Il contratto
può essere inteso come atto e come rapporto giuridico patrimoniale. Il rapporto
nascente dal contratto, ogni contratto è destinato a finire. Il rapporto
giuridico è destinato a durare nel tempo e il rapporto non ha più ragione di
esistere. In certi casi il rapporto contrattuale cessa anticipatamente, ovvero
viene interrotto. A questo fenomeno allude l’articolo 1372: il contratto può
cessare anticipatamente in due ordini di casi:
-
Mutuo consenso: accordo tra le parti (tra gli
stessi contraenti) con cui esse decidono di far cessare il patto contrattuale.
-
Cause ammesse dalla legge: il contratto cessa in
base ad un intervento del giudice o in base ad un diritto che si chiama di
recesso (ciò avviene in casi in cui interviene il giudice, ovvero di
risoluzione del contratto). Le tre figure sono:
o Inadempimento;
o Eccessiva
onerosità;
o Impossibilità
sopravvenuta.
Il diritto di
recesso è quel diritto che la legge accorda ad una delle parti o ad entrambe
che provoca lo scioglimento del contratto tramite dichiarazione unilaterale.
Solo una parte, con suo atto proprio, provoca lo scioglimento del contratto. Il
diritto di recesso può essere stabilito dai contraenti e accordato ad una delle
due parti o ad entrambe. L’articolo che in questo caso ci interessa è il 1373:
contratti di durata e ad esecuzione continuata/periodica. Questi sono contratti
in cui una parte esegue una prestazione continuativa (contratto di fornitura di
energia elettrica, del gas); i contratti ad esecuzione istantanea sono quei
contratti che si esauriscono in una sola volta. Il diritto di recesso può
essere esercitato sin tanto che il contratto non abbia cominciato ad essere
eseguito. Nei contratti ad esecuzione continuata, invece, la regola è diversa:
il contratto può essere sciolto tramite recesso anche quando l’esecuzione è
cominciata, ma non si può pretendere il recesso retroattivo. Queste regole sono
contenute nell’articolo 1373 commi I e II.
IL
DIRITTO DI RECESSO VA STUDIATO ASSIEME ALLA CAPARRA (domanda FREQUENTE).
La caparra è
una somma di denaro che viene consegnata da un contraente ad un altro
contraente al momento del contratto: la somma di denaro che io verso al
negoziante è una caparra. Se le cose vanno come devono la caparra va imputata
alla prestazione dovuta (un bene da 1000 euro deve venire ad esistenza: il
compratore verso 200 euro di CAPARRA e verserà gli altri 800 al momento della
consegna). Tutto questo è scritto nel codice civile all’articolo 1385 I comma. Se
una delle parti del contratto versa la caparra e l’altra non adempie agli
obblighi derivanti dal contratto, si verifica un problema: la caparra può
essere CONFIRMATORIA o PENITENZIARIA. In questo caso ci troviamo di fronte ad
un caso di CAPARRA CONFIRMATORIA: in questa ipotesi si colloca il caso di
mancata esecuzione delle prestazioni dovute. Qualora ciò accada, la parte NON inadempiente
ha tutti i rimedi che la legge mette a disposizione contro il contraente
infedele (risoluzione per inadempimento del contratto). Nell’ipotesi in cui sia
stata data campagna confirmatoria e una delle due non adempie, l’altra parte
può recedere dal contratto con una conseguenza ulteriore: se chi recede ha dato
la caparra, avrà diritto al doppio della caparra versata. Nel caso opposto, la
parte che ha ricevuto la caparra la può trattenere. L’EFFETTO DELLA CAPARRA E’
QUELLO DI ATTRIBUIRE UN DIRITTO DI RECESSO AL CONTRAENTE NON INADEMPIENTE: il
diritto di recesso ce l’ha nel caso in cui sia previsto nel contratto o nel
caso in cui abbia versato la caparra.
