In questa lezione parleremo del commercio internazionale, del mercato dei cambi e dell'equilibrio della bilancia dei pagamenti, della globalizzazione e della UE.
IL COMMERCIO INTERNAZIONALE
La bilancia dei pagamenti:
contabilità di entrate ed uscite con l’estero. Una parte guarda al capitale,
una parte ai flussi (indica il complesso delle rendicontazioni). Avrà un suo
saldo. Non è da confondere con la bilancia commerciale. La bilancia dei
pagamenti si compone di:
-
Movimenti di capitali (spostamento di denaro dal
paese di origine ad altro paese, bisogna specificare se è mero spostamento di
capitale, per il pagamento di un bene, o deve essere interpretato come flusso);
-
Flussi (a beneficio di qualcuno).
Il denaro capitale dal denaro
flusso non è molto facile distinguere. Movimento di capitale: e.g. un’azienda
che delocalizza la propria produzione.
Non è quindi facile distinguere
tra BENI E SERVIZI (prestazioni e controprestazioni) e TRASFERIMENTI. I
trasferimenti sono UNILATERALI (le rimesse degli emigranti, per esempio), i
BENI E SERVIZI no.
Servizi da capitale: turismo,
trasporti.
Bilancia commerciale: macchinari
per la produzione, esportazioni, abbigliamento, mobili (nel caso italiano).
Beni tendenzialmente materiali, agricoli e industriali.
Equazione della domanda
aggregata: il termine NX (di Y = C + G + I + NX) è la differenza fra import ed
export di beni e servizi.
L’esportazione è legata alla competitività;
l’importazione è funzione del reddito Y (l’importazione cresce al crescere del
reddito). È data dalla capacità dell’industria di vendere merci sul mercato
internazionale.
Il tutto deve essere favorito
anche dal tasso di cambio diretto (exr): 1€ = 1.31$ (indiretto 1$ = 0.76€).
Tasso di cambio reale effettivo: exr*(P/P*), ovvero tiene conto del
rapporto tra livello di prezzi interni ed esteri (media ponderata per i flussi
di scambi) -- > è indicatore della competitività.
MERCATO DEI CAMBI ED EQUILIBRIO
DELLA BILANCIA DEI PAGAMENTI
Se la bilancia dei pagamenti è in
attivo (se l’Europa ha una bilancia in attivo, sta esportando beni europei e
sta importando, in quota inferiore, beni extra europei). Se molti extra europei
acquistano Porsche, poniamo, c’è un’alta domanda di euro. La domanda di euro è
superiore all’offerta di euro (sul mercato valutario), così l’euro si apprezza.
Ma se accade questo, le merci europee diventano più care su ogni mercato extra
europeo. Di conseguenza calano le esportazioni europee e la Bilancia dei
pagamenti torna in pareggio.
I paesi “FURBI” permettono ai
paesi esteri di acquistare beni con la valuta del paese compratore. In questo
modo il paese venditore andava a investire nel debito pubblico del paese
compratore (esempio tipico: Americani che acquistano beni giapponesi con i
dollari; il Giappone allora e la Cina oggi, comprano debito pubblico
Americano).
Può anche avvenire che la
bilancia dei pagamenti non torni in equilibrio perché la politica monetaria e
quindi i tassi di interesse influenzano i movimenti dei capitali. Grande masse
di capitali finanziari si spostano in funzione del rendimento dei titoli non
rischiosi (titoli di stato). Ciò fa sì che, in caso di politiche monetarie
restrittive, la bilancia dei pagamenti possa registrare un attiva anche se la
bilancia commerciale è in deficit.
IDENTITA’ MACROECONOMICHE E
SQUILIBRI CARATTERISTICI
(S – I) = (G – T) + (E – M)
Da questa equazione posso
individuare alcuni problemi: lo squilibrio tra risparmio ed investimento si
ripercuote nella somma degli squilibri del bilancio pubblico ed in quello con
l’estero.
LA GLOBALIZZAZIONE
Perdita di identità di
un’economia dovuta al fatto che capitale e lavoro possono muoversi liberamente
in uno spazio ampio. Tende ad uniformare il livello di retribuzione al livello
internazionale.
Abbiamo già affrontato il
problema del sistema monetario internazionale: i tassi di cambio tra diverse
valute erano fissi fino agli anni ’70. Da quel momento in poi i tassi di cambi
diventano variabili: le banche, prima, dovevano avere grandi riserve di valute,
perché non sempre gli squilibri vanno nello stesso senso.
L’UNIONE EUROPEA
Nata come area di libero scambio,
su pressione di Confindustria europea a metà degli anni ’80, è diventata
qualcosa di più. Totale disintegrazione politica, a fronte di un’unione
monetaria. Non avendo più una Banca Centrale Italiana, non c’è più una politica
monetaria italiana, ma solo europea. La differenza di problemi presente nelle
diverse aree, non permette un’economia unificata (darebbe stabilità). La
situazione è quella di un’economia troppo differenziata.
La BCE si sofferma di più sul
controllo dell’inflazione, pur essendo scritto nero su bianco che può
determinare la politica economia europea. L’unica grande battaglia della BCE è
quella di controllare e garantire il livello dei prezzi dell’euro. La moneta
deve essere forte e l’inflazione deve essere bassa o nulla.
Le politiche fiscali vengono
coordinate non per fare una politica fiscale a livello europeo, ma per coordinare
le politiche fiscali mirate a tenere sotto controllo il debito pubblico. Se si
spende troppo la BCE stringe i cordoni e si fa subito in recessione.
Il fiscal compact ci dice,
quindi, che c’è bisogno di rigore sulle politiche del bilancio. Come si può
fare? Deprezzando il costo del lavoro. La BCE, inoltre, controlla la solidità
patrimoniale delle banche per evitare crisi finanziarie.
La BCE vorrebbe fare degli interventi orientati
alla stabilità finanziaria, limitati dalle perplessità di stati nordici (ma
anche dalla Germania). L’unica medicina è la liberalizzazione del mercato di
lavoro.
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