giovedì 4 dicembre 2014

25^ LEZIONE DI DIRITTO PUBBLICO.

In questa lezione parleremo di fonte comunitaria in relazione a fonte statale e del "primato" come criterio di risoluzione delle antinomie tra norma statale e comunitaria.

1)     PRIMATO DELLA FONTE COMUNITARIA sulla fonte statale;

2)     Effetto diretto + diretta applicabilità.

Qual è il corollario del regolamento per come si pone? È DIRETTAMENTE APPLICABILE nello stato membro. Il regolamento deve essere applicato negli stati interni senza bisogno di atto di recepimento. Il trattato consente che le istituzioni europee possano adottare fonti direttamente applicabili negli stati membri.

Questa è una MACRODEROGA rispetto all’articolo 80 Cost: se in gioco ci sono fonti diverse da quelle dell’ordinamento italiano c’è bisogno di un atto di ratifica. Se l’Italia stipula un trattato con gli USA, quel trattato non è idoneo ad entrare in automatica nel nostro ordinamento. Altre fonti internazionali, quali le consuetudini UE, non hanno bisogno di atto di recepimento.
Ogni Stato munito di sovranità accetta che un organismo diverso, accetti che una fonte sia direttamente applicabile in ogni stato membro della UE. Questo riflette un po’ il funzionamento di un enorme stato federale. Con la fondazione della UE si voleva formare anche unità politica (non solo economica). La diretta applicabilità riguarda quelle fonti che disciplinano una materia nella sua interezza e definisce l’operatività diretta in ogni stato membro.

Può una direttiva essere direttamente applicabile? No, perché strutturalmente pone solo degli obiettivi. Ma cosa è successo come conseguenza? La non tempestiva disciplina della direttiva generale. L’UE definirà delle direttive auto-applicative, che contengano, quindi, non solo obiettivi, ma anche principi dettagliati. Tutto è diventato disciplina compiuta. Questo a fronte della inerzia degli stati nel dare attuazione alla fonte direttiva. Affermo, dunque, che quando la direttiva è auto-applicativa, quella direttiva si caratterizza per effetto diretto (riconosco che diventa obbligatoria la sua osservanza e la sua applicazione).

La diretta applicabilità può essere tirata in ballo solo se si parla di regolamento.
L’effetto diretto è una caratteristica EVENTUALE, che dipende dalla natura della direttiva: se è classica, si rivolge agli stati solo nella parte degli obiettivi; se invece definisce anche il particolare, essa è dotata di effetto diretto (sentenza Corte di Giustizia). Se la direttiva è auto applicativa, DEVE ESSERE RICONOSCIUTO l’effetto diretto (ma non è caratteristica essenziale della direttiva).
IL PRIMATO
Oggi le fonti comunitarie (quando si parla di primato si parla di: regolamenti, direttive auto applicative) sono caratterizzate dal cosiddetto primato. Il fatto che l’Italia abbia ratificato il trattato, chiarisce che le fonti comunitarie sono prevalenti sulle fonti interne (comprese le fonti costituzionali). La Corte costituzionale ci dice che l’importante è che le fonti esterne non prevalgano sui principi fondamentali della Costituzione.

La fonte comunitaria prevale sulla fonte interna. Ma qual è la forma della prevalenza?

a)     La fonte comunitaria deve prevalere sulla fonte interna;

b)     La Corte costituzionale afferma che la prevalenza si esprime sotto-forma di criterio cronologico (forma dell’abrogazione); se nel tempo T1 ho una legge che è antinomica rispetto ad un regolamento comunitario nel tempo T2, il regolamento abroga la legge del tempo T1. Perché questa idea non andò bene alla Corte di Giustizia? Perché se fosse stato applicato il criterio cronologico, il parlamento, dopo l’abrogazione della legge del T1 ad opera del regolamento del tempo T2, avrebbe riapprovato la stessa legge del tempo T1 a contrasto del regolamento, che sarebbe di conseguenza stato abrogato;

c)     La Corte Costituzionale allora arrivò a dire che il criterio di risoluzione delle antinomie sarebbe stato quello gerarchico. Sarebbe stata dichiarata l’illegittimità costituzionale della fonte interna e la conseguente annullabilità. Ma se il criterio è quello gerarchico, l’unico giudice abilitato a dichiararla tale sarebbe stata la Corte Costituzionale, lasciando, nel frattempo, inefficace la norma internazionale.  

d)     Il criterio da utilizzare è il criterio di COMPETENZA. Il criterio della competenza è QUEL CRITERIO DI RISOLUZIONE DELLE ANTINOMIE IN RAGIONE DEL QUALE SI GUARDA ALLE FONTI IN GIOCO E SI ATTRIBUISCE PREVALENZA ALLA NORMA CHE DEVE DISCIPLINARE QUELLA MATERIA. Le competenze individuate dal trattato devono prevalere in base alle clausole ivi contenute. Il criterio di competenza viene usato:

a.     Per risolvere antinomia tra fonte statale e regionale;

b.     Per risolvere antinomia tra fonte interna e fonte comunitaria.

In base all’articolo 117 II comma lo stato ha competenza esclusiva su alcune materie. Se una regione disciplina una materia di competenza esclusiva statale, prevarrà la legge statale su quella regionale (la quale diventa ILLEGITTIMA). Questo si ritrova tutto nell’articolo 127 della Costituzione. Lo stato può promuovere la questione di legittimità costituzionale dinanzi alla Corte, ma lo stesso può fare la regione.

ILLEGITTIMITA’ DI UNA FONTE CHE HA PRETESO DI DISCIPLINARE UNA MATERIA CHE NON E’ DI SUA COMPETENZA.

Il criterio di competenza non è altro, in sostanza, che un criterio gerarchico mascherato (perché anche il criterio di competenza porta ad illegittimità). Ma chi definisce l’ordine delle competenze? La Costituzione nell’articolo 117.
Se la fonte interna fa qualcosa che il trattato non permette, prevale la fonte comunitaria. Il criterio secondo la Corte Costituzionale è uguale a quello preso in considerazione tra Stato e Regioni. Non si può pensare, infatti, che la fonte comunitaria prevalga su quella interna su base costituzionale, perché non posso accettare che il tutto venga dichiarato dalla Corte Costituzionale (con tempi troppo lunghi).

Si passa quindi all’OBBLIGO DI DISAPPLICAZIONE DELLA FONTE INTERNA e conseguente APPLICAZIONE DELLA FONTE COMUNITARIA. Per fare questo basta un qualsiasi giudice, addirittura basta un qualsiasi INTERPRETE.
Nella DISAPPLICAZIONE c’è idea di DISVALORE, la non-applicazione non ha questa idea. Ma solitamente non c’è grande differenza. Il risultato non cambia.
L’ordinamento interno adotta propri atti; ma se in gioco ci sono due ordinamenti distinti e si chiede che l’Italia riconosca la superiorità della fonte comunitaria su quella interna, l’ordinamento italiano si trova davanti al FATTO. La corte italiana non può che prendere ATTO del FATTO che esiste superiorità della fonte comunitaria su quella italiana. Quelli comunitari non si chiameranno più ATTO NORMATIVO ma FATTO NORMATIVO.

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