giovedì 1 gennaio 2015

33^ LEZIONE DI DIRITTO PUBBLICO.

In questa ultima lezione di diritto pubblico parleremo delle sentenze di rigetto o di accoglimento interpretative e soprattutto di uno dei più begli articoli della nostra Costituzione: l'articolo 3.

LE SENTENZE DELLA CORTE POSSONO ANCHE ESSERE DI RIGETTO od ACCOGLIMENTO INTERPRETATIVE

È la sentenza con la quale la Corte in via preliminare riconosce che sia possibile dare di una stessa disposizioni più interpretazioni diverse (una disposizione può produrre norme diverse). La sentenza interpretativa passa in rassegna le possibili interpretazioni della norma, ne seleziona uno e dice a seconda dei casi quale sia la interpretazione prevalente: la seleziona e la accoglie o la rigetta.
Un termine per un’azione, per esempio, è fissata a 5 anni. Tale termine è PERENTORIO o è ORDINATORIO? Ovvero si può continuare ad esercitare il potere scaduto il termine o no? Se si ponesse una questione della legittimità di questo tipo, PRELIMINARMENTE si dovrebbe chiarire se la sentenza è interpretativa o no. Queste sentenze sono molto frequenti perché si esige che si determini PRELIMINARMENTE quale sia l’interpretazione da prendere in esame.
Se la sentenze è interpretativa, è importante che sia di accoglimento o di rigetto? Sì, perché se è di accoglimento è ERGA OMNES; se è di RIGETTO, la sentenza vale INTER PARTES.

La sentenza sostitutiva è una sentenza interpretativa con la quale la Corte dichiara incostituzionale una parte della legge, ovvero quella in cui prevede qualcosa e dove avrebbe dovuto prevedere qualcosa d’altro (sostituisce un contenuto nuovo al contenuto vecchio). Perché è un procedimento rischioso? Perché rischia di essere un vero e proprio procedimento legislativo.
Qual è il limite? Il limite è dato dalla teoria delle rime obbligate: sostituisce o aggiunge un nuovo contenuto solo se direttamente ricavabile dalla Costituzione.
Se non ci fossero queste RIME OBBLIGATE COSTITUZIONALI, la Corte non potrebbe adottare queste sentenze, perché si rischia di lasciare il potere legislativo alla Corte.
La sentenza additiva è una sentenza interpretativa con la quale la Corte dichiara incostituzionale la legge in quella parte in cui non dice qualcosa che dovrebbe dire.
ESEMPIO: il permesso lavorativo era garantito fino a qualche anno fa solo alle donne. Una legge di questo tipo si è detto è incostituzionale. Ma la Corte che sentenza deve pronunciare? Si può:

-        Portare la donna allo stesso livello dell’uomo, togliendole la facoltà;
-        Portare l’uomo allo stesso livello della donna, dandogli facoltà.

Nel permesso lavorativo l’intervento non è tanto complicato, perché si tende ad AGGIUNGERE la facoltà anche ai padri. Si dichiara la legge incostituzionale laddove la legge non prevede la facoltà ANCHE per il padre (secondo le rime obbligate). La Corte Costituzionale, in sostanza, si arroga un compito di aggiungere la facoltà che in allora il Parlamento non aveva ritenuto di dare.
LE PIU’ pericolose sono le sentenze additive di prestazione che estendono i diritti sociali.
Esempio: la legge prevede che si debba dare un indennizzo alla donna per lavoro usurante. E per l’uomo? Il premio si giustifica che venga dato alla donna perché la donna è strutturalmente diversa dall’uomo. Si giustifica, così, che la prestazione in più sia data solo alla donna.
Se si prende in considerazione l’uomo e la donna come GENERE, allora non ha ragione di esistere.
Prendiamo un altro esempio: i metalmeccanici ricevono un indennizzo per il loro lavoro usurante. I ferrotranvieri non ricevono questo beneficio. In base all’articolo 3 anche questi richiedono l’estensione del beneficio. La Corte o toglie il beneficio a tutti e due o li aggiunge a tutti e due.
Qual è il problema di fondo? Che non si hanno più le coperture finanziarie. Lo Stato si trova a dover pagare una prestazione inizialmente non prevista. Questo accadeva tempo fa, non certamente quando c’era crisi o recessione. Oggi tali sentenze non vengono più adottate. Oggi, infatti, non si estende più il beneficio, ma lo si toglie.

