venerdì 15 maggio 2015

21^ LEZIONE DI FILOSOFIA DEL DIRITTO.

La libertà negativa è proprio quella facilmente rinvenibile nell’articolo 13 della Costituzione. Questo paradigma culturale deriva dal paradigma moderno: la libertà è assoluta, detta anche LIBERTA’ DAL LIMITE (limes). ASSOLUTO deriva dal latino AB-SOLUTUS, cioè libero da vincoli. È la descrizione di uno spazio di non ingerenza dell’individuo rispetto alle libertà di altri: questo limite altrui (esterno) è qualificato dal termine LIMITE, la cui etimologia deriva dalla parola latina LIMES, che è appunto il confine. All’interno del confine l’individuo gode di uno spazio di non ingerenza (il diritto alla riservatezza e di essere lasciati soli). Questa idea (politica e giuridica) nasce dal pensiero di Hobbes, grande esponente del pensiero giuridico e politico del barocco: scrive opere ancora molto attuali e indica cosa deve intendersi per libertà (libertà è assenza di impedimenti esterni: v. settimana scorsa).
Un individuo può fare qualcosa se ha la volontà di farla e può comunque astenersene.
Questo tipo di idea tipicamente moderna è strettamente correlata al problema della invasione geografica da parte di un altro. La libertà dal limite, quindi, è la libertà dall’ingerenza altrui (senza invaderla). Questa ingerenza spetta al diritto, che trova la sua fonte nello stato.
Difficilmente nel mondo moderno si pensa alla norma come paragonabile a “libertà”: la libertà dell’individuo deve essere assoluta, sciolta dal vincolo, da OGNI vincolo. Constant parlava anche di libertà come PARADIGMA CLASSICO. L’idea di classicità indica un insieme di idee e di valori che permangono nel tempo, sviluppandosi nel corso della storia dell’occidente, restando sempre attuali. Il tutto ripreso da altri filosofi medievali come Agostino, fino ad arrivare al novecentesco Heidegger.
Questo paradigma di libertà è collegato strettamente alla finitezza dell’uomo: è una libertà finita o NEL limite (péras = limite, non nel senso spaziale, ma nel senso ONTOLOGICO-strutturale). È una libertà finita, nel senso che è correlata alla finitezza, alla finitudine. Questa idea di libertà era stata avviata dai greci:
“QUELLO CHE VIENE ESPRESSO A QUESTO PROPOSITO NEI MISTERI, CHE NOI UOMINI SIAMO COME CHIUSI IN UNA CUSTODIA, E CHE, PERCIO’, NON DOBBIAMO LIBERARCENE E FUGGIRE, MI SEMBRA UN PROFONDO PENSIERO NON FACILE DA PENETRARE. MA QUESTO ALMENO, O CEBETE, MI PARE CHE SIA BEN DETTO: CHE SONO GLI DEI QUELLI CHE SI PRENDONO CURA DI NOI, E CHE NOI SIAMO UN POSSESSO DEGLI DEI. O NON TI PARE CHE SIA COSI’?” (Platone, Fedone, 62 B).
Con maggiore precisione, nelle LEGGI, Platone afferma che
“NESSUN UOMO PER NATURA E’ CAPACE DI ESERCITARE UN PIENO CONTROLLO SUL SUO DESTINO, SE NON A PREZZO DI GRANDE INGIUSTIZIA E VIOLENZA” (homo faber fortunae suae).
Platone afferma che questo uomo che fabbrica il proprio destino potrebbe produrre ingiustizia e violenza: l’idea del vero uomo è quella dell’uomo calato nel limite della sua vera esistenza. Nessun uomo, quindi, è capace di esercitare un pieno controllo sul proprio destino. Questo tipo di libertà è quindi un’idea di libertà che non riguarda l’essere indipendente da un vincolo, ma è una libertà che riguarda l’idea stessa di libertà.
