L’errore cui si riferisce la
disciplina del 1429 e 1430 è uno dei due tipi di errore rilevanti previsti nel
codice civile: errore vizio o anche errore motivo, errore che cade nel processo
di formazione della volontà individuale. Non è più un processo giuridicamente
perfetto. L’errore motivo non è un errore sui motivi: occorre attenzione per
non confondere questi due. L’errore sui motivi indica l’ipotesi in cui il
singolo creda in una determinata fattispecie. L’errore motivo è quindi diverso
dall’errore sui motivi. In questo caso l’errore commesso dalla persona è
irrilevante, in quanto il motivo è irrilevante. L’unico caso di rilevanza del
motivo è l’ipotesi del motivo illecito comune e determinante.
La seconda categoria rispetto
all’errore vizio o motivo è denominata categoria dell’errore ostativo. È preso
in considerazione al 1433: l’errore non riguarda il processo di formazione
della volontà individuale. La volontà individuale infatti si articola lungo un
percorso del tutto esente da errore. L’errore avviene nel momento in cui la
volontà formatasi all’interno della persona viene espressa all’esterno, è un
errore sulla dichiarazione o sulla trasmissione della dichiarazione.
L’ultima regola che riguarda
l’errore è l’ipotesi dell’articolo 1432 che riguarda un secondo fenomeno di
rettifica del contratto erroneo (a meno che non riguardi la quantità). Altra
ipotesi di rettifica è il cosiddetto mantenimento del contratto rettificato. La
parte in errore non può domandare l’annullamento del contratto se prima che ad
essa possa derivarne pregiudizio, l’altra offre di eseguirlo in modo conforme
al contenuto e alle modalità del contratto che quella intendeva concludere
(art. 1432).
VIOLENZA MORALE – III CAUSA DI
ANNULLABILITA’ DEL CONTRATTO
Minaccia per uno dei contraenti
di stipulare il contratto. Una minaccia è un’alternativa (o la borsa o la
vita). Effettivamente la volontà si forma in modo perfetto: ma non è libera. Il
contratto, quindi, è ritenuto dalla legge annullabile. La minaccia causa la
annullabilità del contratto perché priva di libertà la decisione di stipulare
il contratto. La minaccia deve essere di un male ingiusto e notevole. Per
capire se il male è notevole, l’articolo 1435 il male deve fare impressione
sopra una persona sensata, avendo anche ragione della età di ciascuno, del
sesso e delle condizioni della persona. Il male è notevole quando il male
minacciato non solo è rivolto ai beni o alla persona, ma anche quando il male
minacciato riguarda i parenti più stretti (art. 1436). Se invece il male
minacciato riguarda altri soggetti allora la legge afferma che deve valutare il
giudice (prudente valutazione delle circostanze da parte del giudice). Il solo
timore reverenziale, però, non è causa di annullamento del contratto. La
minaccia del fallimento non è causa di annullamento del contratto, così dice il
1438, a meno che non sia fonte di vantaggi ingiusti.
Occorre ora chiarire come la
violenza si chiami violenza morale anche se il male minacciato è un male
fisico: non va confusa questa figura con la violenza fisica! È l’ipotesi in cui
una persona venga costretta ad esprimere la propria volontà fisicamente (una
persona molto anziana viene costretta a stipulare il contratto prendendole la
mano e firmando per lei). La violenza è morale anche se il male minacciato è
fisico. Il fatto che venga minacciato un male fisico non toglie che la minaccia
sia una violenza non fisica ma morale.
La minaccia è causa di
annullamento del contratto anche il minacciante non è il contraente. Se la
violenza proviene da un terzo il contratto è annullabile.
IL DOLO
Il dolo è un imbroglio che ha
determinato una decisione erronea. Il dolo contrattuale è indicato all’articolo
1439 tramite l’uso della parola “raggiro”. L’uso di questo termine ha sempre
fatto pensare che il dolo sia causa di annullabilità del contratto e che
racchiude dentro di sé una macchinazione. Questo ha sempre posto il problema se
la reticenza costituisse dolo. Se c’è una macchinazione il contratto può essere
annullato: se c’è solo il silenzio, dolo OMISSIVO, il contratto non è
annullabile per dolo, ma la parte che lo ha stipulato avrà diritto ad un
risarcimento del danno. Il dolo induce in errore: la parte imbrogliata stipula
il contratto perché si sbaglia. Il senso del dolo è che c’è anche qui un
errore, ma se l’errore è frutto di dolo esso è sempre rilevante. Questo dolo è
causa di annullamento del contratto quando senza il raggiro il contratto non
sarebbe stato concluso. Questo dolo si chiama anche dolo determinante o dolo
CAUSAM DANS, senza il quale il contratto non sarebbe stato concluso. Potrebbe
anche accadere che ci sia l’imbroglio, ma che sarebbe stato concluso lo stesso
anche senza l’imbroglio, magari a condizioni diverse. Questa seconda ipotesi di
dolo si chiama DOLO INCIDENTE. Nel caso di dolo incidente il contratto è valido
e resta tale. L’articolo 1440, però, afferma che il contraente in mala fede
risponde dei danni. L’autore del raggiro è tenuto a risarcire l’altra parte del
danno che è stato provocato col raggiro.
Questo dolo prende il nome di
dolo contrattuale, per distinguerlo dal dolo extra contrattuale. Questo è quel
dolo che si riferisce all’articolo 2043 (“qualunque fatto DOLOSO o colposo…”).
Il fatto doloso che provoca il danno è il comportamento con cui si è
volontariamente provocato un danno ad un’altra persona. Questa concezione di
dolo va sotto il nome di dolo extra contrattuale.
Nel caso di dolo contrattuale la
legge prende in esame il fatto che il dolo potrebbe essere ordito da Tizio, ma
che Caio, il raggirato, concluda il contratto con Sempronio (art. 1439). Il
contratto è annullabile solo nel momento in cui i raggiri erano noti al
contraente che ne ha tratto vantaggio. Nella violenza morale il contratto sarà
annullabile sempre e comunque; nel caso di dolo c’è la valutazione di buona
fede. Nel caso di contratto annullabile per incapacità di intendere e di volere
(1425) richiede la mala fede dell’altro contraente.