L’ARTICOLO 3
Fino ad ora si è sempre preso in considerazione il 3 I comma. Questo è espressione dello Stato di diritto liberale. La fonte è la RIVOLUZIONE FRANCESE (l’uguaglianza formale lo troviamo già nello Statuto Albertino). L’articolo 3 non ci sta dicendo che non sono ammesse le differenze (tra uomo, donna, deputati, senatori…): se fosse inteso in senso assolutistico non ci sarebbe nulla del sistema legislativo (il creditore sarebbe uguale al debitore, il pubblico ufficiale sarebbe uguale ad un qualsiasi cittadino…). L’articolo 3 è dominato da un regime triangolare: si vieta di trattare in maniera diversa situazioni analoghe o in maniera uguale situazioni diverse.
Uomo e donna devono essere SEMPRE trattati allo stesso modo quindi? Alle volte possono essere giustificati come trattamento differenziale (differenze che inevitabilmente ci sono). Se in gioco entra questa differenziazione l’uomo è diverso dalla donna.
Se il loro essere appartenenti allo stesso genere li rende uguali, bisogna fare riferimento all’articolo 2.
Ma qual è il terzo vertice del triangolo? Un TERTIUM COMPARATIONIS che mi faccia capire se è giusta o meno la discriminazione. L’articolo 3 non vieta in assoluto che la legge faccia trattamenti diversificati, ma il trattamento ARBITRARIO, IRRAGIONEVOLE di situazioni assimilabili. Vieta, altrettanto, l’omologazione di situazioni diverse.
Il ragionamento sull’articolo 3 diventa pericoloso: fino a che punto posso spingere la differenza tra un semplice cittadino e, per esempio, un deputato tutelato dall’articolo 68? L’articolo 3 annulla le differenze irragionevoli, quindi è frutto di interpretazione.

ARTICOLO 3 II comma
La nostra Costituzione era pensata come un PROGRAMMA, esigeva ed impegnava i legislatori per il tempo futuro. È l’impegno che grava sulla Repubblica (art. 114 Costituzione) di eliminare le disuguaglianze di FATTO (non formali). La donna rispetto all’uomo, il disabile rispetto alla persona sana, il giovane rispetto al vecchio, il prestatore di lavoro rispetto al mega imprenditore…
L’articolo 3 si fa carico di queste fasce deboli, ma non riportandole allo stesso livello, ma garantendo a tutti le stesse chances di partenza.
C’è dialettica tra il comma 1 e il comma 2: il comma 2 ci dice che la Repubblica si attiva fattivamente per la fascia debole. È ovvio quindi che se esiste una legge elettorale in cui garantiscono alla donna metà dei seggi ottenuti dal partito X, vìolo il primo comma e quindi la legge risulta incostituzionale; se invece si danno alla donna le stesse potenzialità di risultato che sono date agli uomini. Le quote rosa, quindi, sono intese nel senso più degenere perché vìola fattivamente il I comma. Ci deve essere equilibrio tra il I e il II comma.
La nostra Costituzione oltre ai diritti sociali contempla anche i diritti di III generazione.

33^ LEZIONE DI ECONOMIA POLITICA.

In questa ultima lezione di economia politica parleremo delle politiche economiche di aggiustamento, della soluzione Keynesiana e di quella classica, delle politiche deflative e infine delle politiche inflazionistiche.

La BCE aveva e ha una tutela sull’euro volta ad evitare fenomeni inflazionistici. In assenza di politica fiscale europea, si devono creare delle politiche fiscali nazionali per evitare inflazione e raggiungere il c.d. pareggio di bilancio.
Il pareggio di bilancio, però, è solo un compromesso: si parla di 3% di DEFICIT. Quando si è entrati in crisi, il 3% si è ridotto allo 0,5%.

LE POLITICHE ECONOMICHE DI AGGIUSTAMENTO
Curve di domanda e offerta aggregata collegate con reddito prodotto e prezzo. Il reddito Y0 è detto REDDITO POTENZIALE o REDDITO DI PIENO IMPIEGO. Questo Y0 è un livello di produzione (ovvero REDDITO) che garantisce la piena occupazione N0 (cioè DISOCCUPAZIONE = 0).
L’equilibrio si trova in REDDITO Ye con prezzo Pe nel punto di intersezioni tra domanda e offerta aggregata.
Quindi tra Y0 e Ye c’è il c.d. OUTPUT GAP che in Italia è molto pronunciato. Ma cosa si può fare?

