giovedì 4 dicembre 2014

25^ LEZIONE DI ISTITUZIONI DI DIRITTO ROMANO.

In questa lezione parleremo di inadempimento, dei criteri di imputabilità dell'inadempimento, della MORA e del risarcimento del danno.

L’INADEMPIMENTO

Il debitore che non adempie la prestazione viola un obbligo e commette perciò un illecito: incorre dunque in responsabilità ed è assoggettabile all’azione esecutiva, dopo che vi sia stata una sentenza di condanna nel processo di cognizione che abbia accertato:

1)     L’esistenza dell’obbligo;

2)     L’inadempimento dello stesso;

3)     L’imputabilità dell’inadempimento al debitore (non sempre il fatto di non adempiere gli è addebitabile: per esempio il debitore di uno schiavo: prima della consegna lo schiavo muore, non esiste più in natura PRIMA del termine per l’adempimento). Sarebbe iniquo, se l’inadempimento non è imputabile al debitore stesso, incolpare quest’ultimo.

Il creditore che non ha ottenuto la soddisfazione voluta, potrà chiedere un risarcimento del danno (azione REI PERSECUTORIA). Ci deve essere, prima di ottenere il risarcimento, una sentenza di condanna del debitore (sarà condannato solamente se verificate le tre condizioni sopra-citate).

L’INADEMPIMENTO può essere di due tipi:
  1. DEFINITIVO, impossibilità sopravvenuta della prestazione (tipico è il caso del perimento del bene dovuto). Il rapporto di debito scompare (salvo essere fittiziamente conservato tramite la PERPETUATIO OBLIGATIONIS) e si trasforma in responsabilità. Vi rientra anche l’ipotesi della SOPRAVVENUTA MANCANZA DI INTERESSE DEL CREDITORE: come per esempio nel caso della scadenza di un termine essenziale.
  2. RITARDO NELL’ADEMPIMENTO, tecnicamente la MORA. Omissione o scorrettezza della prestazione. Il creditore può essere ancora soddisfatto, nonostante il debitore abbia adempiuto male. Si parla di MORA DEBENDI (il debitore è in ritardo).

  1. PRIMA IPOTESI: se la prestazione diventa impossibile in seguito, pur essendo possibile all’inizio, il rapporto di debito SCOMPARE. Devo lo schiavo Stico a Tizio, Stico muore, cade l’obbligazione. In diritto romano il creditore come unica azione ha l’azione propria del RAPPORTO OBBLIGATORIO (azione da contratto, per semplificare). Il creditore, quindi, sa che potrà ottenere solamente un equivalente pecuniario (ad esempio tramite l’ACTIO STIPULATU).

    I giuristi romani, così, ideano la cosiddetta PERPETUATIO OBLIGATIONIS: l’obbligazione si perpetua se è dipeso dal debitore che la cosa non sia stata data (se l’impossibilità sopravvenuta della prestazione è dipesa dal debitore, c’è nesso causale tra impossibilità ed attività del debitore: ad esempio il debitore uccide lo schiavo che deve dare al creditore). Se lo fa apposta, quindi, grazie a questa finzione, il creditore può ancora pretendere dal debitore l’obbligazione. Questa cesserà soltanto quando verrà esperita l’azione (con la LITIS CONTESTATIO): l’obbligazione verrà poi esperita con la sentenza di condanna.

    Ma come si fa a definire l’imputabilità di inadempimento? Tramite i criteri di imputabilità SOGGETTIVI ed OGGETTIVI. Essi variano a seconda del tipo di contratto che è stato stipulato. Si applica un criterio diverso a seconda di vari elementi.

CRITERI DI IMPUTABILITA’ DELL’INADEMPIMENTO

-        FACTUM DEBITORIS: si imputa al debitore una impossibilità dell’adempimento a causa di un’azione voluta del debitore (c’è stata un’azione volontaria del debitore per il perimento del bene). Nel caso in cui il debitore non porti dal medico lo schiavo malato oggetto di obbligazione, il creditore non ha alcuna azione perché non è provata l’intenzione del debitore di far perire lo schiavo (non c’è il fatto);

-        DOLUS: criterio di volontarietà del comportamento e dell’evento dannoso da esso provocato. Tutti i debitori rispondono di dolo. Il debitore, quindi, provoca volontariamente l’impossibilità. Quando l’impossibilità dipende da dolo, qualunque debitore risponde. Nullo è anche il patto che potrebbe essere dato dal creditore in cui si dica che non chiamerebbe comunque in giudizio il debitore che avesse distrutto l’oggetto di debito. Qualcuno risponde solo di dolo: nel contratto di deposito, per esempio, è gratuito (chi custodisce il bagaglio, per esempio, non riceve soldi). Il depositario è un esempio di debitore che risponde solo in caso di impossibilità sopravvenuta DOLOSA.

