martedì 18 novembre 2014

16^ LEZIONE DI DIRITTO PUBBLICO.

In questa lezione parleremo delle consuetudini.

Nessuna fonte può disporre di se stessa attribuendosi una forza superiore a quella che le viene assegnata dalla norma gerarchicamente superiore.
È la costituzione che ci dice quali sono le fonti primarie. Quindi per il momento abbiamo preso in considerazione le METANORME (le norme DOCENDI CAUSA). L’articolo 138, l’articolo 70 e il 74…
Sono diverse dalle norme REGENDI CAUSA. Alla fine della nostra piramide gerarchica troviamo le CONSUETUDINI.
CONSUETUDINI
È una fonte fatto (non ATTO). Esprime una categoria giuridica generale. Fonte fatto: si producono degli effetti, indipendentemente dalla volontà di persone singole. Entrambi (sia atto che fatto) possono essere FONTI.
Le fonti sono, quindi, FATTORI PRODUTTIVI DI REGOLE GIURIDICHE. L’atto è quella fonte produttiva di regole che chiama in causa una pluralità di persone per regolamentare il decreto legge, il DLGS…
La fonte fatto è diversa! Non ci si mette a tavolino per produrle, ma v’è una situazione per cui indipendentemente da un procedimento predefinito si arriva alla produzione di certe regole.
Che cos’è una consuetudine?

-        USANZA;

-        COMPORTAMENTO;

-        PRASSI.

È innanzitutto una FONTE. La fonte fatto per eccellenza è la consuetudine. Essa non è un atto, ma da questa nascono regole giuridiche.
Deve essere ripetuto nel tempo? In realtà non deve NECESSARIAMENTE ripetersi nel tempo:

-        USUS: è il fatto della ripetizione uniforme e costante di un certo comportamento da parte di una pluralità di soggetti; il primo elemento della consuetudine è l’USUS, non la DIUTURNITAS (che è la durata necessaria per far scattare la OPINIO IURIS di cui sotto).

-        OPINIO IURIS AC NECESSITATIS: convinzione della obbligatorietà del comportamento in questione. Spontaneamente il gruppo di persone osserva sempre un medesimo comportamento.

-        DIUTURNITAS: è il tempo necessario a far sì che una prassi diventi obbligatoria. Quel comportamento fa scattare la convinzione, quindi, della sua obbligatorietà.

Esempi di consuetudine? Codice civile articolo 892. Si parla di “usi” -- > consuetudini. Le persone, quindi, si convincono che una certa regola sia razionale e quindi la osservano uniformemente. A quel punto, consolidato l’uso, nasce una vera e propria regola giuridica. Scatta la convinzione che sia obbligatorio fare quella certa azione.
Non c’è nessuna regola a monte che fissi una determinata consuetudine; c’è giusto la regola che fissa le consuetudini alla base della piramide gerarchica delle fonti. Le uniche consuetudini accettate sono quelle richiamate da un regolamento o dalla legge (sono SECUNDUM LEGEM e non CONTRA LEGEM).

Le consuetudini possono essere di tre tipi:

-        Di diritto comune (vedi codice civile);

-        Internazionali;

-        Costituzionali.

CONSUETUDINI INTERNAZIONALI: articolo 10 Costituzione, I comma. Disciplina consuetudinaria delle norme internazionali (esso infatti riporta “norme generalmente riconosciute”). Stiamo parlando per esempio del territorio nazionale marino (12 miglia marine calcolate dalla linea mediana della più alta marea). Immediatamente, parlando di consuetudini internazionali ci deve venire in mente l’articolo 10 il quale ci dice che c’è una norma di automatico richiamo dell’ordinamento giuridico italiano alla norma consuetudinaria.

Tale norma consuetudinaria (in parole povere) entra di diritto nell’ordinamento giuridico italiano. Naturalmente, questo procedimento automatico non vale per le norme non consuetudinarie.
Queste ultime (tienilo bene a mente) sono I TRATTATI (articolo 80 Costituzione) che vengono ratificati dal Presidente della Repubblica previa autorizzazione del Parlamento.
Una norma interna non potrebbe contrastare da quello di una consuetudine internazionale.
Una legge successiva potrebbe derogare una legge di ratifica? Sì, sempre che sia previsto dal trattato.
Ma perché ai trattati e alle consuetudini sono riservati due trattamenti completamente diversi? Perché sostanzialmente le consuetudini sono nate con una modalità razionale (non vi potrà mai essere una convenzione internazionale deleteria), mentre i trattati hanno bisogno di essere discussi nel Parlamento, all’interno del quale matura la dialettica maggioranza/opposizione.
Tutto il periodo dell’USUS si chiama PRASSI. Questi diventano CONSUETUDINI quando scatta l’OPINIO IURIS ATQUE NECESSITATIS (ovvero l’usanza diventa una vera e propria norma giuridica).

CONSUETUDINI COSTITUZIONALI: prendendo ad esempio l’articolo 92 Costituzione II comma troviamo una consuetudine costituzionale. L’articolo 92 è fortemente arricchito da una consuetudine costituzionale che ci dice che:

-        Il Presidente della Repubblica procede alle consultazioni prima di nominare il Presidente del Consiglio dei Ministri -- > a cosa è teso? Per riuscire ad ottenere la fiducia in Parlamento. Si è costruito qualcosa che l’articolo 92 non prescrive (le consultazioni) -- > OPINIO IURIS -- > regola, norma. Una legge potrebbe avere un contenuto contrario alla consuetudine costituzionale? No, perché la consuetudine, arricchendo la Costituzione, assume la forza della Costituzione. Dobbiamo, però, ammettere che la nostra Costituzione (pur essendo rigida) può essere arricchita dalle consuetudini (che non possono essere CONTRA LEGEM). Questa presa in esame è una CONSUETUDO PRAETER LEGEM.
Possono (in sintesi) essere:

-        SECUNDUM LEGEM;

-        PRAETER LEGEM.

Non possono mai essere:

-        CONTRA LEGEM.

Non è sempre vero, in sostanza, che la consuetudine occupa l’ultimo grado della scala gerarchica, perché questo è vero solo per le CONSUETUDINI DI DIRITTO COMUNE (ma non per quelle internazionali né quelle costituzionali).  ORA BISOGNERA’ CONOSCERE I CRITERI DI RISOLUZIONE DELLE ANTINOMIE. Essi sono:
a)     INTERPRETAZIONE;
b)     CRONOLOGICO;
c)     GERARCHICO.

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