene in due modi indicati al 1219: mora ex persona, mora ex re. La prima è il modo normale per costituire in mora un debitore e nel primo comma si prevede che il debitore è costituito in mora con una intimazione scritta fatta dal creditore. Ci vuole quindi la forma scritta e che vi sia una modalità espressiva indifferente che però esprima la richiesta dell’adempimento.
La mora ex re non richiede una richiesta scritta, il creditore non deve fare nulla. In base a quanto dice il 1219 al II comma, numero 1, ogni qualvolta qualcuno debba costituire in mora il debitore inadempiente, basta che il debito derivi da fatto illecito; la seconda ipotesi, indicata al numero 2, costituisce in mora il debitore che abbia dichiarato per iscritto di non volere eseguire l’obbligazione; la terza ipotesi, indicata al 3, riguarda i debiti portabili scaduti (somme di denaro). Se un debito portabile è scaduto, cioè è scaduto il termine, il debitore è automaticamente in mora. Cosa succede quando il debitore è in mora?
Riduce il rischio per il creditore di inadempimento. Mentre il debitore che non è in mora è liberato dalla prestazione impossibile per causa a lui non imputabile, in mora nulla basterà a liberare il debitore.
Il debitore si può salvare con un’ultima possibilità: deve riuscire a dimostrare (Ex art. 1221) che l’oggetto della prestazione sarebbe ugualmente perito nelle mani del creditore. ATTENZIONE A NON DIRE CHE L’EFFETTO DELLA MORA HA COME EFFETTO L’OBBLIGO DI ADEMPIMENTO DA PARTE DEL DEBITORE. La mora ha come unico effetto la non liberazione del debitore dall’adempimento anche in caso di causa a lui non imputabile.
Siccome la legge tutela l’interesse del debitore (dovere di correttezza) la legge dà anche modo di evitare la mora.
La protezione del debitore non si esaurisce qui: art. 1208. Questa è l’ipotesi in cui il debitore offra la prestazione esatta: e affinché si possa dire ciò occorre che intervenga un soggetto terzo, che attesti la circostanza che ciò che viene offerto dal debitore è ciò che il creditore ha diritto di ricevere (offerta formale fatta da un ufficiale giudiziario). La necessità di questa attestazione sta nel fatto che il creditore può rifiutare un adempimento parziale: ci deve essere garanzia che non sia adempimento parziale, ma esatto.
Il creditore può essere costituito in mora (1207): la norma dice che sul creditore in mora grava il rischio della risoluzione del contratto per impossibilità sopravvenuta. Se si tiene in considerazione questa opzione, si può capire quale sia l’effetto della mora del creditore: il creditore della prestazione diventata impossibile è tenuto ad eseguire la controprestazione. Il chirurgo, debitore della prestazione di fare, dopo aver costituito la signora vanitosa in mora, creditrice della prestazione, perde una mano in seguito ad un incidente. La prestazione è impossibile ora: la controprestazione della signora è ugualmente dovuta. Qualora venga fatto il deposito e il tribunale abbia convalidato il deposito, il debitore è liberato anche se il creditore non ha ancora ricevuto la prestazione. Il creditore dovrà sostenere i costi del deposito (art. 1175, 1220, 1207-1208).
RESPONSABILITA’ EXTRA CONTRATTUALE
Art. 2043: danno ingiusto. Parlando di danni ingiusti si presuppone che i danni possano essere ingiusti o non ingiusti. I danni non ingiusti non sono risarcibili A PRIORI, i danni ingiusti sono generalmente risarcibili. Questo problema e questo criterio rappresentano due temi su cui si è discusso più a lungo: la definizione di ingiustizia del danno è un argomento su cui la giurisprudenza ha speso fiumi di inchiostro.
La ragione fondamentale di questa discussione, cominciata nel 1942 e tuttora attualissima, sta nel fatto che “danno ingiusto” rappresenta uno sbaglio, un’inesattezza. Ingiusto è un sinonimo di antigiuridico, di illecito. Peraltro le norme giuridiche sono regole che dicono cosa si possa o non si possa fare, cosa di debba o cosa non si debba fare. I destinatari delle norme giuridiche sono le persone: l’ingiustizia è un attributo di comportamenti umani tenuti in violazione di norma giuridica definita. Il danno di per sé non può essere né ingiusto né giusto. L’errore è segnalato da sempre e da tutti.

