giovedì 4 dicembre 2014

25^ LEZIONE DI ISTITUZIONI DI DIRITTO ROMANO.

In questa lezione parleremo di inadempimento, dei criteri di imputabilità dell'inadempimento, della MORA e del risarcimento del danno.

L’INADEMPIMENTO

Il debitore che non adempie la prestazione viola un obbligo e commette perciò un illecito: incorre dunque in responsabilità ed è assoggettabile all’azione esecutiva, dopo che vi sia stata una sentenza di condanna nel processo di cognizione che abbia accertato:

1)     L’esistenza dell’obbligo;

2)     L’inadempimento dello stesso;

3)     L’imputabilità dell’inadempimento al debitore (non sempre il fatto di non adempiere gli è addebitabile: per esempio il debitore di uno schiavo: prima della consegna lo schiavo muore, non esiste più in natura PRIMA del termine per l’adempimento). Sarebbe iniquo, se l’inadempimento non è imputabile al debitore stesso, incolpare quest’ultimo.

Il creditore che non ha ottenuto la soddisfazione voluta, potrà chiedere un risarcimento del danno (azione REI PERSECUTORIA). Ci deve essere, prima di ottenere il risarcimento, una sentenza di condanna del debitore (sarà condannato solamente se verificate le tre condizioni sopra-citate).

L’INADEMPIMENTO può essere di due tipi:
  1. DEFINITIVO, impossibilità sopravvenuta della prestazione (tipico è il caso del perimento del bene dovuto). Il rapporto di debito scompare (salvo essere fittiziamente conservato tramite la PERPETUATIO OBLIGATIONIS) e si trasforma in responsabilità. Vi rientra anche l’ipotesi della SOPRAVVENUTA MANCANZA DI INTERESSE DEL CREDITORE: come per esempio nel caso della scadenza di un termine essenziale.
  2. RITARDO NELL’ADEMPIMENTO, tecnicamente la MORA. Omissione o scorrettezza della prestazione. Il creditore può essere ancora soddisfatto, nonostante il debitore abbia adempiuto male. Si parla di MORA DEBENDI (il debitore è in ritardo).

  1. PRIMA IPOTESI: se la prestazione diventa impossibile in seguito, pur essendo possibile all’inizio, il rapporto di debito SCOMPARE. Devo lo schiavo Stico a Tizio, Stico muore, cade l’obbligazione. In diritto romano il creditore come unica azione ha l’azione propria del RAPPORTO OBBLIGATORIO (azione da contratto, per semplificare). Il creditore, quindi, sa che potrà ottenere solamente un equivalente pecuniario (ad esempio tramite l’ACTIO STIPULATU).

    I giuristi romani, così, ideano la cosiddetta PERPETUATIO OBLIGATIONIS: l’obbligazione si perpetua se è dipeso dal debitore che la cosa non sia stata data (se l’impossibilità sopravvenuta della prestazione è dipesa dal debitore, c’è nesso causale tra impossibilità ed attività del debitore: ad esempio il debitore uccide lo schiavo che deve dare al creditore). Se lo fa apposta, quindi, grazie a questa finzione, il creditore può ancora pretendere dal debitore l’obbligazione. Questa cesserà soltanto quando verrà esperita l’azione (con la LITIS CONTESTATIO): l’obbligazione verrà poi esperita con la sentenza di condanna.

    Ma come si fa a definire l’imputabilità di inadempimento? Tramite i criteri di imputabilità SOGGETTIVI ed OGGETTIVI. Essi variano a seconda del tipo di contratto che è stato stipulato. Si applica un criterio diverso a seconda di vari elementi.

