venerdì 15 maggio 2015

25^ LEZIONE DI FILOSOFIA DEL DIRITTO.

Ieri, più che di scienza, si è parlato di TECNOSCIENZA. Con quello che è stato detto ieri si è voluto mettere l’accento sul tema della libertà dell’uomo: tutto questo tiene conto dei temi della libertà. Altro tema fondamentale è stato quello della libertà delle macchine.
ROBOTICA
Insieme di teorie che si riferiscono alla studio e alla realizzazione di macchine intelligenti. Queste macchine sono così dette perché altamente automatizzate. Nell’analisi informatica si trova sempre una fortissima antropomorfizzazione. Fondamentalmente la robotica è figlia della CIBERNETICA, la scienza che aveva originariamente studiato questo tipo di macchine, con capacità di ordinare informazioni e modificare l’ambiente (reazioni agli stimoli provenienti dall’esterno). Il problema sorge nel momento in cui le macchine cominciano a svolgere ragionamenti con tipi di comportamenti umani: le macchine cibernetiche devono somigliare all’uomo per essere adeguatamente commercializzate.
Con la BIONICA si intende la scienza che studia le funzioni sensorie o motorie degli organismi viventi, al fine di individuare dispositivi elettronici di tipo tecnologico, con il compito di sostituire le strutture sopra dette o di migliorarle. La robotica e la bionica, oggi, possono dirsi fuse tra loro. Oggi si parla, infatti, di BIOROBOTICA. Ieri si è ampiamente messo in luce che le conseguenze delle applicazioni scientifiche dei sistemi di intelligenza artificiale bionici possono avere conseguenze BIOETICHE.
Le origini filosofiche della biorobotica sono riconducibili alla CIBERNETICA: è un progetto molto importante che porta ad individuare nelle macchine dei ragionamenti razionali, molto simili a quelli umani. I processi intelligenti sono dei veri e propri manifesti (i processi hanno suggerito agli scienziati di compararli sulla base della matematica). L’idea che tutto sia misurabile porta a due domande:
-        L’uomo elabora ragionamenti, comportamenti simili a quelli di una macchina?
-        La macchina cibernetica esegue comportamenti simili a quelli dell’uomo?
1)     Intelligenza artificiale forte: è possibile che la macchina possa imitare comportamenti e pensieri umani (può avanziamo, più è possibile raffrontare i due pensieri). Tipico esempio: il computer riesce a fare ciò che l’uomo non riesce;
2)     Tesi scettica, relativista: la macchina non è intelligente (la mente umana non c’entra con quello che fa la macchina). La volontà della macchina non esiste (tesi della STUPIDITA’ artificiale).
Queste due opinioni che si scontrano sono entrambe teorie ingenue, astratte. Il problema è sempre legato all’uomo ad una sola dimensione: la concezione antropologica tende a presupporre che l’uomo sia solo peso, misura e numero (è un soggetto che ragiona in modo calcolante, è produttore). Il tema della biorobotica, macchina cibernetica e volontà umana…è molto presente nel discorso filosofico moderno.
Il primo progetto: costruire una macchina per pensare.
Il secondo progetto: costruire una macchina per fare.
Questi due progetti si coniugano con un processo tecnologico degli ultimi 10 anni, cinquanta volte superiore a quello degli ultimi 90 anni dell’800. Questi progetti fanno parte di un unico grande progetto COMPUTAZIONALE. Il problema è il seguente: Turing analizza lo stato calcolante dell’uomo e quello della macchina calcolante e applica le logiche dell’uomo calcolante a quelle della macchina.
Teoria o modello COMPORTAMENTISTA: è un approccio che si basa su un comportamento empirico. Il pregiudizio universale è quello di pensare la volontà umana come una condotta reattiva, in seguito ad uno stimolo esterno. Sono una sequenza di scelte automatiche che l’uomo opera secondo i propri bisogni. Da questa teoria deriva la tesi di Minsky, il quale elabora la teoria della società della mente, dicendo che la società è un insieme di agenti che tra loro interagiscono e che il cervello è una macchina altamente complessa e che questa rete organizzata di menti sono una molteplicità di menti che noi possiamo chiamare agenti della mente.
Questi robot devono essere ATTIVI e PRO-ATTIVI: possono prendere una sorta di decisione autonoma. Essi possono essere anche INTERATTIVI, devono comunicare ed interagire con esseri umani.
1)     Se io innalzo le capacità della macchina intelligente, provoco una riduzione delle capacità del soggetto (VISIONE RIDUZIONISTA).
2)     Principio di determinazione di Heisenberg: i risultati dell’esperimento scientifico non sono determinabili.
Il metodo dialettico si fonda sul principio di non contraddizione.
3)     La ragione e la volontà sono sempre automatiche (INFORMATICA è crasi di INFORMAZIONE – AUTOMATICA). Questa attività di ricerca è quella mentale? Si presuppone che questa sia fatta in modo automatico (non della natura umana).
4)     Il computer non riesce a formalizzare un procedimento mentale della cosiddetta intuizione (intuizione intellettuale): è quella capacità della mente umana che Aristotele segnala come umana di cogliere l’essenza di una cosa.