SOLUZIONE KEYNESIANA
Si aumentano le spese di governo (senza aumentare le tasse) in modo tale da fare passare la AD da AD ad AD’ aumentando il reddito sino a Yf.
Oppure si aumenta l’occupazione per diminuire la disoccupazione. Tuttavia aumenta l’inflazione (cioè Pe sale a PF).
Si aprono i mercati = si svaluta la moneta = elasticità rispetto ai prezzi dell’esportazioni e importazioni. Se abbiamo importazioni rigide (petrolio, gas…) e importiamo anche prodotti alimentari.

C’è anche un’altra soluzione: SOLUZIONE CLASSICA
Liberalizzazione del mercato del lavoro -- > w / P (salario reale) scende. Riduzione Costi Medi -- > offerta maggiore di beni a prezzi inferiori (AS si sposta verso destra). Si diminuisce, quindi, il prezzo del lavoro per aumentare l’offerta aggregata.
Ci può anche essere una SVALUTAZIONE INTERNA che permette di riguadagnare competitività riducendo i salari e il livello dei prezzi. Si parla di “svalutazione interna” perché svaluta il costo del lavoro e non comporta una svalutazione della moneta.
In sostanza:
-        O si aumenta la spesa e si diminuiscono le tasse;
-        O si aumentano le esportazioni o diminuiscono le importazioni, ottenibili con la svalutazione del tasso di cambio;
-        O gli interessi scendono e in teoria dovrebbero salire gli investimenti, ma in realtà le persone non lo investono (trappola liquidità).

DEFLAZIONE:
1)     Riduzione dei prezzi;
2)     Riduzione dell’indebitamento, con conseguente necessità di maggiore liquidità (per saldare i debiti);
3)     Riduzione della quantità di moneta, via una riduzione del credito;
4)     Riduzione della domanda aggregata per limitare l’espansione dei prezzi.
In generale, riduzione di AD con restrizione base monetaria. Ma anche riduzione debito pubblico e quindi politica fiscale restrittiva.

LE POLITICHE DEFLATTIVE
Sono condotte dalle autorità di politica monetaria o dai governi per garantire la solidità del sistema economico, la solvibilità degli attori e la sicurezza del capitale finanziario. In realtà penalizza le PMI.
Queste politiche tengono sotto controllo l’indebitamento (tassi di interesse bassi e non stampa moneta).


STRATEGIE DI POLITICA ECONOMICA
Politiche dei redditi: favorire la crescita dei salari in proporzione con la crescita della produttività. Garantiscono una equilibrata espansione della domanda.
Export led: tipiche dei pasi del Sud-Est Asiatico ma anche della Germania oggi. Si tengono i salari bassi e si tiene basso il cambio della valuta.
Economia deflazionistica: politica monetaria restrittiva, i salari aumentano in misura pari alla produttività.

POLITICHE INFLAZIONISTICHE
Si favorisce la crescita dei salari e della spesa pubblica per trainare la AD.

RISPOSTA ALLA CRISI
Neo-keynesiani: aumentare la liquidità, BCE come prestatore di ultima istanza e investimenti pubblici, cioè spesa pubblica qualificata finanziata con euro-bonds.
Post-keynesiani: BCE espande la liquidità e come prestatore di ultima istanza. Favorire aumento retribuzioni. Aumento spesa pubblica qualificata finanziata con emissione monetaria.
Visione liberale-rigorista: BCE mantenga politiche di rigore. Flessibilità e riduzione spesa pubblica. Capitalizzazione banche.

32^ LEZIONE DI DIRITTO PUBBLICO.

In questa lezione parleremo di conflitto da menomazione od interferenza, dei poteri dello stato, del conflitto di attribuzione intersoggettivo, del giudizio di legittimità costituzionale, di ordinanza di inammissibilità, di sentenze di merito e di sentenze di rigetto.