CRITERI DI IMPUTABILITA’ DELL’INADEMPIMENTO

-        FACTUM DEBITORIS: si imputa al debitore una impossibilità dell’adempimento a causa di un’azione voluta del debitore (c’è stata un’azione volontaria del debitore per il perimento del bene). Nel caso in cui il debitore non porti dal medico lo schiavo malato oggetto di obbligazione, il creditore non ha alcuna azione perché non è provata l’intenzione del debitore di far perire lo schiavo (non c’è il fatto);

-        DOLUS: criterio di volontarietà del comportamento e dell’evento dannoso da esso provocato. Tutti i debitori rispondono di dolo. Il debitore, quindi, provoca volontariamente l’impossibilità. Quando l’impossibilità dipende da dolo, qualunque debitore risponde. Nullo è anche il patto che potrebbe essere dato dal creditore in cui si dica che non chiamerebbe comunque in giudizio il debitore che avesse distrutto l’oggetto di debito. Qualcuno risponde solo di dolo: nel contratto di deposito, per esempio, è gratuito (chi custodisce il bagaglio, per esempio, non riceve soldi). Il depositario è un esempio di debitore che risponde solo in caso di impossibilità sopravvenuta DOLOSA.

-        CULPA: si va a valutare la condotta del debitore. Il debitore, in pratica, non prevedeva che da una certa attività sarebbe derivato perimento dell’oggetto di debito. Comunque il comportamento risulta non diligente (non è conforme al BONUS VIR). Manca semplicemente la previsione della conseguenza derivante da un comportamento negligente (ad esempio lo schiavo sta male e il debitore non chiama il medico; IMPERITIA nel caso in cui si “operi” senza avere le competenze necessarie) od imprudente (mancanza di attenzione nel compiere un’azione).

o   LATA: “non capire quello che tutti capiscono”, situazione in cui il debitore non vuole l’impossibilità, ma ha una negligenza talmente grossolana, che si rende colposo (è equiparata al dolo) -- > oggi si chiama COLPA GRAVE. Rispetto al dolo, comunque, è molto diversa (dire che è equiparata al dolo significa dire che chi è incolpato di dolo è anche incolpato di colpa grave).

o   LEVIS: è la colpa normale e può essere

§  IN ABSTRACTO, facendo il confronto con l’uomo di media correttezza;

§  IN CONCRETO, confrontando il comportamento del debitore con il comportamento del debitore stesso nella gestione dei propri affari. Chiedendo questa DILIGENTIA IN CONCRETO QUAM IN SUIS chiedo “qualcosa di più”: si chiede soprattutto nel caso di impossibilità sopravvenuta nel caso di una società.

-        CUSTODIA: ci sono dei debitori che tengono a proprio vantaggio IN MODO GRATUITO una cosa altrui e sono obbligati a restituirla. L’esempio tipico è il contratto di COMODATO: anche oggi è un contratto essenzialmente gratuito (il comodante presta una cosa al comodatario perché se ne serva, senza pagare nessun corrispettivo). Per riequilibrare questa situazione, il debitore in caso di impossibilità risponde di: dolo, colpa e caso fortuito. Il debitore può essere chiamato a rispondere anche di fatti che non dipendano da lui, ma che sarebbero stati oggettivamente sarebbero stati nella sua sfera di controllo, come un furto od un danneggiamento. È un criterio di RESPONSABILITA’ OGGETTIVA. L’unico limite è la FORZA MAGGIORE, come una violenza a cui non si può resistere (rapina a mano armata, un’alluvione…).

A guidare il giudice nella scelta del criterio da applicare al caso concreto spesso è il principio dell’UTILITAS CONTRAHENTIUM (dove pende la bilancia dell’utilità).
PONENDO IL CASO IN CUI IL DEBITORE SIA IN RITARDO:
MORA SOLVENDI: -- >

