L’argomento
successivo: quali sono gli aspetti costitutivi del sapere filosofico?
È un
sapere necessario (verità); globale (intero); universale (ordine, armonia); che
non ha utilità esterna al proprio essere (il filosofo cerca di sfuggire
all’ignoranza per sapere, perché ama la cultura); che nasce dalla meraviglia
(libertà). Vi è, in questo, un collegamento della filosofia col mito. Cosa vuol
dire che vi è collegamento tra filosofia e mito?
Nella
cultura greca si pensa che l’idea del mito è l’idea della favola primitiva
superata dalla filosofia (logos). Bisogna dire con chiarezza che all’origine
della cultura occidentale l’idea del MUTHOS è strettamente congiunto con il
LOGOS. Questi termini nell’antica lingua dei greci sono molto simili: discorso,
racconto, parola. Questa analogia costituisce una originaria natura semantica e
concettuale, tanto che fin dalla letteratura arcaica si è considerato il MUTHOS
come altro LOGOS: è un altro modo per far comprendere ciò che sta prima di
tutto. Già nell’età arcaica v’era questa idea. Quando si studia la retorica si
capisce che questa procede per argomentazioni (ENTIMENI) ma si procede anche
per esempi (MITI, paradigmi per comprendere attraverso vicende note ciò che è
ignoto). Questi esempi, di solito nella cultura classica, sono costituiti di
immagini e simboli, tramandati da tradizione orale, poi trascritta. Il mito non
è una favola primitiva, però: il mito è il sostrato di una tradizione nella
quale c’è la sapienza. La parola MUTHOS deriva da MUEIN, che significa
“chiudere la bocca o gli occhi”, esprimendo l’ineffabile, che racchiude la vera
sapienza.
Filosofia,
quindi, è anche mito. La filosofia è una mitologia: capacità di discutere
attraverso il mito i problemi fondamentali dell’uomo. La filosofia, secondo
Platone, è un’esortazione al mito. Il mito consente di arrivare a comprendere
ciò che è proprio della filosofia: è un procedimento logico razionale che
argomenta, cosa che, però, si fa per simboli, per immagini. Poiché il filosofo
è ricercatore di ciò che appare come realtà memorabile, il filosofo amerà la
letteratura che racconta i miti. Nel mito il filosofo troverà ciò che è
memorabile. La filosofia ha bisogno di esempi: questa attiene a ragionamenti
concreti. È chiaro, dice Aristotele, che chi è consapevole di essere ignorante,
riconosce di non sapere. È per questo che colui che ama il mito è in un certo
qual modo anche filosofo. Il mito è fatto da un insieme di cose meravigliose,
cose che destano meraviglia. L’autentico filosofo dice chiaramente che il LOGOS
si trova nel mito.
QUALI SONO
GLI ASPETTIVI COSTITUTIVI DEL SAPERE MITICO
1.
Non è un mondo delle leggende. Se si interpreta
nel senso greco classico, il mito è un RACCONTO FONDATIVO, in quanto racconto ARCHETIPICO (è un racconto esemplare, basato sull’eccellenza di un originale, di chi ha
raccontato per la prima volta il mito). Il prototipo è un modello destinato ad
essere copiato e per questo è molto diverso dal fatto che sia archetipico. È
fondativo perché parla di ciò che è in ogni cosa: il primo che ne parlò fu
Esiodo. È un racconto che narra del principio:
pensare l’idea del principio è fondamentale. L’idea che il racconto mitico sia
un racconto fondativo è dato dal fatto che è un racconto che viene dalla
tradizione: il fatto che venga dalla tradizione non significa che sia un
racconto del passato. Per il greco questo non è vero: il mito è un racconto
accresciuto dalla tradizione
(TRADITIO = consegna, παραδοσις),
trasmette una tradizione, trasmette un sistema di valori, destinato ad evolversi.
Il mito viene continuamente mutato.
2. Il
racconto mitico, di norma, è un racconto inventivo, TOPICO: è la ricerca dei luoghi della tradizione, dei topoi
argomentativi, è un racconto inventivo.
“Inventio” -- > scoperta, ritrovamento di ciò che già esiste. È il
rinvenimento di luoghi culturali recuperati da memoria collettiva di un popolo.
