mercoledì 5 novembre 2014

9^ LEZIONE DI DIRITTO PUBBLICO.

In questa lezione parleremo più approfonditamente degli articoli 138 e 139 della Costituzione.

Referendum abrogativo: articolo 75.

È necessario che vada al voto la maggioranza degli aventi diritto (i voti validi a favore del sì devono essere maggiori dei no).
Nell’articolo 138 non è richiesto un QUORUM partecipativo. Il costituente si accontenta di una attenzione del corpo sociale rispetto al disegno di legge costituzionale.
L’articolo 138 è costruito con un sistema rafforzativo per porre la Costituzione su un piedistallo, ovvero ponendola al vertice delle fonti di legge. 

L’articolo 139 ESPLICITAMENTE ci sta dicendo qualcosa circa la forma istituzionale e non la Forma di Stato. La differenza fondamentale tra Monarchia e Repubblica sta in:

1-     Il presidente della Repubblica è diverso dal monarca perché è eletto (nel caso italiano) indirettamente;

2-     Nella Monarchia il re è tendenzialmente tale a vita.

Implicitamente l’articolo 139 ha dei limiti: deve essere letto insieme all’articolo 1 della Costituzione perché qualifica la forma repubblicana (forma democratico repubblicana). La Costituzione, infatti, non può essere modificata nella prima parte, ma sì nella seconda (forma di governo).
Secondo altre letture il 139 va letto assieme all’articolo 2: questo ci sta dicendo che i diritti vanno riconosciuti all’uomo in quanto tale, indipendentemente dalla loro positivizzazione. Dove c’è l’uomo, c’è questo sistema di libertà.

Da un punto di vista FORMALE posso utilizzare l’articolo 138 per abrogare qualsiasi articolo. La Costituzione è:

-        Testo normativo;

-        Manifesto politico;

L’art. 76 = atto normativo non più di matrice solo parlamentare – ci occupiamo di atti normativi del governo. Gli articoli 76 e 77 disciplinano il decreto legislativo e il decreto legge. Essi hanno in comune:

-        Sia il DL che il DLGS sono atti del governo aventi forza di legge (non sono leggi formali, ma atti aventi forza e valore di legge) -- > criterio formale.

Sullo stesso piano della Legge frutto di attività parlamentare, noi troviamo il DL e il DLGS. Non sono leggi, ma hanno la stessa forza e lo stesso valore delle leggi. Il DL e il DLGS in quanto atti aventi valore e forza di legge, sono atti capaci di abrogare la legge (forza attiva) e a loro volta suscettibili di essere abrogati dalla legge (forza passiva).
Sono atti capaci di abrogare il regolamento governativo, ma non suscettibili di abrogazione da parte dei regolamenti governativi.

-        Sono atti approvati dal governo (l’iter di formazione è il medesimo, ridotto all’osso) -- > chi predisporrà un articolato? I ministri. (fase iniziativa)

-        Verrà posto al vaglio dei Consiglio dei Ministri (che può emendare) -- > approvazione del testo da parte del consiglio dei ministri (fase costitutiva)

-        Fase integrativa dell’efficacia (EMANAZIONE, come ci dice l’art. 87, e non promulgazione del Presidente).

Quali sono le peculiarità di ciascuno? L’articolo 76 contiene una litote (giungo ad un’affermazione tramite doppia negazione). -- > serve per sancire, ancora una volta, che il potere legislativo è del Parlamento.

martedì 4 novembre 2014

9^ LEZIONE DI ECONOMIA POLITICA.

In questa lezione parleremo della funzione di domanda, della razionalità del consumatore, del concetto di utilità e cercheremo di capire come si spiegano le scelte economiche di diversi attori economici.


In ascissa è rappresentatala domanda di un solo consumatore. 

La razionalità: il consumatore massimizza il proprio benessere ed ha una perfetta cognizione delle sue preferenze e dei beni che le soddisfano. Le scelte degli individui sono, naturalmente, razionali; stiamo parlando di individui capaci di intendere e di volere. L’individuo razionale segue il principio di utilità.
L’utilità è una variabile che viene creata nell’economia politica; Jeremy Bentham (filosofo dell’Utilitarismo ottocentesco) = capire la decisione umana sulla base di impulsi che la stimolano (l’uomo è guidato dal piacere, noi cerchiamo di rifuggire il dolore, il fastidio e il disagio). L’idea è quella di far IMPLODERE lo spazio delle scelte e ridurla solamente alla funzione utilità:
è la relazione che esiste tra l’ammontare del bene X di cui il consumatore può disporre e la soddisfazione U (utilità totale) che l’individuo ne riceve prende il nome di funzione di utilità e si indica con:

                  U = U(X).

Immaginiamo che il “Bene x” sia un bicchiere d’acqua e l’individuo sia molto assetato. Il primo bicchiere d’acqua dà un’utilità pari a 3,5. Il secondo dà un’utilità pari a 1,5.



Attenzione: studiamo l’utilità sulla domanda e non sul consumo (posso comprare tante casse d’acqua ma non è detto che io le consumi tutte in una volta).
Gli incrementi, si vede dal grafico, sono via via decrescenti.  