  1. Ex persona: occorre l’interpellatio, il creditore deve, cioè, chiedere la prestazione (atto di messa in mora);
  2. Ex re:
    1. Obbligazione da delitto: nel furto il debitore è subito in mora;
    2. Obbligazioni sottoposte a termine iniziale: dando del denaro a mutuo e ponendo che scadano dopo 6 mesi, scaduto questo tempo, il debitore è immediatamente in mora.
MORA del debitore: conseguenze.
  1. Aggravamento del rischio: il debitore risponde sempre di custodia nel caso in cui sia già in mora e subentri l’impossibilità di adempimento a causa del perimento della cosa.
  2. Il debitore deve i frutti ed interessi in mora: se la cosa che devo è una somma di denaro, il debitore deve gli interessi dal giorno della mora (se il debitore adempie in questo modo, PURGA la mora).
Il creditore, dicevamo nella precedente lezione, può rifiutare un adempimento parziale. Quanto sia fatta richiesta di adempimento completo, il creditore potrebbe non collaborare all’adempimento della prestazione. In questi casi è il creditore IN MORA. La mora del creditore ha come conseguenza il contrario della mora del debitore: si alleggerisce la condizione del debitore. Dopo la mora del creditore, il debitore, per eventuale impossibilità sopravvenuta, risponderà solo con criterio di DOLO. La mora del creditore, comunque, non sgrava il debitore.
Si istituisce, per evitare mora del creditore, il DEPOSITO STATALE: il debitore può depositare presso un ufficio pubblico la somma, e così rende determinata l’obbligazione (la somma ammonta ai soldi depositati). Se l’ufficio dovesse essere fatto oggetto di furto, peggio per il creditore.

RISARCIMENTO DEL DANNO

Quando l’inadempimento è imputabile al debitore, egli risarcisce. Ma come si quantifica il danno? Le parti possono preventivamente stabilire il risarcimento del danno (se tu debitore non farai questo, allora…). Si fa quindi una STIPULATIO POENAE PROPRIA. Se non c’è questa previsione, la determinazione del risarcimento varia a seconda del tipo di obbligazione e a seconda dell’azione che la tutela.
  1. QUANTA EA RES FUIT-EST-ERIT: poteva essere commisurato al valore di mercato (senza tener conto dell’interesse concreto dell’attore ad avere la cosa) della cosa oggetto della prestazione al momento della LITIS CONTESTATIO o in un momento precedente o anche al momento della sentenza.
  2. ID QUOD INTEREST: nei giudizi di buona fede poteva essere valutato l’interesse che il creditore aveva a quella prestazione, ovvero che fosse eseguita correttamente nel tempo richiesto. Si pone l’ipotetica situazione patrimoniale del creditore se avesse ricevuto l’adempimento corretto e si sottrae la situazione patrimoniale effettiva. Si ottiene così un vero e proprio risarcimento del danno. Questo criterio tende ad essere poi esteso a tutti i rapporti obbligatori.      
    Si parla così di INTERESSE POSITIVO, nel quale rientrano sia le perdite sofferte (DAMNUM EMERGENS) sia, seppur con maggior prudenza, il mancato guadagno (LUCRUM CESSANS).

    Si parla anche di interesse negativo in riferimento alla responsabilità PRECONTRATTUALE: una parte confidava nella conclusione del contratto (che però è viziato). Si conclude quindi un contratto in cui una delle due parti è a conoscenza del vizio del contratto (è in malafede). Si parla, per esempio, di una cosa EXTRA COMMERCIO (Colosseo…). 

25^ LEZIONE DI DIRITTO PUBBLICO.

In questa lezione parleremo di fonte comunitaria in relazione a fonte statale e del "primato" come criterio di risoluzione delle antinomie tra norma statale e comunitaria.

1)     PRIMATO DELLA FONTE COMUNITARIA sulla fonte statale;

2)     Effetto diretto + diretta applicabilità.

Qual è il corollario del regolamento per come si pone? È DIRETTAMENTE APPLICABILE nello stato membro. Il regolamento deve essere applicato negli stati interni senza bisogno di atto di recepimento. Il trattato consente che le istituzioni europee possano adottare fonti direttamente applicabili negli stati membri.

Questa è una MACRODEROGA rispetto all’articolo 80 Cost: se in gioco ci sono fonti diverse da quelle dell’ordinamento italiano c’è bisogno di un atto di ratifica. Se l’Italia stipula un trattato con gli USA, quel trattato non è idoneo ad entrare in automatica nel nostro ordinamento. Altre fonti internazionali, quali le consuetudini UE, non hanno bisogno di atto di recepimento.
Ogni Stato munito di sovranità accetta che un organismo diverso, accetti che una fonte sia direttamente applicabile in ogni stato membro della UE. Questo riflette un po’ il funzionamento di un enorme stato federale. Con la fondazione della UE si voleva formare anche unità politica (non solo economica). La diretta applicabilità riguarda quelle fonti che disciplinano una materia nella sua interezza e definisce l’operatività diretta in ogni stato membro.

