domenica 12 aprile 2015

6^ LEZIONE AGGIUNTIVA DI DIRITTO PRIVATO.

Validità del contratto: la revoca interviene prima della conclusione del contratto (non posso parlare di revoca se un contratto è già concluso – > nel momento in cui il contratto è concluso è produttivo di effetti). La revoca deve intervenire se è consentito in un momento antecedente alla conclusione del contratto. Se le parti prevedono un contratto irrevocabile la revoca è improponibile (deve essere LEGITTIMA ed effettuata correttamente). Le conseguenze della revoca si incentrano nell’articolo 1327, dal quale si può ricavare l’obbligo di risarcimento del danno qualora la revoca crei un danno in capo al soggetto che la subisce (deve essere legittimamente esercitata, quindi, se non esclusa, e se consentita dalla natura dell’affare). Nel caso di una proposta ferma ed irrevocabile si richiami l’attenzione su un elemento essenziale della proposta ferma ed irrevocabile: è tale solo ed esclusivamente se è apposto un termine (POSSIBILE DOMANDA DI ESAME). È il termine l’elemento fondamentale dell’irrevocabilità. Nella fase delle trattative, insomma, ex articolo 1337 (clausola generale), le parti si devono comportare secondo buona fede. È una nozione molto ampia ed estremamente elastica che si applica a più circostanze (anche se molto spesso l’interpretazione soggettiva gioca larga parte nel giudizio).  
Il recesso è tutta un’altra cosa: il contratto deve essere già concluso, perfezionato (è produttivo di effetti). Il contratto si è concluso, l’atto si è perfezionato, ma quali effetti produce? Si guardi agli articoli 1372 e seguenti. Dal momento che questi articoli sono all’interno del capo V, rubricato come “Degli effetti del contratto”, si deve dedurre che il contratto è già stato perfezionato. Il 1372 è molto importante: stabilito che l’atto si è perfezionato e che quell’atto non presenta cause di invalidità (atto perfetto), si guardi ora agli effetti. Un contratto, che nasce dall’autonomia delle parti, ha una forza cogente pari a quella della legge (le parti si sono affidate ad un regolamento di interessi con stessa forza cogente della legge). Il risultato di questo accordo ha la stessa forza vincolante della legge. Questa forza vincolante (contratto) può essere sciolta: la stessa forza generatrice del vincolo viene meno per volontà delle parti (cfr. articolo 1321 in cui si dice che le parti si possono accordare anche per estinguere il rapporto giuridico patrimoniale tra loro esistente. Ex articolo 1372:
-        Le parti si mettono d’accordo;
-        Altre cause ammesse dalla legge (istituto della risoluzione, scioglimento del vincolo contrattuale già iniziato per: inadempimento, eccessiva onerosità sopravvenuta, impossibilità sopravvenuta).
Non si faccia l’errore di pensare che il contraente X sia sempre debitore e Y sempre creditore: questo rapporto è variabile rispetto al tipo di obbligazione che si prende in considerazione. Nel caso della compravendita (art. 1470) si trovano due figure, acquirente e venditore. Le obbligazioni in capo al venditore sono elencate all’articolo 1476, mentre le obbligazioni del compratore sono elencate all’articolo 1498. Se prendo in considerazione l’obbligazione “pagare il prezzo” il debitore è l’acquirente. Se prendo in considerazione l’obbligazione “consegnare la cosa” il debitore è il venditore. Nella stessa parte contrattuale si sommano CONTEMPORANEAMENTE la parte di creditore e quella di debitore.
Presa in considerazione la risoluzione, si procede ad un esempio: se io non pago la fornitura del gas, l’erogante può chiedere la risoluzione del contratto. Se i parametri non sono definiti, la legge parla di risoluzione del contratto quando l’inadempimento è GRAVE. Non ogni inadempimento legittima la risoluzione del contratto (POSSIBILE DOMANDE D’ESAME). L’inadempimento, dice il codice, deve essere di NON SCARSA IMPORTANZA. Se non si riesce a dimostrare la gravità dell’inadempimento, non si può ottenere la risoluzione del contratto (ex articolo 1455). Il legislatore lascia ampio spazio ai casi concreti: stabilire cosa è grave e cosa no è onere della parte che richiede la risoluzione. Chi fa la domanda, infatti, ha l’onere della prova e l’onere di allegare i documenti e i fatti che vanno a supporto della domanda che porgo (ex articolo 2697, I comma). L’onere è un quid che devo soddisfare se voglio ottenere un certo vantaggio (in questo caso devo provare anche la gravità dell’inadempimento).
