Finora si
è parlato della dialettica con riferimento all’Iliade di Omero.
Aristotele,
nella sua opera “I Topici”, parla di tre utilità della dialettica:
-
Uso individuale: la dialettica è utile per
esercizio (PROS GUMNASIAN) individuale, per allenamento. Questa utilità privata
(che riguarda l’esercizio) implica l’utilizzo del metodo: sarà più facile
disputare, ovvero saper esercitare l’arte dell’antilogia. Non è del tutto
irrilevante la metafora sportiva: si tratta di un allenamento che consente di
acquisire un metodo. Tale addestramento è all’arte della discussione: tra le
varie attività della dialettica, la più importante è la confutazione (l’abilità
a smentire, negare un argomento di regola opposto). La confutazione è
quell’attività che consente di usare la dialettica per esercizio, per
allenarsi. Il miglior allenamento per imparare l’arte della discussione è
esercitarsi a confutare (fondamentale elemento per il giurista). Questo è uso
individuale. Allenandosi bene, sarà più facile ragionare, disputare logicamente
(in ambiente controverso, si intende). È un metodo che si usa AD PERSONAM,
nell’uno contro uno.
-
Uso con terzi: importante per il discorso con
gli altri. Le opinioni della gran parte degli uomini: lavorando con la
confutazione si respingerà tutto ciò che sia detto in maniera non corretta. Ci
si può imbattere, infatti, in opinioni contraddittorie. Ci si trova in un
contesto dove le opinioni sono opposte: questa è un’utilità della dialettica
fondamentale per l’esperienza giuridica, in quanto Aristotele dirà che la
dialettica si usa in due contesti che rilevano per l’esperienza del diritto:
o Contesto
delle discussioni giudiziarie: nel processo si organizza una discussione
controversa tipicamente dialettica. Giuridicamente si chiama equo processo,
filosoficamente: processo dialettico. La dialettica è utile anche in un altro
contesto -- >
o Contesto
delle discussioni istituzionali: qui si forma il diritto, l’assemblea
legislativa (il Parlamento), laddove si formano le norme positive. Le opinioni
opposte si sintetizzano nella legge. La legge, la sentenza…rappresentano gli
esiti di una discussione dialettica che mostrano l’utilità pratica della
dialettica. Questo è USO PUBBLICO della dialettica, in cui chi si addestra
attraverso la confutazione nel processo dialettico, diventa bravo nella
discussione pubblica generica. Non esisteva, nei tempi greci, nulla di
riservato o che riguardasse esclusivamente il singolo (la dialettica è attività
fondamentale per il greco).
-
Uso scientifico della dialettica, uso
conoscitivo, teoretico. Se esercito la dialettica ottengo anche ulteriore
utilità: mi serve perché ha uno scopo conoscitivo, la dialettica aumenta la
conoscenza. È utile anche per le scienze connesse alla filosofia (uso
EPISTEMOLOGICO). È utile per la conoscenza, per l’EPISTEME. La dialettica
filosofica mi consente di rilevare delle APORIE, difficoltà, che possono essere
rilevate in entrambe le direzioni.
Quando
viene eliminato il detto contraddittorio, il giurista avrà eliminato il falso.
Costui dovrà considerare invece vera la mediazione: in questo caso si produce
qualcosa di più rispetto a quello che c’era prima. Dopo la discussione, ci si
troverà ad un accrescimento conoscitivo, la cono-SCIENZA approderà a nuovi
“porti”. In quei singoli contesti organizzati (processo, parlamento…) si riesce
ad accrescere la conoscenza. La dialettica non è un metodo informale, ma una
procedura logica che consente un’utilità teoretica.
Il
problema che ha il giurista non è la conoscenza delle regole, ma il problema
del metodo: il problema che il giurista deve affrontare ogni giorno è il caso
controverso (addestrarsi così significa addestrarsi ad acquisire il metodo).
L’uso della dialettica deve essere confutatorio, per poi avere un’utilità
pubblica.