Può una direttiva essere direttamente applicabile? No, perché strutturalmente pone solo degli obiettivi. Ma cosa è successo come conseguenza? La non tempestiva disciplina della direttiva generale. L’UE definirà delle direttive auto-applicative, che contengano, quindi, non solo obiettivi, ma anche principi dettagliati. Tutto è diventato disciplina compiuta. Questo a fronte della inerzia degli stati nel dare attuazione alla fonte direttiva. Affermo, dunque, che quando la direttiva è auto-applicativa, quella direttiva si caratterizza per effetto diretto (riconosco che diventa obbligatoria la sua osservanza e la sua applicazione).

La diretta applicabilità può essere tirata in ballo solo se si parla di regolamento.
L’effetto diretto è una caratteristica EVENTUALE, che dipende dalla natura della direttiva: se è classica, si rivolge agli stati solo nella parte degli obiettivi; se invece definisce anche il particolare, essa è dotata di effetto diretto (sentenza Corte di Giustizia). Se la direttiva è auto applicativa, DEVE ESSERE RICONOSCIUTO l’effetto diretto (ma non è caratteristica essenziale della direttiva).
IL PRIMATO
Oggi le fonti comunitarie (quando si parla di primato si parla di: regolamenti, direttive auto applicative) sono caratterizzate dal cosiddetto primato. Il fatto che l’Italia abbia ratificato il trattato, chiarisce che le fonti comunitarie sono prevalenti sulle fonti interne (comprese le fonti costituzionali). La Corte costituzionale ci dice che l’importante è che le fonti esterne non prevalgano sui principi fondamentali della Costituzione.

La fonte comunitaria prevale sulla fonte interna. Ma qual è la forma della prevalenza?

a)     La fonte comunitaria deve prevalere sulla fonte interna;

b)     La Corte costituzionale afferma che la prevalenza si esprime sotto-forma di criterio cronologico (forma dell’abrogazione); se nel tempo T1 ho una legge che è antinomica rispetto ad un regolamento comunitario nel tempo T2, il regolamento abroga la legge del tempo T1. Perché questa idea non andò bene alla Corte di Giustizia? Perché se fosse stato applicato il criterio cronologico, il parlamento, dopo l’abrogazione della legge del T1 ad opera del regolamento del tempo T2, avrebbe riapprovato la stessa legge del tempo T1 a contrasto del regolamento, che sarebbe di conseguenza stato abrogato;

c)     La Corte Costituzionale allora arrivò a dire che il criterio di risoluzione delle antinomie sarebbe stato quello gerarchico. Sarebbe stata dichiarata l’illegittimità costituzionale della fonte interna e la conseguente annullabilità. Ma se il criterio è quello gerarchico, l’unico giudice abilitato a dichiararla tale sarebbe stata la Corte Costituzionale, lasciando, nel frattempo, inefficace la norma internazionale.  

d)     Il criterio da utilizzare è il criterio di COMPETENZA. Il criterio della competenza è QUEL CRITERIO DI RISOLUZIONE DELLE ANTINOMIE IN RAGIONE DEL QUALE SI GUARDA ALLE FONTI IN GIOCO E SI ATTRIBUISCE PREVALENZA ALLA NORMA CHE DEVE DISCIPLINARE QUELLA MATERIA. Le competenze individuate dal trattato devono prevalere in base alle clausole ivi contenute. Il criterio di competenza viene usato:

a.     Per risolvere antinomia tra fonte statale e regionale;

b.     Per risolvere antinomia tra fonte interna e fonte comunitaria.