5)     L’intelligenza artificiale non può riprodurre l’attività della coscienza che riflette su se stessa: la capacità della coscienza di riflettere su di sé, di auto criticarsi. Nel problema informatico questo si riflette nel problema dell’indecidibilità.

24^ LEZIONE DI FILOSOFIA DEL DIRITTO.

PER CHI FREQUENTI CON ME: questi appunti fanno riferimento alle slides inserite dal professore nel Moodle. 


TECNOSCIENZA, POSTUMANO e IMMORTALITA’ TERRENA
1)     Scienza ed immortalità terrena.
Le frontiere della ricerca in intelligenza artificiale (robotica e bionica).
Alcune considerazioni.
1)
Minsky è uno dei padri dell’intelligenza artificiale. La riflessione muove dall’ambito scientifico e abbraccia anche l’ambito filosofico.
Vi è confluenza di disciplina scientifica: il termine nasce da una congiuntura di risultati dall’ambito scientifico e chiude nell’ambito filosofico. Con la biologia molecolare si spera di controllare ed invertire i processi di invecchiamento tramite tecniche di controllo dell’espressione dei geni. Queste espressioni riguardano lo stato corrente della ricerca.
Altro filone molto importante è quello delle NANOTECNOLOGIE: sono dispositivi molto piccoli (100 nanometri, 1 nanometro = 1 miliardesimo di metro) che consentano di individuare agenti patogeni e di trasportare (e quindi SOMMINISTRARE) farmaci in specifiche aree dell’organismo.
Ultimo filone è l’intelligenza artificiale. La bionica è la fusione di biologia ed elettronica che ha alla base un’idea di ibridazione del soggetto umano (anche per potenziare alcune facoltà).
Alcune figure di riferimento in questi ambiti sono Kurzweil, Drexler e Minsky.
Kurzweil affronta il tema della morte come tabù. Questa credenza nell’inevitabilità della morte è destinata a mutare nel tempo: la scienza e la tecnologia si stanno evolvendo esponenzialmente. Se lo sviluppo scientifico si arrestasse, non potremmo combattere né rallentare gli effetti delle malattie, la vita media delle persone non si alzerebbe più. Con le conoscenze scientifiche saremmo in grado di estendere indefinitamente la vita umana.
Drexler è colui che parla di macchine molecolari: la sua posizione non si discosta molto da Kurzweil. Il suo filone era fondamentalmente quello della nanotecnologia. Parla di longevità e parla di questa come un risultato facilmente ottenibile.
Minsky: autore che mette in luce la dimensione dell’artificiale. Vi è una contestazione del naturale: del cervello Minsky denuncia i profondi limiti (i nostri cervelli sono lenti). L’uomo, per ottenere l’immortalità, deve raggiungere la SELEZIONE INNATURALE. La selezione naturale ha sottomesso le pretese degli individui alle esigenze della specie. L’uomo può contrapporsi a queste esigenze e introdurre nuovi bisogni a cui la biologia non aveva pensato.
Schiavone, invece, che non è uno scienziato ma è uno storico, afferma che vi dovrà essere un nuovo umanesimo. In questa riflessione vi è un elemento che non è presente nella riflessione anglosassone: il vero problema è di natura culturale, spirituale. La sua posizione afferma che la condizione dell’umanità non è qualcosa di radicalmente nuovo, ma che si trova anche nella storia delle origini.
NATURALE vs ARTIFICIALE
Stabilire cosa sia l’uno e cosa l’altro non è facile né banale. Spesso, soprattutto se le posizioni sono immaginate nelle loro interpretazioni naturali, l’artificiale è visto come la corruzione dell’aspetto naturale. Ciò che caratterizza l’uomo è invece l’artificiale: è ciò che lo caratterizza, ciò che lo contraddistingue. L’inizio della storia culturale dell’uomo ha proprio il suo punto di partenza nel momento in cui egli stesso ha dato via alla ricerca tecnologica.
ROBOTICA E BIONICA
La bionica introduce una prospettiva un po’ diversa rispetto alla robotica. Quando si parla di ROBOTICA si parla di teorie e tecniche per la costruzione dei robot. L’intelligenza del sistema artificiale è importante quanto tutta la tecnologia fino ad oggi maturata. La bionica, invece, è l’insieme di organismi cibernetici: l’artificiale non è altro rispetto al soggetto umano, ma è PARTE dell’uomo, del soggetto umano. Il discorso della bionica nasce come meccanismo di ripristino di funzionalità perdute (protesi), ma vive come possibilità di inserire nuove funzionalità (uomo perfetto – immortale).
MODALITA’ DI INTERAZIONE