CHE COS’E’
LA FILOSOFIA
Appreso il
metodo dialettico e dopo aver tentato di possederlo, si può cominciare a fare
filosofia. Ma in cosa consiste il sapere filosofico? La filosofia è ragionamento
e metodo.
Nella sua
definizione letterale significa “amicizia del sapere”. Il primo concetto che
viene in evidenza è la PHILìA:
Questa è “amicizia”
ma si distingue da:
-
Eros, amore desiderante, che tende verso
l’oggetto amato (che vuole possedere). Ciò vuol dire anche carattere
DOMANDANTE;
-
Agàpe, amore gratuito, tensione che caratterizza
la relazione dell’amore che ha la madre per il figlio (totalmente privo di
reciprocità);
-
Philìa: amicizia come reciprocità, ovvero
presupponente un momento di scambio, di contraccambio.
Chi ama il
sapere, chi gli è amico vuole anche qualcosa in cambio (rapporto
SINALLAGMATICO).
Il secondo
concetto è quello di SOPHìA e va distinta da:
-
Concetti di scienza (EPISTEME, rappresentazione
di un oggetto da parte di un soggetto, definizione di tale oggetto) e di
saggezza (PHRONESIS, quella che in latino Cicerone traduce con PRUDENZA È
un’idea che riguarda quella capacità del soggetto di compiere determinati atti
approvabili).
-
Il concetto di SOPHìA vuol dire: insieme di
certezze, un sapere tra le quali c’è anche il conoscere, consistente in un
SAPER VEDERE, sapere centrare il bersaglio, non determinato solo da valenza
teoretica, ma anche ESISTENZIALE, pragmatica, che riguarda l’esistenza
quotidiana. È anche un SAPER ESSERE: è un modo di essere, e non solo di
conoscere, di VIVERE. Socrate lo dice espressamente nell’Apologia di Platone:
“Non mi serve Lisia, perché io mi sono già preparato la difesa processuale, HO
PASSATO TUTTA LA VITA a prepararla” (contenuti fondamentali emersi da un vita
in cui Socrate ha saputo essere).
Questa
composizione tra PHILìA e SOPHìA, mi dà il senso di una reciprocità tra
amicizia e sapere. Non si può considerare amico del sapere chi è amico di
qualcosa che non riesce a contraccambiare: la filosofia è quell’attività che si
esercita nei confronti di un oggetto immobile. Ma il sapere, sapendo che è
anche dialettica, non dovrebbe essere immobile: non ci si dovrebbe riferire al
sapere in se, ma nemmeno dire che la filosofia è amicizia del sapere (termine
frainteso troppe volte): si pensa che il sapere deve essere posseduto in quanto
a noi esterno: più che di filosofia, è opportuno ragionare su CHI SIA il
FILOSOFO (l’esteriorizzazione del sapere rispetto al sapiente, caratteristica
di questi ultimi anni, dovrebbe portarci al processo inverso, e cioè alla
definizione del filosofo, del sapiente).
È
opportuno mutare la prospettiva: non si deve parlare di filosofia come amicizia
del sapere, ma di chi detiene effettivamente il sapere (è più opportuno
giungere al concetto di filosofo come “amico dei sapienti”). Il filosofo si
interessa di un sapere concreto che deriva da coloro che sono sapienti: ci vogliono
5 testimonianze per capire questa attività:
-
Eraclito: “Bisogna che i filosofi siano
ricercatori di molte cose”; ricercatori è tradotto da HISTORIA, ovvero ricerca.
La prima attività di chi si sente debole è quella di fare filosofia. Questo
desiderio di sapere è un desiderio che si può assimilare all’amicizia: questo è
molto ben indicato dal termine HISTOR, il quale vuol dire anche GIUDICE,
arbitro di una controversia.
-
“Il filosofo è un viaggiatore per il gusto di
sapere e il desiderio di vedere” -- > “Hai visitato molti paesi per il gusto
di sapere e il desiderio di vedere” (Erodoto). Le attività che fa il filosofo
indicano un movimento, una ricerca, un viaggio, un’esplorazione.