-        CULPA: si va a valutare la condotta del debitore. Il debitore, in pratica, non prevedeva che da una certa attività sarebbe derivato perimento dell’oggetto di debito. Comunque il comportamento risulta non diligente (non è conforme al BONUS VIR). Manca semplicemente la previsione della conseguenza derivante da un comportamento negligente (ad esempio lo schiavo sta male e il debitore non chiama il medico; IMPERITIA nel caso in cui si “operi” senza avere le competenze necessarie) od imprudente (mancanza di attenzione nel compiere un’azione).

o   LATA: “non capire quello che tutti capiscono”, situazione in cui il debitore non vuole l’impossibilità, ma ha una negligenza talmente grossolana, che si rende colposo (è equiparata al dolo) -- > oggi si chiama COLPA GRAVE. Rispetto al dolo, comunque, è molto diversa (dire che è equiparata al dolo significa dire che chi è incolpato di dolo è anche incolpato di colpa grave).

o   LEVIS: è la colpa normale e può essere

§  IN ABSTRACTO, facendo il confronto con l’uomo di media correttezza;

§  IN CONCRETO, confrontando il comportamento del debitore con il comportamento del debitore stesso nella gestione dei propri affari. Chiedendo questa DILIGENTIA IN CONCRETO QUAM IN SUIS chiedo “qualcosa di più”: si chiede soprattutto nel caso di impossibilità sopravvenuta nel caso di una società.

-        CUSTODIA: ci sono dei debitori che tengono a proprio vantaggio IN MODO GRATUITO una cosa altrui e sono obbligati a restituirla. L’esempio tipico è il contratto di COMODATO: anche oggi è un contratto essenzialmente gratuito (il comodante presta una cosa al comodatario perché se ne serva, senza pagare nessun corrispettivo). Per riequilibrare questa situazione, il debitore in caso di impossibilità risponde di: dolo, colpa e caso fortuito. Il debitore può essere chiamato a rispondere anche di fatti che non dipendano da lui, ma che sarebbero stati oggettivamente sarebbero stati nella sua sfera di controllo, come un furto od un danneggiamento. È un criterio di RESPONSABILITA’ OGGETTIVA. L’unico limite è la FORZA MAGGIORE, come una violenza a cui non si può resistere (rapina a mano armata, un’alluvione…).

A guidare il giudice nella scelta del criterio da applicare al caso concreto spesso è il principio dell’UTILITAS CONTRAHENTIUM (dove pende la bilancia dell’utilità).
PONENDO IL CASO IN CUI IL DEBITORE SIA IN RITARDO:
MORA SOLVENDI: -- >

  1. Ex persona: occorre l’interpellatio, il creditore deve, cioè, chiedere la prestazione (atto di messa in mora);
  2. Ex re:
    1. Obbligazione da delitto: nel furto il debitore è subito in mora;
    2. Obbligazioni sottoposte a termine iniziale: dando del denaro a mutuo e ponendo che scadano dopo 6 mesi, scaduto questo tempo, il debitore è immediatamente in mora.
MORA del debitore: conseguenze.
  1. Aggravamento del rischio: il debitore risponde sempre di custodia nel caso in cui sia già in mora e subentri l’impossibilità di adempimento a causa del perimento della cosa.
  2. Il debitore deve i frutti ed interessi in mora: se la cosa che devo è una somma di denaro, il debitore deve gli interessi dal giorno della mora (se il debitore adempie in questo modo, PURGA la mora).
Il creditore, dicevamo nella precedente lezione, può rifiutare un adempimento parziale. Quanto sia fatta richiesta di adempimento completo, il creditore potrebbe non collaborare all’adempimento della prestazione. In questi casi è il creditore IN MORA. La mora del creditore ha come conseguenza il contrario della mora del debitore: si alleggerisce la condizione del debitore. Dopo la mora del creditore, il debitore, per eventuale impossibilità sopravvenuta, risponderà solo con criterio di DOLO. La mora del creditore, comunque, non sgrava il debitore.
Si istituisce, per evitare mora del creditore, il DEPOSITO STATALE: il debitore può depositare presso un ufficio pubblico la somma, e così rende determinata l’obbligazione (la somma ammonta ai soldi depositati). Se l’ufficio dovesse essere fatto oggetto di furto, peggio per il creditore.

RISARCIMENTO DEL DANNO

Quando l’inadempimento è imputabile al debitore, egli risarcisce. Ma come si quantifica il danno? Le parti possono preventivamente stabilire il risarcimento del danno (se tu debitore non farai questo, allora…). Si fa quindi una STIPULATIO POENAE PROPRIA. Se non c’è questa previsione, la determinazione del risarcimento varia a seconda del tipo di obbligazione e a seconda dell’azione che la tutela.
  1. QUANTA EA RES FUIT-EST-ERIT: poteva essere commisurato al valore di mercato (senza tener conto dell’interesse concreto dell’attore ad avere la cosa) della cosa oggetto della prestazione al momento della LITIS CONTESTATIO o in un momento precedente o anche al momento della sentenza.
  2. ID QUOD INTEREST: nei giudizi di buona fede poteva essere valutato l’interesse che il creditore aveva a quella prestazione, ovvero che fosse eseguita correttamente nel tempo richiesto. Si pone l’ipotetica situazione patrimoniale del creditore se avesse ricevuto l’adempimento corretto e si sottrae la situazione patrimoniale effettiva. Si ottiene così un vero e proprio risarcimento del danno. Questo criterio tende ad essere poi esteso a tutti i rapporti obbligatori.      
    Si parla così di INTERESSE POSITIVO, nel quale rientrano sia le perdite sofferte (DAMNUM EMERGENS) sia, seppur con maggior prudenza, il mancato guadagno (LUCRUM CESSANS).

    Si parla anche di interesse negativo in riferimento alla responsabilità PRECONTRATTUALE: una parte confidava nella conclusione del contratto (che però è viziato). Si conclude quindi un contratto in cui una delle due parti è a conoscenza del vizio del contratto (è in malafede). Si parla, per esempio, di una cosa EXTRA COMMERCIO (Colosseo…). 

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