LIBERTA’ INDISPONIBILE
La libertà non può essere
rinunciata fino in fondo: io posso farmi rinchiudere in una stanza per smettere
di essere dipendente da una sostanza ma non devo mai calpestare la mia dignità.
La libertà nel limite
La parola greca PERAS, che non è
confine materiale come il limes, rappresenta un significato GNOSEOLOGICO: è la
linea di confine della conoscenza, tutto ciò oltre il quale la conoscenza non
può arrivare. Se PERAS è il limite della conoscenza posso anche definire una
cosa, un concetto. Se io comprendo la parola PERAS sotto questo profilo, posso
anche capire i limiti della conoscenza. Questo è chiaro anche
nell’EPISTEMOLOGIA. Questo consente di capire il limite della conoscenza. Se il
limite coincide con l’essenza necessaria, la sostanza, la parola PERAS è
condizione e definizione. Tutto questo vale anche per la libertà, che deve
riportare anche il concetto di PERAS al suo interno. Il limite è una mancanza
che consente di determinare cosa sia il limite stesso. Nell’esperienza la
libertà è sperimentabile: naturalmente questo problema filosofico consente di
riconoscere il legame tra libertà e totalità.
Un significato ONTOLOGICO: il
collegamento tra la parola limite e il principio di tutte le cose. È un
problema dell’essere, che riguarda la struttura della realtà. Mostra un
principio più originario di qualunque determinazione che mi garantisce
l’esistenza stessa dell’uomo. Anzi l’uomo, riflettendo su se stesso, capisce
che c’è qualcosa di indisponibile in sé. Il PERAS presenta una strutturale
limitatezza che ha un principio che la caratterizza. Se l’uomo è dominato dalla
libertà non può illudersi di liberarsene. Anche l’atto di rinuncia è
manifestazione di libertà. Il limite, secondo Aristotele, è tutto ciò che è
PRINCIPIO: ogni principio è un limite.
L’esistenza è caratterizzata dal
limite: il limite non è un ostacolo, ma è intrinseco alla struttura stessa
della soggettività che si realizza nella esistenza.
Un significato ETICO: il limite
strutturalmente innestato nella molteplice infinità di situazioni in cui si può
venire a trovare l’uomo richiama un’idea già identificata dai greci: medietà,
medio. L’uomo greco aveva percepito perfettamente questo: nel manifestarsi di
scelte spesso opposte o problematiche l’idea del peras è governata dal fatto
che l’uomo deve cercare un introvabile equilibrio (sintesi dei contrari).
Esiste una misura nell’azione perché vi è un limite che porta al riconoscimento
di ciò che è necessario (peras strettamente collegato con l’ARETE’, il valore,
l’etica). Il concetto di libertà astratta è quella di verità assoluta. Il
termine greco peras richiama questa esperienza e questi significati anche dal
punto di vista etimologico.
Letteralmente il termine PERAS
allude al concetto di legame, vincolo, collegamento, a cui si ricollega il percorso:
richiama un’idea di limite non statica, ma di movimento. Il limite è
caratterizzato da ciò che si muove nella libertà stessa. L’azione del limite è
l’azione della libertà umana.
LA LIBERTA’ NEL LIMITE
Bisogna ammettere che tale
libertà apre ad una libertà che è quella della possibilità. Il primo atto
preliminare che caratterizza un’autentica libertà è che l’uomo deve procedere
ad un’accettazione di sé. Accettare
se stessi significa accettare il fatto che la libertà è caratterizzata dalla possibilità di scelta: all’uomo si
presentano molteplici possibilità, ma l’uomo non può viverle tutte. Questa
possibilità di scelta è quella manifestazione del principio indisponibile della
libertà: se non scelgo comunque esercito la libertà di non scegliere. Se decidessi
di non scegliere, infatti, deciderei di dimenticarmi della libertà stessa.
Questa possibilità di scelta è esercitabile solo se procedo preliminarmente
alla accettazione di me. Questa scelta trova il limite nell’esistenza: il
soggetto è immerso nella relazione. L’uomo si trova sempre immerso in relazione con l’altro (immerso in un
fascio di relazioni intersoggettive). Accogliere il legame col proprio simile
significa entrare in relazione con l’atto, in quanto devo riconoscere che
l’altro è un soggetto in ascolto a cui devo prestare ascolto. Essere
responsabile significa rispondere di sé con un altro. Questa libertà dialogica
si fonda sul principio responsabilità.
LA LIBERTA’ COME PRAXIS
Praxis indica proprio l’azione:
la libertà è azione. È bene distinguere l’idea di azione da quello che viene
reso in greco con POIESIS, produzione: l’attività produttiva si distingue
dall’azione in sé. Il fine dell’attività è esterno dal proporsi dell’attività
stessa: l’artigiano produce la sua opera, il suo oggetto. Quando si parla di
libertà se ne parla in senso soggettivo: questo tipo di azione è un AGERE non
un FACERE. È un fine che si manifesta nell’attività stessa della libertà. È
un’azione che il greco identifica come un vero e proprio agire (PRATTEIN).
Quindi la vera manifestazione della libertà incondizionata non produce attività
esterne, ma realizza il fine nel suo stesso manifestarsi. Non è produzione di
oggetti, ma si realizza nell’attività stessa. Questa azione in cui ogni momento
è previsto il fine qualifica il più attento paradigma della libertà. Ogni
momento dell’azione è lo scopo per la quale l’azione viene posta in essere. Vivere,
dice Aristotele, significa PRAXIS: ogni atto di vita realizza il suo fine nel
suo stesso manifestarsi. Realizzare la libertà è vivere la autenticità
dell’essere. La vita non è un mezzo, ma è un fine. Se io penso che la vita
biologica sia un mezzo per vivere, aderirò all’idea per cui questo strumento è
a mia disposizione (controllarlo, manipolarlo). Lo scopo dell’azione che
caratterizza la vita si manifesta nel suo stesso svelarsi (PRAXIS). Non sono io
che fabbrico le possibilità: io sono “SOLO” chiamato a scegliere. Molto spesso
queste scelte sono “pre-compilate”. Se si considera il significato della parola
PRAXIS, possiamo facilmente arrivare a capire cosa significa VIVERE. Le scelte
sono intrascurabili, incancellabili. Questa idea di libertà è un soffrire: non
soffrire nel senso di subire un’azione esterna, ma considerare che la libertà
stessa è qualcosa che si offre all’uomo. La PRAXIS traduce anche il termine
della rappresentazione teatrale dell’antica Grecia.
L’uomo è chiamato ad accogliere
questa possibilità: l’uomo è chiamato a scegliere, non posso evitare di pensare
una libertà limitata (nell’immanenza c’è qualcosa di trascendente).
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