  1. Ammissibilità referendum abrogativo (la legittimità viene dichiarata dalla Cassazione);
  2. Accusa del Presidente della Repubblica;
  3. Questioni di legittimità Costituzionale (diversa dalla competenza “conflitto di attribuzione”).
ESEMPIO CONFLITTO DA MENOMAZIONE o INTERFERENZA
Quali sono le garanzie riconosciute a deputati e senatori?
  1. A meno che non venga colto in flagranza di reato, l’autorità giudiziaria non può procedere in alcun modo SENZA previa autorizzazione;
  1. Insindacabilità delle opinioni espresse e dei voti.
Con l’autorizzazione (nel caso del II comma) il magistrato può procedere.
Nell’espletamento delle loro funzioni, il deputato non può essere perseguito né gli può essere richiesto il risarcimento del danno.
La Corte Costituzionale ha interpretato l’articolo 68 aggiungendo il NESSO FUNZIONALE: è necessario che una determinata dichiarazione sia calata in un contesto in cui il deputato stia espletando le sue funzioni.
Immaginiamo che il deputato X infami il Presidente della Repubblica. Si parla di CONFLITTO DI ATTRIBUZIONE da INTERFERENZA: il giudice, ex articolo 68, non può in alcun modo condurre un indagine, perché il deputato X è tutelato dalla Costituzione.
In sostanza, quindi, per i conflitti di attribuzione ci devono essere dei testi costituzionali.

I POTERI DELLO STATO
Non sono solo quelli classici di Montesquieu: sono gli organi ai quali la Costituzione attribuisce il compito di esprimere una volontà in via definitiva. Ci inseriamo, quindi, anche il CSM (nei rilievi Costituzionali), il Presidente della Repubblica, il comitato per il referendum…
Il potere dello stato non è solo il vecchio potere organo, ma anche l’organo potere (non solo i 3 della divisione di Montesquieu, ma tutti coloro che in via definitiva esprimono una competenza costituzionale).

CONFLITTO DI ATTRIBUZIONE INTERSOGGETTIVO
Partiamo dall’articolo 120 Costituzione. Si parte dall’idea che tra le regioni non ci dovrebbe essere frontiera. Viene attribuito un QUID alla regione e poi la disposizione viene violata.
Altro esempio: articolo 122 Costituzione IV comma. Conflitto intersoggettivo tra giudice e consigliere regionale.
Che tipo di sentenza adotta la Corte Costituzionale in caso di conflitto di attribuzione? È una sentenza che deve sciogliere il dubbio. La sentenza individua a chi spetta l’attribuzione e poi:
-        Se l’attribuzione viene riconosciuta in capo al ricorrente, la Corte annulla l’atto contrario e riconosce al ricorrente la competenza;
-        Se l’attribuzione viene riconosciuta in capo all’altro, la Corte annulla il ricorso del ricorrente e riconosce la competenza in capo all’altro.

GIUDIZIO DI LEGITTIMITA’ COSTITUZIONALE
Si possono avere tre esiti diversi:
-        Sentenza od ordinanza IN RITO, la Corte si ferma prima di valutare la questione nel merito (perché mancano le condizioni dell’azione). Mancano dei presupposti per permettere al giudice di giudicare o meno sulla effettiva validità.
o   Rilevanza (se la Corte ritiene che non sia rilevante, manca un presupposto processuale e quindi non si arriva neanche a dichiarare la fondatezza o meno della questione).
o   Non manifestamente fondata.
Ovviamente l’istanza viene rigettata in rito e non in merito. Nel merito, viceversa: le sentenze di merito sono quelle in cui la Corte valuta se la questione è fondata o meno: se è fondata la sentenza è di ACCOGLIMENTO, se è infondata è di RIGETTO.
Mentre lo Stato può impugnare la legge regionale per una qualsiasi ragione, la Regione può impugnare quella statale solo per problemi di competenza.
L’articolo 127 (ricorso in via diretta) richiama l’articolo 117 (eccesso di competenza). Poniamo una legge regionale che discrimini l’uomo dalla donna: in realtà qui non v’è eccesso di competenza, perché in realtà la legge regionale ha agito in perfetta competenza, pur avendo violato l’articolo 3 della Costituzione.
Una lettura LETTERALE del 127 ci dice che l’eccesso di competenza riguarda solamente l’articolo 117. La giurisprudenza della Corte Costituzionale ci dice che lo Stato può impugnare una legge regionale PER QUALSIASI MOTIVO. Viceversa le regioni possono impugnare le leggi statali solo per motivi di competenza.
Vediamo come ancora una volta Stato e Regioni siano FORMALMENTE (art. 127) sullo stesso piano, ma EFFETTIVAMENTE su piani sfalsati (a favore, ovviamente, dello Stato).