In base all’articolo 117 II comma lo stato ha competenza esclusiva su alcune materie. Se una regione disciplina una materia di competenza esclusiva statale, prevarrà la legge statale su quella regionale (la quale diventa ILLEGITTIMA). Questo si ritrova tutto nell’articolo 127 della Costituzione. Lo stato può promuovere la questione di legittimità costituzionale dinanzi alla Corte, ma lo stesso può fare la regione.

ILLEGITTIMITA’ DI UNA FONTE CHE HA PRETESO DI DISCIPLINARE UNA MATERIA CHE NON E’ DI SUA COMPETENZA.

Il criterio di competenza non è altro, in sostanza, che un criterio gerarchico mascherato (perché anche il criterio di competenza porta ad illegittimità). Ma chi definisce l’ordine delle competenze? La Costituzione nell’articolo 117.
Se la fonte interna fa qualcosa che il trattato non permette, prevale la fonte comunitaria. Il criterio secondo la Corte Costituzionale è uguale a quello preso in considerazione tra Stato e Regioni. Non si può pensare, infatti, che la fonte comunitaria prevalga su quella interna su base costituzionale, perché non posso accettare che il tutto venga dichiarato dalla Corte Costituzionale (con tempi troppo lunghi).

Si passa quindi all’OBBLIGO DI DISAPPLICAZIONE DELLA FONTE INTERNA e conseguente APPLICAZIONE DELLA FONTE COMUNITARIA. Per fare questo basta un qualsiasi giudice, addirittura basta un qualsiasi INTERPRETE.
Nella DISAPPLICAZIONE c’è idea di DISVALORE, la non-applicazione non ha questa idea. Ma solitamente non c’è grande differenza. Il risultato non cambia.
L’ordinamento interno adotta propri atti; ma se in gioco ci sono due ordinamenti distinti e si chiede che l’Italia riconosca la superiorità della fonte comunitaria su quella interna, l’ordinamento italiano si trova davanti al FATTO. La corte italiana non può che prendere ATTO del FATTO che esiste superiorità della fonte comunitaria su quella italiana. Quelli comunitari non si chiameranno più ATTO NORMATIVO ma FATTO NORMATIVO.

25^ LEZIONE DI ECONOMIA POLITICA.

In questa lezione parleremo di ciclo espansivo, produttività e cominceremo a vedere il ruolo dello stato e delle finanze pubbliche.

IL CICLO ESPANSIVO 

Un aumento di domanda aggregata (DA) fa sì che la domanda aggregata superi l’offerta aggregata. Un impulso all’acquisto, fa sì che la domanda superi l’offerta: questo fa aumentare i prezzi e la produzione. I produttori che si aspettano profitti elevati (exp), investono (adattano la loro capacità produttiva a maggior domanda). La conseguenza è un aumento della domanda di lavoro e una diminuzione della disoccupazione, con conseguente aumento dei salari. Abbiamo quindi un feedback (retroazione), perché sia quando aumentano gli investimenti sia quando aumentano i salari, si dà impulso alla domanda. Quando si innesca questo circolo le cose vanno meglio (è facile fare anche il pensiero inverso, tuttavia).

-        Il FEEDBACK positivo (retroazione positiva) è quell’impulso che va a rinforzare la stessa direzione in cui il processo avviene (processo piuttosto keynesiano).

-       Il FEEDBACK negativo (retroazione negativa) è quell’impulso che smorza l’effetto originario.

L’incremento di domanda aggregata potrebbe arrivare anche dal governo (massiccio programma di investimenti pubblici). Ma quanto di questo aumento di domanda si sfoga sui prezzi e quanto sulla quantità prodotta?
Il discorso è stato sistematizzato dall’elasticità dell’offerta. Caso keynesiano: un’economia in cui l’offerta aggregata (SA) è relativamente elastica a causa di economie di scala sfruttabili dalle imprese. L’impulso di domanda si trasforma in incremento di produzione, ma non tanto in incremento di prezzi.
Quando, invece, come nel caso classico, dò impulso alla domanda, esso risulta in inflazione (aumento vertiginoso prezzi e non aumento della produzione). RIGIDITA’ DEL SISTEMA PRODUTTIVO che non asseconda l’aumento di domanda.
Il dibattito tra keynesiani e i classici ha fatto nascere una disputa di Nairu (pronuncia): anche nel caso classico, infatti, ci può essere disoccupazione, che però non viene riassorbita, in quanto i programmi di impulso riguardano settori limitati.
PRODUTTIVITA’, compatibilità
Che ricchezza riusciamo a produrre in media con un’ora di lavoro? Y/H (H = ore lavorate). L’ISTAT scompone il reddito pro capite nel seguente modo (per confrontare i vari paesi):

