giovedì 1 gennaio 2015

31^ LEZIONE DI ECONOMIA POLITICA.

In questa lezione parleremo del commercio internazionale, del mercato dei cambi e dell'equilibrio della bilancia dei pagamenti, della globalizzazione e della UE.

IL COMMERCIO INTERNAZIONALE

La bilancia dei pagamenti: contabilità di entrate ed uscite con l’estero. Una parte guarda al capitale, una parte ai flussi (indica il complesso delle rendicontazioni). Avrà un suo saldo. Non è da confondere con la bilancia commerciale. La bilancia dei pagamenti si compone di:
-        Movimenti di capitali (spostamento di denaro dal paese di origine ad altro paese, bisogna specificare se è mero spostamento di capitale, per il pagamento di un bene, o deve essere interpretato come flusso);
-        Flussi (a beneficio di qualcuno).
Il denaro capitale dal denaro flusso non è molto facile distinguere. Movimento di capitale: e.g. un’azienda che delocalizza la propria produzione.
Non è quindi facile distinguere tra BENI E SERVIZI (prestazioni e controprestazioni) e TRASFERIMENTI. I trasferimenti sono UNILATERALI (le rimesse degli emigranti, per esempio), i BENI E SERVIZI no.
Servizi da capitale: turismo, trasporti.
Bilancia commerciale: macchinari per la produzione, esportazioni, abbigliamento, mobili (nel caso italiano). Beni tendenzialmente materiali, agricoli e industriali.
Equazione della domanda aggregata: il termine NX (di Y = C + G + I + NX) è la differenza fra import ed export di beni e servizi.
L’esportazione è legata alla competitività; l’importazione è funzione del reddito Y (l’importazione cresce al crescere del reddito). È data dalla capacità dell’industria di vendere merci sul mercato internazionale.

Il tutto deve essere favorito anche dal tasso di cambio diretto (exr): 1€ = 1.31$ (indiretto 1$ = 0.76€).
Tasso di cambio reale effettivo: exr*(P/P*), ovvero tiene conto del rapporto tra livello di prezzi interni ed esteri (media ponderata per i flussi di scambi) -- > è indicatore della competitività.

MERCATO DEI CAMBI ED EQUILIBRIO DELLA BILANCIA DEI PAGAMENTI

Se la bilancia dei pagamenti è in attivo (se l’Europa ha una bilancia in attivo, sta esportando beni europei e sta importando, in quota inferiore, beni extra europei). Se molti extra europei acquistano Porsche, poniamo, c’è un’alta domanda di euro. La domanda di euro è superiore all’offerta di euro (sul mercato valutario), così l’euro si apprezza. Ma se accade questo, le merci europee diventano più care su ogni mercato extra europeo. Di conseguenza calano le esportazioni europee e la Bilancia dei pagamenti torna in pareggio.
I paesi “FURBI” permettono ai paesi esteri di acquistare beni con la valuta del paese compratore. In questo modo il paese venditore andava a investire nel debito pubblico del paese compratore (esempio tipico: Americani che acquistano beni giapponesi con i dollari; il Giappone allora e la Cina oggi, comprano debito pubblico Americano).
Può anche avvenire che la bilancia dei pagamenti non torni in equilibrio perché la politica monetaria e quindi i tassi di interesse influenzano i movimenti dei capitali. Grande masse di capitali finanziari si spostano in funzione del rendimento dei titoli non rischiosi (titoli di stato). Ciò fa sì che, in caso di politiche monetarie restrittive, la bilancia dei pagamenti possa registrare un attiva anche se la bilancia commerciale è in deficit.

IDENTITA’ MACROECONOMICHE E SQUILIBRI CARATTERISTICI

(S – I) = (G – T) + (E – M)
Da questa equazione posso individuare alcuni problemi: lo squilibrio tra risparmio ed investimento si ripercuote nella somma degli squilibri del bilancio pubblico ed in quello con l’estero.

LA GLOBALIZZAZIONE
Perdita di identità di un’economia dovuta al fatto che capitale e lavoro possono muoversi liberamente in uno spazio ampio. Tende ad uniformare il livello di retribuzione al livello internazionale.
Abbiamo già affrontato il problema del sistema monetario internazionale: i tassi di cambio tra diverse valute erano fissi fino agli anni ’70. Da quel momento in poi i tassi di cambi diventano variabili: le banche, prima, dovevano avere grandi riserve di valute, perché non sempre gli squilibri vanno nello stesso senso.

L’UNIONE EUROPEA
Nata come area di libero scambio, su pressione di Confindustria europea a metà degli anni ’80, è diventata qualcosa di più. Totale disintegrazione politica, a fronte di un’unione monetaria. Non avendo più una Banca Centrale Italiana, non c’è più una politica monetaria italiana, ma solo europea. La differenza di problemi presente nelle diverse aree, non permette un’economia unificata (darebbe stabilità). La situazione è quella di un’economia troppo differenziata.
La BCE si sofferma di più sul controllo dell’inflazione, pur essendo scritto nero su bianco che può determinare la politica economia europea. L’unica grande battaglia della BCE è quella di controllare e garantire il livello dei prezzi dell’euro. La moneta deve essere forte e l’inflazione deve essere bassa o nulla.
Le politiche fiscali vengono coordinate non per fare una politica fiscale a livello europeo, ma per coordinare le politiche fiscali mirate a tenere sotto controllo il debito pubblico. Se si spende troppo la BCE stringe i cordoni e si fa subito in recessione.
Il fiscal compact ci dice, quindi, che c’è bisogno di rigore sulle politiche del bilancio. Come si può fare? Deprezzando il costo del lavoro. La BCE, inoltre, controlla la solidità patrimoniale delle banche per evitare crisi finanziarie.
La BCE vorrebbe fare degli interventi orientati alla stabilità finanziaria, limitati dalle perplessità di stati nordici (ma anche dalla Germania). L’unica medicina è la liberalizzazione del mercato di lavoro. 

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