CAPARRA
PENITENZIALE
È una somma di
denaro versata da Tizio a Caio, legati da vincolo contrattuale: il contratto
già prevede il diritto di recesso (il diritto di recesso non è NON previsto
come nel primo caso). La differenza è che nel caso di caparra penitenziale il
diritto di recesso può essere esercitato nel momento in cui il contraente ci
ripensi e pensi di provocare lo scioglimento del contratto.
La caparra
penitenziale resta pur sempre una somma di denaro: la legge prevede una
ulteriore figura che si chiama MULTA PENITENZIALE. Articolo 1373 III comma:
qualora sia stata stipulata la prestazione di un corrispettivo per il recesso,
questa ha effetto quando la prestazione è eseguita. Se eserciterai il diritto
di recesso saranno versati i soldi previsti.
CLAUSOLA
PENALE (artt.1382 – 1384)
Clausola con
cui si conviene che in caso di inadempimento uno dei contraenti è tenuto ad una
determinata somma di denaro. Tizio e Caio si obbligano: Tizio deve fornire
materiali X a Caio entro il xy 2015. Tizio e Caio stabiliscono che per ogni
giorno di ritardo il debitore dovrà versare x euro di penale. L’utilità di questa
clausola penale riporta alla regola dell’articolo 1218 del CC: il debitore,
infatti, che non esegue l’adempimento dovuto, è tenuto al risarcimento del
danno. Questa è la RATIO. Questa, quindi, è un’azione giudiziale in cui si
applica il principio che riguarda l’onere della prova (art. 2697): bisogna
indicare la circostanza che costituisce fondamento del diritto fatto valere in
sede di domanda giudiziale. Il creditore ha l’onere di dimostrare il danno, il
credito e l’inadempimento. La cosa più difficile, naturalmente, è provare il
danno dato dal ritardo dell’inadempimento. La clausola penale fornisce una
quantificazione monetaria EX ANTE data dal danno dell’inadempimento. La norma
prevede che l’effetto sia quello di limitare il risarcimento a quello dell’importo
previsto dalla penale (art. 1382). La clausola penale però non viene mai
prevista per la seconda funzione che essa ha: solitamente l’importo previsto è
largamente superiore al danno conseguente da un normale ritardo
dell’inadempimento. Dato che il debitore sa che nell’ipotesi in cui non adempia
deve pagare una somma superiore in caso di inadempimento a titolo di
risarcimento del danno, allora il debitore è stimolato ad adempiere. Il che
genera un pericolo di abusi: una parte subisce la forza contrattuale dell’altra
parte. La penale viene inserita in contratti laddove c’è una disparità di forze
tra i contraenti. La legge prevede uno specifico rimedio contro questi abusi
all’articolo 1384: la penale può essere ridotta dal giudice se l’obbligazione è
stata eseguita in parte, oppure se l’ammontare della penale è MANIFESTAMENTE
eccessivo. Il giudice può ridurre la penale in questi due casi.
-
Esecuzione parziale: si pensi a che le parti
hanno stabilito che entro il 30 aprile deve essere consegnata una tonnellata di
rame e che se entro quella data non viene consegnata la quantità concordata, il
debitore paga 1.000.000 di euro di penale. Supponiamo che il debitore consegni
900 chili di rame: questo è adempimento parziale.
-
La penale è manifestamente eccessiva: il giudice
può ridurre equitativamente l’ammontare della penale.
Le parti
contraenti possono incidere sull’efficacia del contratto non soltanto
prevedendo la clausola di recesso, ma anche una clausola che condizioni gli
effetti del contratto. La condizione apposta agli effetti del contratto
consiste nell’apposizione di un evento FUTURO ed INCERTO (evento non ancora
verificatosi, di cui nessuno sa l’esito). Se l’evento è futuro ma non incerto,
il contratto non sarà sottoposto a condizione, ma a termine. Deve essere un
evento di cui non si sa nulla. La vendita è condizionata alla eventualità che
l’Italia vinca i prossimi mondiali di calcio, per esempio. La clausola che
vincola gli effetti del contratto prende il nome di clausola condizionale. La
condizione può essere:
-
Sospensiva, nel caso in cui gli effetti
cominciano a prodursi se ed in quanto l’effetto futuro ed incerto si verifichi;
-
Risolutiva, l’avvenuta condizione causa lo
scioglimento del contratto.