ORDINANZA DI INAMMISSIBILITA’:
La Regione, per esempio, sta impugnando una legge statale non perché eccede dalla competenza, ma in violazione dell’articolo 3. Questa questione è inammissibile.

SENTENZE DI MERITO
-        Di accoglimento;
-        Di rigetto.
Le più semplici sono quelle di accoglimento o rigetto SECCO, annullano la legge o parzialmente. In caso di rigetto, ex articolo 136, la legge viene annullata ex tunc, escluse le sentenze passate in giudicato, decadenza…
Perché, però, se un rapporto è chiuso non può beneficiare di una sentenza di illegittimità costituzionale? L’esigenza della retroattività si va a scontrare con l’esigenza della CERTEZZA DEL DIRITTO: così come è giusto che della sentenza di annullamento possano beneficiare tutte le sentenze aperte, è altrettanto giusto che quelle chiuse non ne beneficino per l’esigenza della certezza del diritto.
Anche con sentenza passata in giudicato, il muro della certezza dei rapporti giuridici cede in presenza di una sentenza penale incriminatrice.

SENTENZA DI RIGETTO
L’effetto di una sentenza di rigetto è INTER PARTES (la questione può essere riproposta con motivazioni diverse). 

32^ LEZIONE DI ECONOMIA POLITICA.

Questa lezione è una conferenza tenuta dal professore Francesco Morosini, che spiegherà l'importanza dell'Eurozona, partendo dal quesito: è possibile uscire dall'Euro?

Rapporto fra moneta e democrazia. L’Europa è nata male, c’è stata “faciloneria” nell’entrare. Prima, comunque, il prof. Francesco Morosini non credeva alla sovranità sulla moneta dell’Italia (c’era regime di Gold Standard).
Ma qual è la differenza che spiega il vuoto che c’è in Europa? In Europa, se fallisce lo stato, si crede che si metta in dubbio l’intera area euro. Il dollaro, invece, resterà. Questa è espressione della volontà politica. Nessuno in America si sognerebbe di ritirare il dollaro per paura che il dollaro crolli.
Il trattato di Maastricht è basato sul principio secondo il quale non si può mettere tasse impropriamente e le tasse devono essere imposte dai parlamenti. L’idea fondamentale, quindi, è quella di tenere lo strumento fiscale slegato dalla moneta.
L’inflazione può agire come un’imposta, nel senso che il risparmio viene automaticamente eroso. La Banca d’Italia, per finanziare la spesa pubblica, fino a metà degli anni ’80 circa, aumentava la quantità di moneta circolante. Questo, secondo alcuni, aumentava l’effetto inflattivo. I risparmi, però, per l’Europa, sono intoccabili.
La divisione dei poteri, cuore del diritto costituzionale, afferma che c’è sì bisogno di una divisione dei poteri, ma anche che questi poteri si parlino tra di loro.
La crisi greca era già grave di per sé. Ai tempi 2010 e 2011 aveva un debito TRATTABILE. Bastava un prestito e delle politiche di austerity. Cos’è saltato allora? C’è stato un problema tra francesi e tedeschi: questi dissero che fosse giusto che gli aiuti fossero compartecipati da parte dei creditori verso i vari stati. Questo cosa causava? Una reazione naturalissima e prevedibilissima: ci fu una grande fuga di capitali, tutti vendettero i loro titoli. Da qui la grande crisi della Grecia. La BCE aveva fiutato l’errore e aveva avvertito dell’errore, ma ormai il problema si era innescato: per tirare fuori la Grecia dalla crisi si dovettero sostenere dei costi molto più alti.
È possibile uscire dall’euro? Un paese, come premessa, NON può essere cacciato dall’Eurozona. La cosa più complessa è chiedersi: uscire dall’Eurozona implica uscire anche dalla UE, dal libero scambio e dall’area Schengen o no? Innanzitutto si pensi al fatto che i “costituzionalisti di Maastricht” non avevano pensato ad una “costruzione con retromarcia”. Si può essere dell’Unione senza essere nell’Eurozona, certo. In teoria, quindi, si può recedere dall’Eurozona e rimanere nella UE. Ma in realtà ci sarebbero tali scossoni da far cascare tutto il palco.
Rischio minimo: svalutare = tagliare.