Vi è una distinzione fondamentale tra l’interazione invasiva e non invasiva: il problema è molto importante. Come interagiscono soggetti umani e artificiali? Ci sono delle situazioni in cui i soggetti artificiali devono reagire senza consultare il soggetto umano: ci sono situazioni in cui non è possibile inserire il soggetto umano. L’interazione non invasiva è un sistema in cui i sistemi artificiali autonomi vengono impiegati in ambienti popolati da esseri umani.

28^ LEZIONE DI DIRITTO PRIVATO.

Art. 1173 – 1320 -- > obbligazioni. In quest’opera di interpretazione della disciplina dell’obbligazione, si può rinvenire molto influsso del diritto romano. Un debitore è tenuto ad una prestazione nei confronti del creditore. Il debitore deve tenere un certo comportamento a favore del creditore: questo comportamento può essere il più vario (dare, fare, non fare): solitamente il comportamento può essere attivo o passivo (azione o omissione). Ogni regola dedicata alla obbligazione si spiega come il rapporto obbligatorio serva alla soddisfazione di un determinato interesse individuale. Il ruolo di interesse del creditore è centrale nella comprensione e nello studio dell’obbligazione. Per capire questo ruolo dell’interesse del creditore, ci si deve basare proprio sugli articoli sopra citati. Accade normalmente che il compratore paghi spontaneamente: può anche non succedere.
L’obbligazione è proprio lo strumento giuridico con il quale il creditore vede soddisfatto il suo interesse, anche se il debitore non esegue spontaneamente la prestazione promessa.
L’interesse del creditore è ciò a cui l’obbligazione mira. Questo ci fa capire come il rapporto obbligatorio sia un rapporto temporaneo e quindi sia un rapporto che ha senso e che esiste sino al momento in cui la posizione del creditore viene meno per l’adempimento. Soddisfatto l’interesse del creditore che aveva diritto a ricevere ciò che effettivamente riceve, viene meno il rapporto giuridico tra debitore e creditore.
Il ruolo fondamentale dell’interesse del creditore emerge con chiarezza nella norma dell’articolo 1174: l’interesse del creditore rispetto al quale la prestazione è funzionale ad un interesse patrimoniale e non. L’articolo ci dice qualcosa di più: la prestazione oggetto dell’obbligazione è il comportamento (attivo od omissivo) dovuto dal debitore, suscettibile di valutazione economica. Ciò significa che il rapporto fra i soggetti non è una obbligazione: solo se c’è una valutabilità economica della prestazione allora la relazione giuridica può essere valutata come prestazione. Il discorso non è meramente classificatorio: la qualificazione del rapporto ha delle conseguenze pratiche significative (alla obbligazione il codice dedica più di 150 norme).
Se la prestazione consiste nella fornitura di un bene o un servizio per i quali esiste un mercato, questo significa che la prestazione è a carattere patrimoniale. Questo fornisce un criterio identificativo piuttosto specifico (prendiamo come esempio l’articolo 143, il quale elenca un serie di obblighi in ambito matrimoniale).
L’articolo 1174 ci fornisce una rivendicazione degli elementi che connotano un rapporto obbligatorio: questi elementi DEVONO essere presenti perché un rapporto sia qualificabile come OBBLIGAZIONE.