La libertà personale potrebbe diventare un diritto indisponibile: la libertà assoluta può essere la vera idea di libertà personale, penserò di avere un potere sulla mia stessa libertà (la libertà allora è disponibile?). La libertà assoluta, quindi, è un diritto DISPONIBILE (rinunciabile o alienabile). Raramente si pone il problema della libertà personale: si pensa che il diritto alla libertà personale sia sempre disponibile (esattamente come la proprietà). Questo farebbe calare la libertà personale nei diritti cosiddetti disponibili. È inviolabile in quanto indipendente, in quanto caratterizzata da mancanza di costrizioni esterne. Vi è anche un’altra idea di libertà, detta RELATIVA o FINITA, caratterizzata dal e NEL limite (péras). È una libertà finita che si caratterizza per una sorta di riflessione: ipotizzando che la libertà sia alienabile allo stato, essa comunque è indisponibile, irrinunciabile, inalienabile. Ma dire ciò, significa che io non posso rinunciare in alcun modo alla mia libertà.
Il greco arcaico pensa al dio in maniera diversa dalla nostra: il dio non era solo un uomo, era qualcosa di più.
Il peras non è qualcosa di esterno, è qualcosa che fa parte della natura umana (libertà greca – Ettore – Achille).
VENIAMO ORA A CERCARE DI COMPRENDERE LA CATEGORIA LIBERTA’ PERSONALE (art. 13 Costituzione)
Il caso MUCCIOLI
Un tossicodipendente, accettando la condizione di essere trattenuto a forza nella comunità terapeutica di San Patrignano, prevede anticipatamente di accettare la privazione della propria libertà personale ora per allora, cioè per il momento in cui la manifestazione della volontà di uscire sarebbe esplicita e certamente attribuibile alla irrefrenabile “sete di droga”.
Con la pattuizione accettata all’atto della richiesta di ammissione nella comunità, il tossicodipendente rinuncia anche alla futura revoca del consenso, dato alla temporanea e finalizzata restrizione della propria libertà personale (viene definito oggi negli USA “ULYSSE’S CONTRACT”).
Il fondatore della comunità di San Patrignano, Vincenzo Muccioli, è tratto a giudizio il 10 dicembre 1983 con le accuse di sequestro di persona e maltrattamenti per aver incatenato alcuni giovani tossicodipendenti della comunità al fine di impedire loro di assumere nuovamente sostanze stupefacenti.
Il consenso dato dall’avente diritto può cedere tale diritto attraverso un valido consenso? (art. 50 c.p.). Questo articolo afferma che “non è punibile chi lede o pone in pericolo un diritto con il consenso della persona che può validamente disporne” (volenti non fit iniuria).
In primo grado fu condannato, negli altri due fu assolto.
Il tribunale di Rimini, che in primo grado condannò l’imputato, portò come motivazioni le seguenti: “I delitti di sequestro di persona e di maltrattamenti, commessi in danno di tossicodipendenti sottoposti in comunità chiusa a programmi terapeutici inclusivi di restrizione della libertà e trattamenti vessatori, non sono scriminati dal consenso del ricoverato, poiché il consenso è invalido quando riguarda la soppressione della libertà personale o limitazioni così gravi da sminuire in modo notevole la funzione sociale dell’individuo” (Tribunale di Rimini, 16-02-1985).
La Corte di Appello di Bologna, invece, assolse l’imputato con le seguenti motivazioni: “Il delitto di sequestro di persona, commesso in danno di tossicodipendenti sottoposti in comunità chiusa a programmi terapeutici comprendenti la restrizione della libertà personale, è scriminato dal consenso ai programmi predetti anticipatamente prestato dal ricoverato all’atto di ammissione in comunità, quando la privazione della libertà […] non venga attuata con modalità tali (ad es. incatenamento o chiusura di ambienti indecorosi e malsani) da lederne la dignità di persona umana” (Corte di Appello di Bologna, 28-11-1987).

La Cassazione confermò la seconda sentenza, quella della Corte di Appello, in quanto era stata utilizzata la buona fede e perché questi gestori usarono lo stato di necessità putativo (per salvare la vita delle persone in difficoltà). Entrambe le corti, comunque, si è valutato in base allo stesso parametro: la dignità umana.  

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