martedì 18 novembre 2014

16^ LEZIONE DI ECONOMIA POLITICA.

In questa lezione parleremo di mercati imperfetti, monopolio, monopoli naturali ed oligopoli.

La nostra impresa può, per aumentare profitto, diminuire i costi:

-        Variabili, facendo pressioni sul fornitore, aumentando la produttività (facendo investimenti);

-        Fissi, gli investimenti (però) sono costi fissi, la curva rappresentante il costo variabile sposterebbe in avanti la quantità Q0 (in momenti di crisi non si può investire -- > l’investimento deve avvenire quando le cose vanno bene).

Il profitto, se un’azienda vende meno, cade in modo PIU’ CHE PROPORZIONALE. La stessa cosa vale se l’azienda vende di più. Noi, come azienda, non abbiamo un equilibrio in senso neoclassico del termine. Infatti, per noi azienda è meglio stare più a destra possibile del grafico in figura (il punto in cui costi e ricavi si equiparano non bastano ad un’azienda per stare bene).

I MERCATI IMPERFETTI
Le altre forme di mercato si distinguono per:

1)     Numerosità delle imprese;

2)     Il grado di omogeneità del prodotto;

3)     L’elasticità della curva di domanda.


NUMERO IMPRESE
PRODOTTO
ELASTICITA’ DOMANDA
MONOPOLIO
Una
Differenziato
Poco elastica
OLIGOPOLIO
Poche
Omogeneo o differenziato
Elastica
CONCORRENZA MONOPOLISTICA
Molte
Differenziato
Molto elastica
CONCORRENZA PERFETTA
Molte
Omogeneo
Infinita

Ø  Monopolio: unico produttore. C’è il pericolo di entrate di nuovi produttori (la concorrenza non erode gli extraprofitti).
Ø  Oligopolio: poche aziende che si controllano reciprocamente (quelle in diretta concorrenza, soprattutto).
Ø  Concorrenza Monopolistica: le imprese possono comportarsi da QUASI monopolistiche a monopolistiche. Ci sono molte imprese che (anche se non in concorrenza diretta) hanno una domanda molto elastica.
Ø  Concorrenza perfetta.

IL MONOPOLIO 


C’è, dunque, un’unica impresa che offre il bene (per motivi diversi: barriere all’entrata, ci può essere un monopolio naturale -- > se ce ne fosse più di uno avremmo problemi di natura tecnica soprattutto). Un’impresa, quindi, assorbe tutta la domanda. Il prezzo di questa impresa dipende dalla quantità venduta, perché l’impresa dovrà adeguarsi alla curva di domanda. Alla fine il potere del cittadino di dire “compro o non compro” rimane invariato. Il prezzo che il nostro consumatore è disposto a pagare è direttamente proporzionale alla quantità prodotta dalla azienda. Se il monopolista fissa il prezzo, alla fine è la domanda che fa la quantità (questa è la tendenza reale, pragmatica). Questa curva di domanda diventa la curva dei ricavi medi del monopolista.
La quantità viene decisa dai consumatori. I ricavi totali non sono altro che il prezzo per la quantità venduta.

RT = Px (Q) * X

Il prezzo non è più ESOGENO dalla quantità venduta, ma è direttamente proporzionale. La funzione ricavi totali è una parabola.
Infatti, se la nostra azienda vende a prezzi molto elevati un bene, questo bene verrà venduto molto poco. Se, al contrario, il prezzo viene abbassato, il bene verrà venduto di più. Il massimo ricavo totale il monopolista ce l’ha per quantità e prezzi medi. Il monopolista, naturalmente, vuole massimizzare il profitto. Il punto di distanza massima tra Ricavi e Costi totali indica CHIARAMENTE il punto di massimo profitto per il capitalista (punto Q*).
La domanda coincide con i ricavi medi dell’azienda perché c’è un’unica impresa -- > il profitto non viene eroso dalla concorrenza (nel lungo periodo). Il monopolio, quindi, si configura come una situazione molto sfavorevole al consumatore, ma favorevole al capitalista.
La rivoluzione liberale (Adam Smith) è contro i monopoli e contro il sovrano che garantiva i monopoli. Il monopolista, però, non contento di avere questo profitto inerodibile, può cercare di aumentare i profitti. Di fronte a sé ha una curva di domanda di persone che sono disposte a pagare diversi prezzi. Il monopolista, allora, decide di differenziare il prodotto (caso tipico è il trasporto ferroviario: il treno è sempre quello, i vagoni sono sempre quelli, ma differenzio in prima e in seconda classe).

MONOPOLI NATURALI
Lo Stato dovrebbe cercare di ridurre i monopoli (il monopolista dovrebbe tenere i prezzi bassi). Lo stato dovrebbe concedere alle società che garantiscono i prezzi più bassi. Una volta il sale era monopolio statale.
Lo stato osserva i costi di produzione di un’azienda e fissa i prezzi, garantendo al capitalista un ricavo di un 5% (per esempio). Le soluzioni per controllare gli effetti negativi del monopolio (ovvero, per evitare i prezzi elevati) è:
-        Intervento dello stato, ovvero nazionalizzare;
-        Diminuire il prezzo, in modo tale da raggiungere un “prezzo sociale”.
La quantità è decisa incrociando costo e ricavo marginali, il prezzo è deciso guardando la curva di domanda.

L’OLIGOPOLIO
È spiegato spesso con la teoria dei giochi. Essa presenta alcuni dati standard per capire cosa fare o non fare in determinate situazioni. È una scelta di convenzione fra più attori. Ci sono poche aziende che rispondono alle diverse esigenze delle persone. Il fatto che vi siano poche imprese, influisce molto sul prezzo. La decisione di quanto produrre da parte della singola impresa (in un sistema con tante imprese) non incideva molto sul prezzo, nell’oligopolio se una delle aziende cardine decide di abbassare/alzare la produzione, si ha una ricaduta sui prezzi.
L’oligopolista è consapevole che se produce di più i prezzi calano e viceversa. L’unico grado di incertezza è dato da quei due o tre concorrenti che ho. Devo valutare anche le mosse dei miei concorrenti (c’è interdipendenza tra le decisioni degli oligopolisti, che però non è facile da teorizzare).
L’equilibrio sta nel punto E (produciamo X1 e la vendiamo a Px1). La curva di domanda incorpora non solo l’elasticità, ma anche le mosse dei nostri concorrenti. Io posso, a questo punto, fare due mosse:
-        Aumentare i prezzi;
-        Diminuire i prezzi (se la domanda è molto elastica): i miei concorrenti abbassano anche loro i prezzi per non perdere clienti (c’è incremento di vendite, ma non riesco a portare via clienti ai miei concorrenti, perché anche questi faranno le mie stesse mosse).
Spesso, quindi, la concorrenza avviene sulla qualità e non sui prezzi (vedi Volkswagen negli anni ’90).

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