La memoria, infatti, (MNEMOSUNE) produce contenuti mitici per trasmettere una
tradizione culturale. È un ritrovamento di ciò che già esiste nella tradizione
della società… Aristotele dice con chiarezza che il mito è l’anima della
tragedia, del racconto che poi sfocia nella problematicità tipica, trama da cui
il poeta ricava l’ordito del racconto. È una continua arte della memoria per
raccogliere un sistema di valori che la tradizione trasmette.
3. I
miti sono racconti che si presentano con carattere DISORDINATO, non esiste un “codice” dei miti. Il disordine
dei racconti di dei e mitici in generali sono molto caotici (anche perché ne
esistono di diverse versioni): non esiste un codice dei miti, in quanto
venivano tramandati oralmente. La metafora di questo disordine è rappresentata
dall’idea del labirinto, è un particolare tipo di disordine. Nel mito la
metafora più usata è quella del labirinto: è un insieme disordinato di vie che
però nasconde un discorso valido, unitario. Questa idea che vi sia un ordine
nascosto in un labirinto è quel concetto che ritorna nella filosofia. La parola
COSMOS (ordine) si contrappone alla parola CAOS (che vuol dire vuoto). In
queste accezioni il cosmo va a riempire il vuoto lasciato dal CAOS e questo,
nella concezione greca, è ordine.
4. Il
mito no è un racconto immediato in cui il lettore o ascoltatore comprende
direttamente ciò che viene detto: è un racconto SIMBOLICO od ANALOGICO. È un’espressione di ciò che consente
di pensare per immagini: il mito è racconto simbolico perché si pone come
paradigma simbolico, che consente di comprendere ciò che è complesso,
attraverso la visione di un gesto o di un’immagine. Quando il filosofo cerca la
verità è uguale all’arciere che scaglia da lontano una freccia e centra il
bersaglio. Il problema, quindi, è quello di evocare immagini note al
lettore/ascoltatore che gli facciano capire ciò che sta alla base di quella
narrazione. Il mito orienta la nostra vita, il mito cerca di provocare
attraverso il simbolo (collegamento, tessera spezzata che si riunisce
perfettamente) con metafore. Il mito è quella realtà che è stata molto
indagata: il mito è proprio il sogno della civiltà di un popolo.
5. Il
racconto mitico è comunicazione
e questo tipo di comunicazione si realizza col DIALOGO. È un racconto dialogico o comunicativo: possiamo
trarre dal discorso comunicativo 3 caratteristiche:
a. Ethos,
deve presentarsi come un elemento del comportamento, della condotta;
b. Logico
razionale, dialettico, deve trasmettere un logos;
c. Pathos,
un’emozione.
Queste
tre caratteristiche ricorrono nel discorso di Aristotele.
È un
ETHOS (ha valore etico) perché si manifesta nella forma della comunicazione
dialogica, il dialogo è forma di comunicazione non violenta. Nell’Antigone si
racconta del rapporto problematico tra Antigone e Creonte in forma dialogica. È
un dialogo agonistico, in questo caso: la conversazione è conflittuale. Per
tutta la tragedia è, però, in forma non violenta. Per il lettore questo non è
ascolto passivo, ma è una partecipazione attiva: è un coinvolgimento che
produce un orientamento. Questo avveniva nella tragedia attica: ogni tragedia
aveva un ethos dialogico dell’uomo (chi esce dal teatro greco esce migliore da
come era entrato).
La
narrazione mitica è anche LOGOS: è una comunicazione che però si mostra in
forma dialettica. Non è un logos lineare, sequenziale, unilaterale: esempio, la
tragedia attica mostra la tragedia di un conflitto (piuttosto violento, anche).
È sempre un logos dialettico, che conserva la natura conflittuale o
controversiale: la dimensione comunicativa non è solo simbolica od analogica,
ma è basata sulla polarità, sulla tensione. L’argomentazione mitica è logica in
quanto dialettica, polare: anche questo evoca la struttura dialettica
dell’esperienza giuridica. È capacità di connessione che l’autore imprime al
suo discorso.
La
narrazione mitica è anche PATHOS, un’emozione. Predispone l’ascoltatore in un
dato modo: il mito si basa spesso sullo splendore estetico del racconto per
suscitare l’approvazione sociologica. Il mito vuole provocare l’emozione nel
singolo. Il singolo uditore o lettore deve essere chiamato a riflettere in
singolo (non in massa).
DOMANDA
TIPO: MI PARLI DEGLI ASPETTI COSTITUTIVI DEL SAPERE MITICO.
MI PARLI
DEGLI USI DELLA DIALETTICA IN ARISTOTELE.
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