Sopra: utilità marginale (come cambia la pendenza di questa funzione, che prima è molto elevata e diventa sempre più bassa).
La variazione di utilità si calcola:

UMX = delta U / delta X.

La funzione di utilità è SOGGETTIVA. È irrazionale, comunque, continuare a chiedere BENE X se ormai sono saturo. Il marginalismo, quindi, cerca di esprimere con il concetto di utilità il concetto di valore d’uso che Smith riteneva fondamentale per spiegare l’economia scambista. Quando i beni sono sovrabbondanti, danno un’utilità minore.

COME SPIEGARE LO SCAMBIO?


Il signor A ha 10 fragole e 6 mirtilli. Costui ha anche delle funzioni di utilità. Ha un’utilità pari a 7 per i mirtilli e l’ultimo mirtillo gli ha dato un incremento di utilità pari a 0,8. Ha un’utilità per le fragole pari a 10, mentre un incremento di utilità pari a 0,3.

Il signor B ha 15 mirtilli e 5 fragole.

UTILITA’ mirtilli: 15 e INCREMENTO utilità: 0,2.

UTILITA’ fragole 6 e INCREMENTO utilità: 1,0.

Poniamo che A scambi una fragola con un mirtillo: perde Um 0,3 e guadagna Um 0,8. È conveniente per il signor A cedere una fragola e acquisire un mirtillo.

Il signor B cede un mirtillo e quindi perde 0,2. Ma acquisisce una fragola! E guadagna Um.

A incrementa U di 0,5 passando da 17 a 17,5 (7+10-0,3+0,8).

B incrementa U di 0,8 passando da 18 a 18,8 (6+12-0,2+1).

Non è vero, dunque, che finita la raccolta l’utilità è fissata. Lo scambio vale la pena? Non c’è nessun organo esterno che lo dica o lo imponga (è criterio SOGGETTIVO).  

In economia la forma di questa funzione di utilità non necessariamente deve comprendere un solo bene. Può anche essere una funzione U(X,Y,Z…).

Tutto questo ragionamento si scontra con un vincolo di bilancio: l’individuo, infatti, deve allocare un somma di denaro S in modo tale da massimizzare la sua utilità. Il problema economico, infatti, pone una somma di denaro LIMITATA. Devo operare delle scelte per ottimizzare la massima utilità, ma sempre con dei vincoli.

Il signore in questione è in dubbio se acquistare bene X o bene Y. Questo vincolo è espresso matematicamente:

S (budget, poniamo 300 ) =  Px * x + Py * y

Px = prezzo di x;

Py = prezzo di y. 



Se esplicitiamo la Y: y = S / Py – x * Px / Py  (per aiutare la rappresentazione)
Il vincolo di bilancio rappresenta una serie di combinazioni ideali per spendere il nostro BUDGET (acquistando in proporzioni varie X e Y). Il vincolo, però, non ci dice come MASSIMIZZARE le nostre funzioni di utilità.

Il rapporto fra i prezzi rappresenta la pendenza della retta “vincolo di bilancio” e mi dice a quanto di Y devo rinunciare per avere un’unità in più di X (dati i prezzi dei due).

Geometricamente se il nostro budget sale, la retta vincolo di bilancio sale (TRADE OFF), si sposta con un movimento rigido. Nel caso in cui il prezzo di un bene vari, varia la pendenza della retta.

COME SI SPIEGANO LE SCELTE ECONOMICHE?
L’individuo confronta costi e benefici di varie opzioni disponibili, con risorse limitate (vincolo di bilancio).
La valutazione, però, è complicata dal fatto che i benefici tratti dai beni di consumo hanno un andamento decrescente al crescere della quantità acquistata (la curva è funzione decrescente, anche perché se il bene costa di più il beneficio netto è inferiore).
La funzione di costo nostra ci dice che maggiore è la quantità di bene che acquistiamo maggiori sono i costi. Acquistiamo 0 beni? 0 €. Questo costo del bene x va confrontato con la funzione utilità (forma panciuta). Qual è la quantità ottimale per un bene x? Il Massimo rendimento del consumo del bene X è la massima distanza fra le due funzioni. La distanza è massima dove le due figure hanno la stessa pendenza.

La nostra utilità totale scende mano a mano che acquisto X (la tangente nel punto b(x) è uguale a quella della retta). La condizione è di uguaglianza della tangente (prendere le due derivate e trovare il punto di intersezione). Il beneficio marginale va ad incrociare il prezzo.

 Utilità m = Costo m (m=marginale). Prendo una brioche: beneficio marginale superiore ad 1€; prendo una seconda brioche: ancora beneficio marginale superiore ad 1€. Non ne prendo più? Il mio beneficio scende sotto l’euro (ovvero sotto il prezzo della brioche stessa). I benefici sono una funzione decrescente con l’aumento della quantità.
U1X / P(x) = U1Y / P(y) = U1Z / P(z) -- > proporzioni che devono essere rispettate per massimizzare il mio beneficio netto totale (nella spesa che io compio). È una proporzione, però, che non mi dice direttamente quanto X devo acquistare.