Le idee sono state molte: le teorie che si sono succedute nel tempo hanno mano a mano ampliato l’area dei danni da considerarsi ingiusti e astrattamente risarcibili. Questo tipo di evoluzione non è casuale: l’evoluzione sociale ed economica è stata tale da aver moltiplicato le occasioni di danno. Quali sono le ragioni? La rilevanza sociale che nel 1942 avevano i fenomeni di incidenti stradali rispetto ad oggi ne è un esempio. Da un lato si devono confrontare gli interessi (danneggiato, danneggiante): la libertà d’azione del danneggiante può essere dovuta alla tutela di un interesse collettivo.

27^ LEZIONE DI FILOSOFIA DEL DIRITTO.

ANASSAGORA DI CLAZOMENE
L’essere scomponibile
“Il nascere e il morire non considerano correttamente i Greci: nessuno cosa infatti nasce e muore, ma a partire dalle cose che sono si produce un processo di composizione e di divisione” (fr. B 17).
“Tutte le cose domina (KRATEI) l’intelletto” (fr. B 12).
“L’uomo è il più intelligente degli esseri viventi, poiché possiede le mani” (Aristotele, De part. Animal., 687 A 7). Se io interpreto l’essere parmenideo astratto, con il pensiero zenoniano e anassagoreo arrivo ad interpretarlo in senso univoco.
Pagina 28-31 (Essere).
L’ALTRO PARMENIDE
L’essere in divenire
“Infatti lo stesso è pensare ed essere” (p. 36, fr 3).
“Considera come cose che pur sono assenti, alla mente siano saldamente presenti; infatti non potrai recidere l’essere dal suo essere congiunto con l’essere, né come disperso dappertutto in ogni senso nel cosmo, né come raccolto insieme” (fr. 4 v. 1-4).
“Tutto è pieno ugualmente di luce e di notte oscura, uguale ambedue, perché con nessuna delle due c’è il nulla” (fr. 9 v. 3-4).

“E primo di tutti gli dei pensò Eros” (fr. 13). Prima manifestazione dell’essere è la vita, il proliferare delle forme è nel vivere. Il vivere è un manifestarsi ma è anche un nascondersi: uscire e rientrare nello spazio e nel tempo. Questo è coerente con l’idea della VERITA’: ciò vuol dire “mi manifesto” e “mi nascondo”.

30^ LEZIONE DI DIRITTO PRIVATO.

