In questa lezione parleremo di mercati imperfetti, monopolio, monopoli naturali ed oligopoli.
La nostra impresa può, per
aumentare profitto, diminuire i costi:
-
Variabili, facendo pressioni sul fornitore,
aumentando la produttività (facendo investimenti);
-
Fissi, gli investimenti (però) sono costi fissi,
la curva rappresentante il costo variabile sposterebbe in avanti la quantità Q0
(in momenti di crisi non si può investire -- > l’investimento deve
avvenire quando le cose vanno bene).
Il profitto, se un’azienda vende meno, cade in
modo PIU’ CHE PROPORZIONALE. La stessa cosa vale se
l’azienda vende di più. Noi, come azienda, non abbiamo un equilibrio in senso
neoclassico del termine. Infatti, per noi azienda è meglio stare più a destra
possibile del grafico in figura (il punto in cui costi e ricavi si equiparano
non bastano ad un’azienda per stare bene).
I MERCATI IMPERFETTI
Le altre forme di mercato si
distinguono per:
1)
Numerosità delle imprese;
2)
Il grado di omogeneità del prodotto;
3)
L’elasticità della curva di domanda.
|
NUMERO IMPRESE
|
PRODOTTO
|
ELASTICITA’ DOMANDA
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MONOPOLIO
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Una
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Differenziato
|
Poco elastica
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OLIGOPOLIO
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Poche
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Omogeneo o differenziato
|
Elastica
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CONCORRENZA MONOPOLISTICA
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Molte
|
Differenziato
|
Molto elastica
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CONCORRENZA PERFETTA
|
Molte
|
Omogeneo
|
Infinita
|
Ø Monopolio: unico produttore. C’è il
pericolo di entrate di nuovi produttori (la concorrenza non erode gli
extraprofitti).
Ø Oligopolio: poche aziende che si
controllano reciprocamente (quelle in diretta concorrenza, soprattutto).
Ø Concorrenza Monopolistica: le imprese
possono comportarsi da QUASI monopolistiche a monopolistiche. Ci sono molte
imprese che (anche se non in concorrenza diretta) hanno una domanda molto
elastica.
Ø Concorrenza perfetta.
IL
MONOPOLIO
C’è, dunque, un’unica impresa che
offre il bene (per motivi diversi: barriere all’entrata, ci può essere un
monopolio naturale -- > se ce ne fosse più di uno avremmo problemi di natura
tecnica soprattutto). Un’impresa, quindi, assorbe tutta la domanda. Il prezzo
di questa impresa dipende dalla quantità venduta, perché l’impresa dovrà adeguarsi
alla curva di domanda. Alla fine il potere del cittadino di dire “compro o non
compro” rimane invariato. Il prezzo che il nostro consumatore è disposto a
pagare è direttamente proporzionale alla quantità prodotta dalla azienda. Se il
monopolista fissa il prezzo, alla fine è la domanda che fa la quantità (questa
è la tendenza reale, pragmatica). Questa curva di domanda diventa la curva dei
ricavi medi del monopolista.
La quantità viene decisa dai
consumatori. I ricavi totali non sono altro che il prezzo per la quantità
venduta.
RT = Px (Q) * X
Il prezzo non è più ESOGENO dalla
quantità venduta, ma è direttamente proporzionale. La funzione ricavi totali è
una parabola.
Infatti, se la nostra azienda
vende a prezzi molto elevati un bene, questo bene verrà venduto molto poco. Se,
al contrario, il prezzo viene abbassato, il bene verrà venduto di più. Il
massimo ricavo totale il monopolista ce l’ha per quantità e prezzi medi. Il
monopolista, naturalmente, vuole massimizzare il profitto. Il punto di distanza
massima tra Ricavi e Costi totali indica CHIARAMENTE il punto di massimo
profitto per il capitalista (punto Q*).
La domanda coincide con i ricavi
medi dell’azienda perché c’è un’unica impresa -- > il profitto non viene
eroso dalla concorrenza (nel lungo periodo). Il monopolio, quindi, si configura
come una situazione molto sfavorevole al consumatore, ma favorevole al
capitalista.
La rivoluzione liberale (Adam
Smith) è contro i monopoli e contro il sovrano che garantiva i monopoli. Il
monopolista, però, non contento di avere questo profitto inerodibile, può
cercare di aumentare i profitti. Di fronte a sé ha una curva di domanda di
persone che sono disposte a pagare diversi prezzi. Il monopolista, allora,
decide di differenziare il prodotto (caso tipico è il trasporto ferroviario: il
treno è sempre quello, i vagoni sono sempre quelli, ma differenzio in prima e
in seconda classe).
MONOPOLI NATURALI
Lo Stato dovrebbe cercare di
ridurre i monopoli (il monopolista dovrebbe tenere i prezzi bassi). Lo stato
dovrebbe concedere alle società che garantiscono i prezzi più bassi. Una volta
il sale era monopolio statale.
Lo stato osserva i costi di
produzione di un’azienda e fissa i prezzi, garantendo al capitalista un ricavo
di un 5% (per esempio). Le soluzioni per controllare gli effetti negativi del
monopolio (ovvero, per evitare i prezzi elevati) è:
-
Intervento dello stato, ovvero nazionalizzare;
-
Diminuire il prezzo, in modo tale da raggiungere
un “prezzo sociale”.
La quantità è decisa incrociando
costo e ricavo marginali, il prezzo è deciso guardando la curva di domanda.
L’OLIGOPOLIO
È spiegato spesso con la teoria
dei giochi. Essa presenta alcuni dati standard per capire cosa fare o non fare
in determinate situazioni. È una scelta di convenzione fra più attori. Ci sono
poche aziende che rispondono alle diverse esigenze delle persone. Il fatto che
vi siano poche imprese, influisce molto sul prezzo. La decisione di quanto
produrre da parte della singola impresa (in un sistema con tante imprese) non
incideva molto sul prezzo, nell’oligopolio se una delle aziende cardine decide
di abbassare/alzare la produzione, si ha una ricaduta sui prezzi.
L’oligopolista è consapevole che
se produce di più i prezzi calano e viceversa. L’unico grado di incertezza è
dato da quei due o tre concorrenti che ho. Devo valutare anche le mosse dei
miei concorrenti (c’è interdipendenza tra le decisioni degli oligopolisti, che
però non è facile da teorizzare).
L’equilibrio sta nel punto E
(produciamo X1 e la vendiamo a Px1). La curva di domanda incorpora non solo
l’elasticità, ma anche le mosse dei nostri concorrenti. Io posso, a questo
punto, fare due mosse:
-
Aumentare i prezzi;
-
Diminuire i prezzi (se la domanda è molto
elastica): i miei concorrenti abbassano anche loro i prezzi per non perdere
clienti (c’è incremento di vendite, ma non riesco a portare via clienti ai miei
concorrenti, perché anche questi faranno le mie stesse mosse).
Spesso, quindi, la concorrenza
avviene sulla qualità e non sui prezzi (vedi Volkswagen negli anni ’90).
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