Peraltro c’è da dire che questa nozione di obbligazione è una nozione che in tempi più recenti è andata evolvendosi. Ci si è resi conto che l’obbligazione non è soltanto il dovere di un debitore di eseguire una prestazione patrimoniale per soddisfare un suo interesse di tipo patrimoniale. Questa più completa nozione emerge dal codice nella norma successiva (art. 1175) laddove si dice che il creditore e il debitore si devono comportare secondo correttezza. Il concetto di correttezza è estremamente ampio e generale: è un’altra di quelle già citate clausole generali presenti nel codice civile.
Questo dovere di correttezza riguarda anche il creditore: nel rapporto obbligatorio ci sono degli obblighi per il debitore e per il creditore. Per capire quali siano questi obblighi occorre ritornare agli interessi in gioco: da un lato c’è l’interesse del creditore (patrimoniale o meno) che rappresenta il faro dell’obbligazione (strumento giuridico grazie al quale è possibile una completa e perfetta soddisfazione del creditore stesso: la soddisfazione deve essere completa). Vi è anche un interesse del debitore: è l’interesse che il rapporto giuridico si estingua nel momento in cui il creditore sarà soddisfatto.
Quando si parla del debitore che non è più tale, si parla di debitore LIBERATO. Si vuole quindi istituire un registro dei soggetti debitori per fornire un’idea all’altro contraente della QUALITA’ della persona con cui sta contrattando. La soddisfazione deve essere completa.
Dovere di tenere comportamenti che non ostacolino (o non rendano più gravoso) l’adempimento dell’obbligazione da parte del debitore [anche il creditore ha dei doveri]. Ci vogliono anche dei doveri di protezione. L’obbligazione è un FASCIO DI RAPPORTI (fatta da un dovere primario di prestazione e da una serie di obblighi comportamentali).
Questi rapporti obbligatori nascono da varie fonti, elencate all’articolo 1173, il quale afferma che le obbligazioni nascono o da contratto, o da fatto illecito o da qualunque atto o fatto idonei a produrre obbligazioni.
FATTO ILLECITO
Responsabilità civile è una responsabilità risarcitoria: il diritto privato si occupa del risarcimento del danno. Questo ha la conseguenza di risarcire il danno: tutti i fatti illeciti sono fonti di obbligazione. La responsabilità penale, invece, è la ricerca della punizione del comportamento illecito. I sistemi di responsabilità sono diversi: le due responsabilità possono essere responsabilità che nascono da uno stesso comportamento. Un comportamento umano può essere sanzionato penalmente e un illecito civile. In questi casi il soggetto autore del fatto illecito sarà sottoposto a doppia logica. Fonte di obbligazione di RISARCIRE IL DANNO.
ALTRI ATTI O FATTI
Il matrimonio è un atto fonte di obbligazione. Un contratto nullo è un fatto fonte di obbligazione (contratto di compravendita di immobile stipulato oralmente): il venditore è tenuto (giuridicamente) a restituire il denaro al compratore in quanto non vi è debito.
Articoli 1176 e seguenti: adempimento delle obbligazioni (norme che vanno osservate per ottenere un corretto adempimento).
Il debitore deve adempiere con diligenza. Qual è la differenza rispetto alla correttezza?
La correttezza aggiunge il dovere di compiere una prestazione principale delle prestazioni ulteriori.