-
Il filosofo è studioso del sapere ma senza
debolezza -- > “Siamo amanti del sapere senza mancare di fermezza” (Discorso
di Pericle in Tucidide). Nella nostra filosofia, dice Pericle, c’è una forza:
il filosofo è uno studioso SOLIDO.
-
Il filosofo è amico di coloro che sono migliori
di lui -- > per diventare migliori dobbiamo stare vicino a chi sono migliori
di noi (“Colui che è saggio desidera sempre stare accanto a chi è migliore di
lui”, Platone).
-
Il filosofo è amico della verità -- > “Ma si
può certamente ritenere più opportuno, anzi doveroso, almeno per la
salvaguardia della verità, lasciar perdere i sentimenti personali, soprattutto
quando si è filosofi: infatti, pur essendoci cari entrambi, è sacro dovere
onorare di più la verità” (Aristotele). Questo passo viene reso poi in latino
con “Platone è mio amico, ma più amica mi deve essere la verità”. Il filosofo
sarà amico dei sapienti, che saranno veramente sapienti. Questo è il destino
dell’uomo. Cercando di indagare il diritto come azione di un soggetto, così
parlando della dialettica si è appreso che la dialettica è il metodo re della
filosofia (e riconosciamo il protagonista di questa attività, sempre in
relazione a quella di un altro). Filosofia = attività relazionale, di ricerca,
di viaggio e di esplorazione, che consente di arrivare a coloro che sono
migliori.
Questa
idea della filosofia ci consente di passare dall’idea di filosofia come
amicizia del sapere all’idea di filosofo come amico dei sapienti.
ASPETTI
COSTITUTIVI DEL SAPERE FILOSOFIA
-
È un sapere necessario, in quanto la verità non
si confuta mai, non è negabile, è non smentibile, è la manifestazione
all’intelligenza umana di ciò che non è contraddittorio. Una proposizione vera,
solitamente, è preferibile ad altre (non c’è alternativa). In senso radicale,
ciò che è vero è ciò che si svela all’intelligenza come radicalmente
innegabile. La filosofia si occupa di ciò che è necessario: il discorso che
riguarda ciò che è necessario è per forza vero. Il tutto è racchiuso
nell’ALETHEIA.
-
Il sapere filosofico è globale: è aspirazione
all’intero (il greco lo chiama HOLON). In italiano si rende con la parola
TOTALITA’: cos’è che è privo di alternative? Questa caratteristica è la parola
totalità: non si concepisce qualcosa di diverso da tutto ciò che esiste. Non è
la SOMMA DELLE PARTI, è l’intero dell’essere, la globalità. La filosofia va a
cercare ciò che è necessario e trova questo necessario nell’intero, ovvero
l’aspirazione del filosofo. Ma dov’è che si vede la globalità? Questa idea
dell’intero non è astratta, ma è concreta: è una certa idea di ordine, di
armonia. Il sapere filosofico è UNIVERSALE, riguarda l’UNIVERSUM (termine
HOLON). La filosofia è un certo tipo di ordine che il greco chiama HARMONIA. La
verità si mostra nella totalità. Questa idea di ordine non è facile, non è che
noi siamo in grado di riconoscere questo ordine…ma allora a cosa ci serve? È un
ordine che mi aiuta ad uscire dalla mia ignoranza, di uscire dalla condizione
di non sapere (lo trovo solo se ricerco questo sapere senza alcuna altra
finalità pratica).
-
Il sapere filosofico è libero, è libero di scegliere,
cercare, indipendentemente da qualcosa di esterno. Nasce con la meraviglia, con
l’esperienza, si stupisce di qualcosa (THAUMA). È appunto un VEDERE inteso come
SAPERE.
-
Il sapere filosofico è mitico, MYTHOLOGIA,
capacità di trovare il vero attraverso il mito: Aristotele ci dirà che il
filosofo stesso è anche amico e amante dei miti. Narrando e studiando i miti,
infatti, si acquisisce il sapere filosofico (che nasce dalla meraviglia). Il
sapere mitico nasce dalla meraviglia.
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