In questa lezione parleremo delle consuetudini.
Nessuna fonte può disporre di se
stessa attribuendosi una forza superiore a quella che le viene assegnata dalla
norma gerarchicamente superiore.
È la costituzione che ci dice
quali sono le fonti primarie. Quindi per il momento abbiamo preso in
considerazione le METANORME (le norme DOCENDI CAUSA). L’articolo 138,
l’articolo 70 e il 74…
Sono diverse dalle norme REGENDI
CAUSA. Alla fine della nostra piramide gerarchica troviamo le CONSUETUDINI.
CONSUETUDINI
È una fonte fatto (non ATTO).
Esprime una categoria giuridica generale. Fonte fatto: si producono degli
effetti, indipendentemente dalla volontà di persone singole. Entrambi (sia atto
che fatto) possono essere FONTI.
Le fonti sono, quindi, FATTORI
PRODUTTIVI DI REGOLE GIURIDICHE. L’atto è quella fonte produttiva di regole che
chiama in causa una pluralità di persone per regolamentare il decreto legge, il
DLGS…
La fonte fatto è diversa! Non ci
si mette a tavolino per produrle, ma v’è una situazione per cui
indipendentemente da un procedimento predefinito si arriva alla produzione di
certe regole.
Che cos’è una consuetudine?
-
USANZA;
-
COMPORTAMENTO;
-
PRASSI.
È innanzitutto una FONTE. La fonte fatto per
eccellenza è la consuetudine. Essa non è un atto, ma da questa nascono regole
giuridiche.
Deve essere ripetuto nel tempo?
In realtà non deve NECESSARIAMENTE ripetersi nel tempo:
-
USUS: è il fatto della ripetizione uniforme e
costante di un certo comportamento da parte di una pluralità di soggetti; il
primo elemento della consuetudine è l’USUS, non la DIUTURNITAS (che è la durata necessaria per far scattare la
OPINIO IURIS di cui sotto).
-
OPINIO IURIS AC NECESSITATIS: convinzione della
obbligatorietà del comportamento in questione. Spontaneamente il gruppo di
persone osserva sempre un medesimo comportamento.
-
DIUTURNITAS: è il tempo necessario a far sì che
una prassi diventi obbligatoria. Quel comportamento fa scattare la convinzione,
quindi, della sua obbligatorietà.
Esempi di consuetudine? Codice
civile articolo 892. Si parla di “usi” -- > consuetudini. Le persone,
quindi, si convincono che una certa regola sia razionale e quindi la osservano
uniformemente. A quel punto, consolidato l’uso, nasce una vera e propria regola
giuridica. Scatta la convinzione che sia obbligatorio fare quella certa azione.
Non c’è nessuna regola a monte
che fissi una determinata consuetudine; c’è giusto la regola che fissa le
consuetudini alla base della piramide gerarchica delle fonti. Le uniche
consuetudini accettate sono quelle richiamate da un regolamento o dalla legge
(sono SECUNDUM LEGEM e non CONTRA LEGEM).
Le consuetudini possono essere di
tre tipi:
-
Di diritto comune (vedi codice civile);
-
Internazionali;
-
Costituzionali.
CONSUETUDINI INTERNAZIONALI:
articolo 10 Costituzione, I comma. Disciplina consuetudinaria delle norme
internazionali (esso infatti riporta “norme generalmente riconosciute”). Stiamo
parlando per esempio del territorio nazionale marino (12 miglia marine
calcolate dalla linea mediana della più alta marea). Immediatamente, parlando
di consuetudini internazionali ci deve venire in mente l’articolo 10 il quale
ci dice che c’è una norma di automatico richiamo dell’ordinamento giuridico
italiano alla norma consuetudinaria.
Tale norma consuetudinaria (in
parole povere) entra di diritto nell’ordinamento giuridico italiano.
Naturalmente, questo procedimento automatico non vale per le norme non
consuetudinarie.
Queste ultime (tienilo bene a
mente) sono I TRATTATI (articolo 80 Costituzione) che vengono ratificati dal
Presidente della Repubblica previa autorizzazione del Parlamento.
Una norma interna non potrebbe
contrastare da quello di una consuetudine internazionale.
Una legge successiva potrebbe
derogare una legge di ratifica? Sì, sempre che sia previsto dal trattato.
Ma perché ai trattati e alle
consuetudini sono riservati due trattamenti completamente diversi? Perché
sostanzialmente le consuetudini sono nate con una modalità razionale (non vi
potrà mai essere una convenzione internazionale deleteria), mentre i trattati
hanno bisogno di essere discussi nel Parlamento, all’interno del quale matura
la dialettica maggioranza/opposizione.
Tutto il periodo dell’USUS si
chiama PRASSI. Questi diventano CONSUETUDINI quando scatta l’OPINIO IURIS ATQUE
NECESSITATIS (ovvero l’usanza diventa una vera e propria norma giuridica).
CONSUETUDINI COSTITUZIONALI: prendendo
ad esempio l’articolo 92 Costituzione II comma troviamo una consuetudine
costituzionale. L’articolo 92 è fortemente arricchito da una consuetudine
costituzionale che ci dice che:
-
Il Presidente della Repubblica procede alle consultazioni
prima di nominare il Presidente del Consiglio dei Ministri -- > a cosa è
teso? Per riuscire ad ottenere la fiducia in Parlamento. Si è costruito
qualcosa che l’articolo 92 non prescrive (le consultazioni) -- > OPINIO
IURIS -- > regola, norma. Una legge potrebbe avere un contenuto contrario
alla consuetudine costituzionale? No, perché la consuetudine, arricchendo la
Costituzione, assume la forza della Costituzione. Dobbiamo, però, ammettere che
la nostra Costituzione (pur essendo rigida) può essere arricchita dalle
consuetudini (che non possono essere CONTRA LEGEM). Questa presa in esame è una
CONSUETUDO PRAETER LEGEM.
Possono (in sintesi) essere:
-
SECUNDUM LEGEM;
-
PRAETER LEGEM.
Non possono mai essere:
-
CONTRA LEGEM.
Non è sempre vero, in sostanza,
che la consuetudine occupa l’ultimo grado della scala gerarchica, perché questo
è vero solo per le CONSUETUDINI DI DIRITTO COMUNE (ma non per quelle
internazionali né quelle costituzionali). ORA BISOGNERA’ CONOSCERE I CRITERI DI
RISOLUZIONE DELLE ANTINOMIE. Essi sono:
a)
INTERPRETAZIONE;
b)
CRONOLOGICO;
c)
GERARCHICO.
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