La diligenza, invece, guarda alla qualità della esecuzione delle prestazione. Deve tenere la diligenza del buon padre di famiglia (il debitore deve tenere un comportamento basato su un modello standard…

23^ LEZIONE DI FILOSOFIA DEL DIRITTO.

La ragione pura non può spiegare il concetto di libertà (I. Kant). L’uomo deve fare i conti con questa realtà: si trova immerso nell’esperienza finita, ma ha a che fare con qualcosa che trascende. L’uomo non può sapere fino in fondo cosa sia la libertà: un nuovo ordinamento giuridico che volesse ipotizzare di tutelare questa libertà come prassi, diventerebbe difficile da descrivere. Tutti noi sappiamo cogliere momenti dell’esperienza in cui ci sentiamo veramente liberi. Di fronte ad una realtà come la libertà che fa quasi parte della natura sostanziale dell’uomo, resta il problema che l’uomo potrebbe disorientarsi. Chi rifiuta se stesso, rifiuta la propria libertà. L’immagine che si può trarre da questo smarrimento dell’uomo, potrebbe destare meraviglia: l’uomo, di fronte a questo abisso insondabile, non può che tentare di trovare lo stesso il fondamento. Questo tentativo di spiegazione deve passare attraverso l’esperimento della libertà. Ma come? Attraverso la PRAXIS: si realizza il fine quando l’atto si compie. L’ordinamento che tuteli questa forma di libertà deve tutelare la libertà negativa: non è una libertà DAL limite, ma è una libertà PER il fine, teleologica.
Quali sono le azioni qualificate come “libere”? La prima manifestazione di questo agire è:
-        Lo smarrimento (il soffrire): la prima apparizione della libertà nella sfera umana è un autentico SOFFRIRE. La libertà potrebbe annientare l’uomo: questo succede quando l’uomo debole si fa trascinare. Il mito di Er raccontato da Platone: guerriero valoroso che giace sul campo di battaglia in stato di morte apparente. Messo sulla pira, Er varca le soglie dell’Ade e vede cosa succede alle anime dei morti: dopo essersi svegliato, raccontò cosa gli era successo. Dopo aver visto questo e dopo aver visto il selettivo percorso delle anime riguardo le scelte operate in vita, Er racconta tutto e permette a tutti di non dimenticare mai questa esperienza.
-        Il subire: l’uomo SUBISCE la libertà, è un attivo subire. L’uomo deve esercitare la propria libertà: DEVI DUNQUE PUOI. L’uomo non è padrone della propria vita, ma ne è il custode: c’è qualcosa che gli sfugge e che non può dominare. Il tentativo di cancellare la libertà è un atto di libertà. La libertà si manifesta anche come un offrire: l’azione della libertà si offre e si esibisce. Quando l’uomo scopre che la libertà è un soffrire, egli scopre che è anche un
-        Offrire: l’uomo si espone alle possibilità di compiere un atto etico. La libertà non è una realtà quotidiana.
-        Gioire: forza insopprimibile.
Tutto ciò implica una riflessione filosofica molto forte. La libertà non deve essere misurabile, è incommensurabile. Costituisce uno dei valori fondamentali: atti liberi, incondizionati, indipendenti dall’altro. La libertà guida l’uomo.
Questo modo di pensare liberamente traduce la parola PRAXIS. Questo è un modello tragico: l’uomo è costretto a scegliere. L’uomo non può evitare la libertà, non può evitare la scelta. L’uomo si illude di tutelare la libertà solo impedendo l’inibizione del movimento fisico.
La libertà come azione si caratterizza come un AGERE. L’unico modo per cercare di comprendere se stesso è indagando come nell’esperienza questa manifestazione si mostra. L’uomo che comprende la propria libertà, la comprende come PATI (passione). Qual è la concezione antropologica del soggetto nell’epoca contemporanea? Il soggetto umano deve essere in qualche modo catalogato: in ogni caso investigando la cultura e la filosofia contemporanee, è possibile trovare tre concezioni dell’uomo (concezioni che provengono in parte dalla cultura scientifica, in parte dai suoi esiti). Il contemporaneo è sempre piuttosto difficile da raccontare:
Prima idea: HOMO CALCULANS (uomo computante), l’uomo dotato di ragione capace di misurare costituisce la caratteristica fondamentale della concezione antropologica moderna. Nel XVII secolo gli scienziati pensando di trovare una lingua universale (CLAVIS UNIVERSALIS), che è stata trovata nella matematica. Da questa idea si sviluppa un problema computazionale: la ragione è capace di conoscere un bene e di rappresentarlo. L’informatica è la rappresentazione di questa idea: le macchine computanti (i computer) non nascono recentemente. La cultura che ne deriva è la costruzione delle macchine computanti, calcolanti. L’uomo è visto in una dimensione unilaterale (distorta). Posso pensare all’uomo CALCULANS in quanto producente determinati risultati.
Vi è una seconda idea: l’uomo trova la sua più ampia manifestazione grazie al dominio sulle cose, sul mondo, sugli oggetti. Questa seconda concezione riguarda un HOMO FABER FORTUNAE SUAE: domina l’oggetto materiale fino a dominare tutto. Questa concezione è moderna perché si è sviluppata grandemente in epoca moderna. Vi sono molte teorie giuridiche e politiche per cui si ritiene che l’uomo sia libero solo se può manifestare la sua volontà. Questa idea è strettamente correlata a quella dell’uomo calculans: il sapere è potenza, infatti. In un trattato perduto Aristotele dice che Anassagora aveva detto che l’uomo è intelligente in quanto dotato delle mani, diversamente dagli altri animali (l’uomo può dominare la realtà circostante e se stesso). Nella presunta idea di manipolazione, si afferma che l’uomo ha la libertà di scegliere (idee PRO CHOICE).
Vi è una terza dimensione: l’uomo è anche SENTIMENTO. È oggi diffusissima quella idea che peraltro nella letteratura è stata battezza come la teoria dell’HOMO SENTIMENTALIS. Ciò che conta veramente è l’emozione. È quell’uomo che vuole mostrare la propria psicologia per dimostrare che ha emozioni intense. Anche l’homo sentimentalis costituisce una manifestazione tipica dell’uomo contemporaneo.
Di solito chi aderisce ad una di queste concezioni esclude naturalmente le altre. Questo significa ridurre l’uomo: il principio, invece, è quello della sintesi: l’idea di libertà deve essere ben più ampia.

La scelta è sempre responsabile, nonostante tutti noi dobbiamo sempre farne.