Nel contratto
condizionale c’è necessariamente, data la stessa nozione di condizione, un
periodo di tempo in cui non si sa se l’evento futuro ed incerto si verificherà
oppure no (da oggi a quando si verifica l’evento saremo nell’incertezza,
PENDENZA DELLA CONDIZIONE). Questo periodo provoca nei contraenti il dubbio
sulla produzione di effetti o sul fatto che tali effetti siano producibili o
meno. Nel caso di condizione sospensiva, il compratore si trova in una
situazione di poter diventare proprietario ma di non esserlo ancora. Nell’altro
caso, il venditore, che ha perso la proprietà della casa, potrebbe tornare in
proprietà della casa se l’Italia vincesse i prossimi Mondiali. C’è sempre,
quindi, uno dei due contraenti ad un interesse al verificarsi della condizione:
questo interesse giustifica un potere che durante la pendenza del termine
consiste nella possibilità di compiere atti conservativi sul bene (1353).
Il secondo
problema è la possibilità di compiere atti di disposizione sul bene già ceduto
sotto condizione: fino a che non si verifica l’evento, non si sa se il
contratto sarà efficace o meno. Si pone il problema di capire, quindi, se il
compratore sotto condizione risolutiva può o meno vendere il bene ad altri. Chi
ha comprato la casa è proprietario della casa ma colui il quale potrebbe
tornare proprietario si trova in una situazione di aspettativa dell’eventualità
di tornare proprietario della casa. La legge dice che chi ha venduto sotto
condizione sospensiva è sottoposto a stessa condizione della prima (Tizio vende
a Caio sotto condizione risolutiva; Caio ne diventa proprietario del bene. Caio
vuole vendere a Sempronio. Se vende, venderà a stessa condizione risolutiva con
cui Tizio ha venduto a Caio).
Terza regola
che riguarda la fase di pendenza della condizione: è una regola che si
riconduce al principio generale di buona fede. La clausola generale di buona
fede si incontra in caso di pendenza della condizione: è una finzione di
avveramento della condizione. Bisogna distinguere le condizioni a seconda del
tipo di evento dedotto:
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Condizioni CASUALI: il verificarsi non dipende
in alcun modo dalla volontà delle parti.
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Condizioni POTESTATIVE: rientra nella sfera di
controllo dei contraenti. Il verificarsi dipende da una volontà del contraente
che ha interesse al verificarsi dell’evento.
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Condizioni MISTE: sono condizione che dipendono
per il 50% dalle parti e per il 50% non dalle parti.
Può succedere
che una delle due parti non voglia l’avveramento dell’evento: Caio venderà a
Tizio la barca se Tizio riuscirà a correre da Treviso a Padova in due ore.
Tizio perde interesse e rallenta, compiendo la corsa in 3 ore. Art. 1359.
CONDIZIONI
ILLECITE/IMPOSSIBILI: le prime sono condizioni in cui l’evento dedotto in
condizione sia contrario a
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Ordine pubblico;
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Norme imperative;
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Buon costume.
La condizione
illecita rende nullo l’intero contratto.
Le seconde
possono essere SOSPENSIVE o RISOLUTIVE. Sono eventi che non potranno mai
verificarsi. Le parti non vogliono la compravendita, è evidente: se Caio dice
che venderà la casa a Tizio a condizione che Tizio salti 5 metri da fermo, esse
non vogliono il contratto. Il contratto, nel caso di condizione sospensiva, è
nullo.
Se è
risolutiva, il contratto non è affatto nullo: la condizione risolutiva
(impossibile) si considera non apposta.