La ragione pura non può spiegare
il concetto di libertà (I. Kant). L’uomo deve fare i conti con questa realtà:
si trova immerso nell’esperienza finita, ma ha a che fare con qualcosa che
trascende. L’uomo non può sapere fino in fondo cosa sia la libertà: un nuovo
ordinamento giuridico che volesse ipotizzare di tutelare questa libertà come
prassi, diventerebbe difficile da descrivere. Tutti noi sappiamo cogliere
momenti dell’esperienza in cui ci sentiamo veramente liberi. Di fronte ad una
realtà come la libertà che fa quasi parte della natura sostanziale dell’uomo,
resta il problema che l’uomo potrebbe disorientarsi. Chi rifiuta se stesso,
rifiuta la propria libertà. L’immagine che si può trarre da questo smarrimento
dell’uomo, potrebbe destare meraviglia: l’uomo, di fronte a questo abisso
insondabile, non può che tentare di trovare lo stesso il fondamento. Questo
tentativo di spiegazione deve passare attraverso l’esperimento della libertà.
Ma come? Attraverso la PRAXIS: si realizza il fine quando l’atto si compie. L’ordinamento
che tuteli questa forma di libertà deve tutelare la libertà negativa: non è una
libertà DAL limite, ma è una libertà PER il fine, teleologica.
Quali sono le azioni qualificate
come “libere”? La prima manifestazione di questo agire è:
-
Lo
smarrimento (il soffrire): la prima apparizione della libertà nella sfera
umana è un autentico SOFFRIRE. La libertà potrebbe annientare l’uomo: questo
succede quando l’uomo debole si fa trascinare. Il mito di Er raccontato da
Platone: guerriero valoroso che giace sul campo di battaglia in stato di morte
apparente. Messo sulla pira, Er varca le soglie dell’Ade e vede cosa succede
alle anime dei morti: dopo essersi svegliato, raccontò cosa gli era successo. Dopo
aver visto questo e dopo aver visto il selettivo percorso delle anime riguardo
le scelte operate in vita, Er racconta tutto e permette a tutti di non
dimenticare mai questa esperienza.
-
Il subire:
l’uomo SUBISCE la libertà, è un attivo subire. L’uomo deve esercitare la
propria libertà: DEVI DUNQUE PUOI. L’uomo non è padrone della propria vita, ma
ne è il custode: c’è qualcosa che gli sfugge e che non può dominare. Il
tentativo di cancellare la libertà è un atto di libertà. La libertà si
manifesta anche come un offrire: l’azione della libertà si offre e si esibisce.
Quando l’uomo scopre che la libertà è un soffrire, egli scopre che è anche un
-
Offrire:
l’uomo si espone alle possibilità di compiere un atto etico. La libertà non è
una realtà quotidiana.
-
Gioire:
forza insopprimibile.
Tutto ciò implica una riflessione
filosofica molto forte. La libertà non deve essere misurabile, è
incommensurabile. Costituisce uno dei valori fondamentali: atti liberi,
incondizionati, indipendenti dall’altro. La libertà guida l’uomo.
Questo modo di pensare liberamente
traduce la parola PRAXIS. Questo è un modello tragico: l’uomo è costretto a
scegliere. L’uomo non può evitare la libertà, non può evitare la scelta. L’uomo
si illude di tutelare la libertà solo impedendo l’inibizione del movimento
fisico.
La libertà come azione si
caratterizza come un AGERE. L’unico modo per cercare di comprendere se stesso è
indagando come nell’esperienza questa manifestazione si mostra. L’uomo che
comprende la propria libertà, la comprende come PATI (passione). Qual è la
concezione antropologica del soggetto nell’epoca contemporanea? Il soggetto
umano deve essere in qualche modo catalogato: in ogni caso investigando la
cultura e la filosofia contemporanee, è possibile trovare tre concezioni
dell’uomo (concezioni che provengono in parte dalla cultura scientifica, in
parte dai suoi esiti). Il contemporaneo è sempre piuttosto difficile da
raccontare:
Prima idea: HOMO CALCULANS (uomo
computante), l’uomo dotato di ragione capace di misurare costituisce la
caratteristica fondamentale della concezione antropologica moderna. Nel XVII
secolo gli scienziati pensando di trovare una lingua universale (CLAVIS
UNIVERSALIS), che è stata trovata nella matematica. Da questa idea si sviluppa
un problema computazionale: la ragione è capace di conoscere un bene e di
rappresentarlo. L’informatica è la rappresentazione di questa idea: le macchine
computanti (i computer) non nascono recentemente. La cultura che ne deriva è la
costruzione delle macchine computanti, calcolanti. L’uomo è visto in una
dimensione unilaterale (distorta). Posso pensare all’uomo CALCULANS in quanto
producente determinati risultati.
Vi è una seconda idea: l’uomo
trova la sua più ampia manifestazione grazie al dominio sulle cose, sul mondo,
sugli oggetti. Questa seconda concezione riguarda un HOMO FABER FORTUNAE SUAE:
domina l’oggetto materiale fino a dominare tutto. Questa concezione è moderna
perché si è sviluppata grandemente in epoca moderna. Vi sono molte teorie
giuridiche e politiche per cui si ritiene che l’uomo sia libero solo se può
manifestare la sua volontà. Questa idea è strettamente correlata a quella
dell’uomo calculans: il sapere è potenza, infatti. In un trattato perduto
Aristotele dice che Anassagora aveva detto che l’uomo è intelligente in quanto
dotato delle mani, diversamente dagli altri animali (l’uomo può dominare la
realtà circostante e se stesso). Nella presunta idea di manipolazione, si
afferma che l’uomo ha la libertà di scegliere (idee PRO CHOICE).
Vi è una terza dimensione: l’uomo
è anche SENTIMENTO. È oggi diffusissima quella idea che peraltro nella
letteratura è stata battezza come la teoria dell’HOMO SENTIMENTALIS. Ciò che
conta veramente è l’emozione. È quell’uomo che vuole mostrare la propria
psicologia per dimostrare che ha emozioni intense. Anche l’homo sentimentalis
costituisce una manifestazione tipica dell’uomo contemporaneo.
Di solito chi aderisce ad una di
queste concezioni esclude naturalmente le altre. Questo significa ridurre
l’uomo: il principio, invece, è quello della sintesi: l’idea di libertà deve
essere ben più ampia.
La scelta è sempre responsabile,
nonostante tutti noi dobbiamo sempre farne.
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