La quietanza è un documento scritto che proviene dal creditore nel quale si afferma che il debito è stato adempiuto (ricevuta di pagamento). Esempio di quietanza è lo scontrino fiscale.
PRIMO GRUPPO DI NORME
Serie di regole che indicano quando l’interesse del creditore sia quello di ricevere la totale prestazione: può rifiutare le parziali (art. 1178-1179-1181).
Ci si trova di fronte ad obbligazioni all’interno in cui sono dedotte prestazioni economicamente valutabili (rapporti giuridici di tipo patrimoniale). Sia in materia di luogo e tempo la regola ripetuta dalla legge per l’uno e l’altro caso è che bisogna guardare a ciò che le due parti abbiano deciso. Posto che non tutti i debitori e i creditori decidano preventivamente, c’è una regola in materia di LUOGO (1182).
Obbligazioni di consegnare una cosa certa e determinata: II comma 1182. L’obbligazione deve essere adempiuta nel luogo in cui la cosa si trovava nel momento in cui la cosa è sorta. Questa norma risolve questa basilare indecisione.
III comma 1182: obbligazioni pecuniarie. Vanno adempiute presso il domicilio del creditore: tra il momento in cui l’obbligazione è sorta il creditore si è spostato e l’adempimento è troppo gravoso? Il debitore può adempiere presso il proprio domicilio. Questi vengono anche chiamati DEBITI PORTABILI. Tutte le altre obbligazioni devono essere adempiute al domicilio che il debitore ha al tempo dell’obbligazione. Questi sono i cosiddetti debiti chiedibili.
REGOLE CHE RIGUARDANO IL TEMPO
Si guarda alla volontà di debitore e creditore. Se il debitore e il creditore non hanno raggiunto accordo allora bisogna distinguere due diverse situazioni. Non si può infatti (in alcuni casi) pensare che l’adempimento sia immediato. Nell’ipotesi in cui non sia lasciato tempo, l’adempimento deve essere immediato: art. 1183. Cosa vuol dire termine per l’adempimento? Questa regola indica una data futura in cui la prestazione deve essere eseguita. Si può fissare un termine a data fissa (dd.mm.aa), a data mobile, senza indicazioni di data. Tutti questi sono termini: questo è significativo al fine di distinguere il termine dalla condizione. Condizione: evento futuro ed incerto. Termine: evento futuro e certo.
Quando le parti fissano un termine per la fissazione della prestazione, vi possono essere equivoci: il termine al 30 giugno 2015 indica che:
  1. Il creditore nulla può pretendere prima di quella data (ma il debitore PUÒ adempiere in anteprima), termine a favore del debitore;
  2. Il debitore non può adempiere se non in quel determinato giorno (termine a favore di entrambi);
  3. Prima di quel momento non ha la possibilità né la convenienza di adempiere (termine a favore del creditore (che può pretendere prima l’adempimento).
Art. 1186-1185.
NORME CHE RIGUARDANO I PROFILI SOGGETTIVI
Se la prestazione dovuta dal debitore venga eseguita non dal debitore, ma da un terzo. Quina da stabilire se un terzo possa adempiere o meno e se il debito si sia estinto. Se la obbligazione è lo strumento giuridico per soddisfare un interesse creditorio, data questa essenza si può capire come nella normalità dei casi se l’adempimento arriva dal terzo va bene lo stesso. Il creditore è tutelato nel suo interesse a ricevere la prestazione e non a ricevere da Tizio piuttosto che da Caio l’adempimento. Ci sono dei casi, però, in cui il creditore ha interesse a ricevere la prestazione precisamente dal debitore. Il secondo ordine di casi è in cui il debitore rifiuti l’adempimento di terzi (art. 1180). Occorre poi ricordare l’articolo 1191: se c’è l’obbligazione e il debitore la paga, il debitore incapace non può impugnare il pagamento. Il pagamento è un atto dovuto, il debitore deve eseguirlo: la scelta non esiste.
Altre regole riguardano il creditore. Art. 1188: il pagamento deve essere fatto al creditore o a persona legittimata a ricevere il pagamento. Se il pagamento è fatto da persone diverse dalle persone autorizzate, quel pagamento non è adempimento esatto. Ciò significa che il debitore non è liberato: il secondo pagamento sarà a favore di una delle persone elencate al 1188.
Può avvenire però che il pagamento venga fatto ad un soggetto che appaia legittimato a ricevere un pagamento (creditore apparente).
Si immagini l’ipotesi in cui il soggetto creditore sia un’associazione: Tizio per liberarsi deve pagare al presidente. Si immagini però che questo presidente sia da anni tale e che dopo tanti anni questo venga sollevato dal suo incarico. Tizio adempie verso il presidente storico: la buona fede di Tizio è in senso soggettivo (ignoranza). Se il debitore sa che è apparente, il debitore dovrà pagare al vero creditore. Se il debitore è liberato, significa che il creditore vero ha ricevuto ciò che deve. La legge prevede che il creditore apparente debba trasferire quanto ricevuto dal debitore vero. Quando il creditore apparente trasferisca quanto dovuto al creditore vero, il cerchio si è chiuso (art. 1189).
PAGAMENTO CON SURROGAZIONE (art. 1201)
È un istituto che si capisce muovendo dall’adempimento del terzo. In questo caso il terzo si impoverisce e il debitore si arricchisce. Il terzo che paga il debito altrui vede trasferito il diritto di obbligazione dall’iniziale creditore al terzo stesso. Il debitore è lo stesso cambia il creditore. Devono esserci tre casi previsti dalla legge:
-        SURROGAZIONE per volontà del creditore (art. 1201): il creditore deve dichiarare di surrogare il suo diritto nei confronti del terzo che ha pagato al posto del debitore. La surrogazione deve essere scritta e contemporanea al pagamento. Se nel momento in cui il terzo paga e il creditore non dice niente, accade un adempimento dal terzo (art. 1180).
-        Surrogazione per volontà del debitore (1202): chiede al terzo di soddisfare il creditore.
o    Il mutuo e la quietanza devono avere data certa.
o    Nel contratto di mutuo ci deve essere la destinazione impressa per le somme.
o    Nella quietanza occorre vi sia la provenienza delle somme.
-        Surrogazione legale (1203): la surrogazione avviene in forza di legge. Son 5 casi.

IMPUTAZIONE DEL PAGAMENTO: un’impresa ha vari rapporti bancari con uno stesso istituto di credito. La impresa ha vari debiti. Se l’impresa paga questa somma di denaro nasce il problema di indicare l’imputazione del pagamento. Chi indica? Il debitore al momento del pagamento. Il debitore non può imputare il capitale prima degli interessi. Questo perché riducendo il valore del credito gli interessi diminuirebbero (art. 1194). L’articolo 1193 invece ci dice che il debitore può indicare quale debito intende soddisfare. E se il debitore non lo dichiarasse? II comma art. 1193: in mancanza di imputazione il pagamento va imputato al debito scaduto, poi al meno garantito, poi al più oneroso per il debitore, poi al più antico, in mancanza l’imputazione è fatta proporzionalmente ai vari debiti.