Y/POP = N + U + Z / POP * N / N + U + Z * H/N * Y/H

-        N + U + Z = è la popolazione attiva: U = disoccupati; N = occupati (l’Istat utilizza L); Z = coloro che non sono interessati a lavorare. Tra paesi diversi ci possono essere differenze pronunciate tra popolazione attiva e passiva (in Italia, per esempio, abbiamo tanti anziani e pochi giovani).

-        (N + U + Z) / POP rappresenta la popolazione attiva rispetto alla popolazione totale.

-        N / N + U + Z rappresenta il tasso di occupazione.

-        H/N è il numero di ore lavorate in media per lavoratore.

-        Y/H è il valore aggiunto per ora lavorata.

Il nostro Y/POP, reddito pro capite, è penalizzato dallo scarso numero di ore lavorate e dal numero ridotto di lavoratori sulla popolazione attiva.
Gli sfiduciati sono coloro che cercano lavoro non attivamente ma sono disponibili a lavorare.  

IL RUOLO DELLO STATO E LE FINANZE PUBBLICHE
STATO: insieme di istituzioni che costituiscono il fondamento dei mercati, ma è anche un operatore economico con le sue spese ed entrate. La Banca d’Italia fa parte dello Stato, ma è un ente privato (s.p.a.) e la maggioranza del consiglio ce l’hanno Unicredit e Intesa San Paolo.
Quali sono le funzioni economiche dello Stato? Musgrave aveva concettualizzato il ruolo dello Stato in 3 funzioni fondamentali:

  1. ALLOCAZIONE, stabilire quali beni bisogna produrre (pulire le strade, fare ponti, pulire i tombini…). Sono servizi che non vengono domandati direttamente dal cittadino, ma vengono determinati indirettamente dal cittadino che sceglie chi ci governa. Lo stato può produrre anche dei beni privati (vedi per esempio le ferrovie).
  2. REDISTRIBUZIONE, prelievo fiscale e spesa pubblica determinano una redistribuzione del reddito. C’è chi paga più tasse e chi beneficia maggiormente della spesa pubblica. Il benessere dei cittadini viene modificato dall’intervento dello stato. La spesa sociale ha come compito proprio quello di ridistribuire risorse tra coloro che ne hanno in abbondanza a coloro che a causa di qualche avvenimento avverso sono in situazione di difficoltà. Lo stato finanzia anche servizi meritevoli.
  3. STABILIZZAZIONE, l’intervento pubblico può avere effetti anticiclici se espande G (governo) in momenti di crisi e aumenta T nei periodi di forte espansione. Inoltre vi sono degli stabilizzatori automatici. La spesa sociale (già citata sopra) ed i trasferimenti in genere (spese senza con controprestazione) hanno l’effetto di stabilizzare la domanda aggregata creando uno “zoccolo duro” di spesa per consumi.      
Lo stato fa tutto questo avendo un potere di coercizione. Tale potere lo stato lo utilizza per:

  1. Tassare;
  2. Obbligare o proibire (obbligo di assicurare l’auto crea un mercato);
  3. Punire.

mercoledì 3 dicembre 2014

24^ LEZIONE DI ISTITUZIONI DI DIRITTO ROMANO.

In questa lezione parleremo delle obbligazioni, introducendo l'argomento a partire dalle origini del concetto di obbligazione; parleremo anche della PRESTAZIONE.