Per ovviare a questo problema di dimostrazione/determinazione della gravità del fatto, spesso le parti inseriscono nel regolamento contrattuale una clausola, detta “clausola risolutiva espressa”: essa è la decisione in merito a ciò che per me e per te è consolidato come qualcosa di grave. Essa è molto vantaggiosa, in quanto qualora si dovesse verificare la circostanza predeterminata come qualcosa di grave, la parte che vuole ottenere la risoluzione del contratto non deve dimostrare nulla, in quanto già previsto: è sufficiente la dichiarazione di volersene avvalere della parte che se ne vuole avvalere (si perdoni il gioco di parole). Nel momento in cui l’altra parte ne viene a conoscenza il contratto si intende sciolto.
Nei contratti sinallagmatici (gli unici suscettibili di risoluzione) la risoluzione opera quando c’è un non perfetto scambio di prestazione (c’è un contraente fedele e un inadempiente). La risoluzione va vista come un correttivo ad un rapporto contrattuale che non si svolge in maniera corretta (se ci si era accordati che io pagavo il gas che usavo e non lo pago, tu, fornitore di gas, sei legittimato a non fornirmi più il gas). Altri esempi: io, titolare di compagnia petrolifera, avevo stabilito di comprare 100 barili di petrolio da Tizio. I prezzi del petrolio, improvvisamente, salgono e questo crea una SPEREQUAZIONE tra l’iniziale accordo tra le parti e ciò che va incrinandosi. Questo rende impossibile la prestazione per eccessiva onerosità. La risoluzione serve ad interrompere un rapporto nato equilibrato e poi, improvvisamente, sperequato.
Nel caso del RECESSO: è un potere UNILATERALE. Nella risoluzione non è predeterminata la definizione di chi possa chiedere la risoluzione stessa: nel recesso, invece, è un potere nelle mani di una delle parti, o perché lo ha stabilito l’autonomia contrattuale o perché lo stabilisce la legge. È il potere di sciogliersi unilateralmente dal potere contrattuale previsto dal contratto stesso o dalla legge: è il potere che il legislatore solitamente concede al contraente più debole. Si faccia l’esempio di acquisto di un bene dalle promozioni viste in TV: in questo caso, essendo fuori dai locali commerciali, chi acquista può recedere ai sensi di legge (diritto al ripensamento). Perché questo recesso sia validamente esercitato è necessario che il contratto non abbia avuto un principio di esecuzione (art. 1373). È impensabile che nei contratti ad esecuzione continuata (gas, acqua, luce…) non vi sia principio di esecuzione: il 1373 (II comma) afferma che il recesso non ha effetto per le esecuzioni già avvenute (ha valore EX NUNC).
Nella risoluzione non c’è una disciplina specifica per quanto riguarda l’azione: dieci anni (si mantiene la regola generale, i diritti, di regola, si prescrivono in dieci anni).

Prescrizioni presuntive di pagamento: non c’entrano con l’estinzione del diritto. Queste presumono che sia avvenuto un pagamento, la presunzione riguarda l’avvenuto adempimento di un’obbligazione (pagamento di corrispettivo). Non si confondano con la prescrizione del diritto per inerzia del titolare: operano solo sul piano della prova. Trascorso un certo lasso di tempo, il pagamento è avvenuto (si presume quantomeno). L’unico elemento in comune sta nel fatto che il trascorrere di un lasso di tempo è l’unico elemento in comune (lasso di tempo cui consegue una certa conseguenza giuridica: in questo caso l’inerzia di chi detiene il diritto, che si estingue). Le prescrizioni presuntive, invece, ricollegano il trascorrere di un certo tempo ad una presunzione, che una certa prestazione sia stata adempiuta (presumono il pagamento). L’onere della prova che così non sia sta in capo a chi sostiene che il pagamento non è avvenuto. È una presunzione LEGALE.

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