I diritti di credito sono diritti relativi. Il debitore è tenuto ad un comportamento positivo. Le azioni IN PERSONAM nell’INTENTIO indica già che il convenuto deve dare all’attore (i nomi compaiono già).

Nelle ISTITUZIONI di Giustiniano (in principio) si dice che “l’obbligazione è un vincolo di diritto per mezzo del quale siamo costretti a prestare qualcosa”. L’obbligazione, in origine, è proprio un VINCOLO effettivo (LIGATIO). Nel tempo si è smaterializzato ed è diventato solo un vincolo giuridico (il debitore che non tenga la prestazione promessa potrà essere chiamato in giudizio con l’azione da eseguire, poi, sul suo patrimonio). Siamo, quindi, costretti a dare qualcosa. Siamo, in quanto debitori, costretti a SOLVERE (solvendae rei). Pagando il debito si scioglie il vincolo che era materiale.

Nel DIGESTO (librio 44.7, frammento 3 principium) troviamo il “contenuto” dell’obbligazione. Ricavato dalle istituzioni di Paolo, ci dice che la “essenza delle obbligazioni non si trova nella circostanza che ci rendano titolari di un diritto di proprietà o di servitù, bensì nel fatto che vincolino taluno a dare, fare o prestare).

L’obbligazione è composta da:
-        Debito, situazione di pressione psicologica in cui si trova il debitore tenuto ad una prestazione, fase di vincolo potenziale;
-        Responsabilità, possibilità di assoggettare il debitore all’azione (nel caso in cui non adempia).
Con un’OBLIGATIO CIVILIS si ha un’ACTIO IN PERSONAM.

Con un’OBLIGATIO NATURALIS non c’è azione, non c’è responsabilità, ma c’è il DEBITO: c’è la SOLUTI RETENTIO (trattenere il pagato) di ciò che sia stato pagato spontaneamente (si parla soprattutto di soggetti ALIENI IURIS). Ovvio che non riguarda solo questa fattispecie, ma i giuristi partono da questo per costruire il caso generale.

ORIGINE DEL CONCETTO DI OBBLIGAZIONE
Ma l’obbligazione è nata prima nell’ambito dei contratti o dei DELITTI (fonte di obbligazione come il furto, l’ingiuria, il danno…)? Questi producono obbligazioni. Nell’ambito dei DELITTI è nato il concetto di responsabilità, prima dell’obbligazione. L’idea dell’obbligazione come DEBITO + RESPONSABILITA’ ha la sua origine nei contratti:

1)     NEXUM: vincolo attuale, già citato nei GESTA PER AES ET LIBRAM, il creditore dà al debitore grande quantità di beni pesandoli sulla bilancia, il debitore è subito assoggettato (nasce subito la RESPONSABILITA’).
2)     PRAEDES et VADES: antiche figure di garanti ritrovabili nelle antiche LEGIS ACTIONES, debito e responsabilità fanno capo a persone diverse (se l’attore, ovvero il debitore, non trasferisce i beni al convenuto, ovvero il creditore, il convenuto può agire contro i garanti).
3)     SPONSIO: atto più antico nel quale si può individuare un’obbligazione. Vincolo potenziale in cui debito e responsabilità gravano sulla stessa persona.
4)     INTRODUZIONE dell’esecuzione sul PATRIMONIO (bonorum venditi o).

LA PRESTAZIONE (il comportamento che deve tenere il debitore nei confronti del creditore)
Il suo contenuto può essere di vario tipo:

1)     DARE, trasferire la proprietà di un bene o costituire un diritto reale limitato (obbligazione di risultato). L’obbligazione è adempiuta solo nel momento in cui il debitore, proprietario di un bene, rende proprietario il creditore dello stesso bene. L’obbligazione del venditore non è di DARE.
2)     FACERE, comprende anche il NON FACERE, qualunque comportamento diverso dal DARE. Può essere un’attività materiale, ma può essere anche il compimento di un negozio giuridico. Il venditore è obbligato a porre in essere il negozio giuridico, ma non assicura il risultato.
3)     PRAESTARE, non è contenuto autonomo dell’obbligazione, è collegato ad un FACERE o ad un DARE e precisa le modalità dei primi due per giudicare se sono state correttamente eseguite.

Perché l’obbligazione sia valida, la prestazione deve essere:

1)     DETERMINATA o DETERMINABILE: “Mi devi tot…” oppure non è precisamente indicata, ma nel contratto ci sono gli elementi per determinarla in un futuro (si può anche lasciare la determinazione ad un terzo con ARBITRIO BONI VIRI).
2)     POSSIBILE: sia materialmente che giuridicamente, se un’obbligazione prevede qualcosa di impossibile, non è valida dall’inizio (deve essere una impossibilità oggettiva). Una impossibilità materiale si configura nel momento in cui qualcosa non esiste più in natura. Una impossibilità giuridica si configura nel momento in cui ci si inganna, per esempio: non si può trasferire la proprietà di un uomo libero o di una cosa extra commercium.
3)     LECITA: sarà nulla l’obbligazione contraria al buon costume, ad esempio.
4)     DI CONTENUTO PATRIMONIALE: l’interesse del creditore deve poter essere valutato in denaro, chiaro se rapportato al processo formulare. Se per esempio il mio vicino comincia a suonare il violino dalle 2 alle 3, quando io dormo. Come si fa a quantificare la mia utilità a fare il pisolino? Con una STIPULATIO POENAE: se si avvera la condizione che tu suoni il violino in quell’orario, sorge l’obbligazione e mi dai tot. Quello che io desidero è dedotto IN CONDICIONE (non in obbligazione).
Collegato con questo requisito, c’è divieto di promettere a favore di un terzo (oggi invece è valido, cfr. art. 1411 CC).   
5)     RELATIVA AD UN COMPORTAMENTO DEL DEBITORE: non posso promettere il comportamento di un terzo, quindi debito e responsabilità devono fare capo alla stessa persona (“nessuno si obbliga promettendo il fatto altrui”).

Obbligazioni divisibili: l’obbligazione può essere adempiuta con atti distinti.

Obbligazioni indivisibili: non possono essere adempiute parzialmente, sono indivisibili tutte le azioni di un FACERE (lo stesso per DARE o COSTITUIRE una servitù).

Obbligazioni alternative: di solito l’obbligazione ha una prestazione, ma si può anche diversificare le obbligazioni con più alternative possibili, che avrebbero soddisfatto il creditore in ogni caso (ovvio che nell’intentio deve comparire tutto, altrimenti si pretende una PLURIS PETITIO CAUSA, cioè si richieda di più di quanto si debba).

Obbligazioni generiche: la prestazione è unica ma non sono individuati i possibili oggetti della prestazione (le cose sono generiche, sono solo determinate le condizioni generiche dell’oggetto). Ovvio che il GENUS (genere) NUMQUAM (mai) PERIT (perisce). Ovvio che il genere “denaro” non perisce mai, non può mai diventare IMPOSSIBILE.


OBBLIGAZIONI CON PLURALITA’ DI SOGGETTI
-        Parziaria
o   Attiva, con più creditori, ognuno creditore di una quota
o   Passiva, con più debitori, ognuno debitore di una quota
-        Solidale, con più persone ma obbligazione che non si divide, prestazione dovuta IN SOLIDUM, per intero
o   ELETTIVE
§  Attive, c’è una scelta, abbiamo più creditori, ogni creditore può pretendere l’intera prestazione (quando anche solo uno paga, tutto il debito è estinto).
§  Passive, il creditore può decidere da quale debitore andare per chiedere tutto il credito.
o   CUMULATIVE
§  Attive
§  Passive, strettamente collegata all’obbligazione da delitto, poniamo che il furto sia commesso da tre complici, tutti e tre sono obbligati da furto, la pena si sostanzia nel pagamento di una somma di denaro che sia multiplo del rubato. Il derubato può chiedere a tutti e tre l’intero debito (tutti e tre vanno puniti).
Il regime di obbligazioni solidali si applica sempre alle obbligazioni indivisibili in caso di successione ereditaria tra più eredi.