Articolo:
2727. Altra prova è la presunzione. Il fatto su cui si basa la presunzione deve
essere provato. Prima c’è l’esigenza di provare il fatto noto, poi il giudice
potrà argomentare deduttivamente l’esistenza del fatto presunto (il fatto noto
è l’indizio). L’indizio ci consente di desumere la verità del fatto non ancora
provato, ma presunto. Le presunzioni sono argomentazioni deduttive: già nella
nozione del 2727 si capisce che esistono
-
Argomentazioni che la legge ricava dal fatto
noto (presunzione LEGALE);
-
Argomentazioni che il giudice ricava dal fatto
noto (presunzione SEMPLICE).
Entrambe
seguono un preciso percorso logico. Un esempio di presunzione legale è
contenuta nell’articolo 1335. In questo caso è la norma di legge che considera
dimostrato il fatto ignoto quando sia provato un fatto noto. Il fatto che la
dichiarazione sia pervenuta all’indirizzo del destinatario presume un conoscimento
da parte del potenziale accettante. L’ufficiale del servizio postale, una volta
consegnata la missiva, fa firmare al destinatario la ricevuta di ritorno che
viene consegnata a sua volta al mittente: questa è una prova del fatto che il
destinatario abbia ricevuto la missiva stessa. Queste presunzioni legali si
ripartiscono in due categorie:
-
Assolute, presunzioni contro le quali non è
ammessa prova contraria.
-
Relativo, presunzioni contro le quali è ammessa
prova contraria (ad es. art. 1335).
È offerto nel
caso del 1335 la possibilità al destinatario di offrire prova contraria
rispetto a ciò che è presunto nel 1335 (nella prima parte). L’onere della prova
grava su chi solitamente non è gravato da tale onere (inversione dell’onere
della prova, inversione rispetto all’articolo 2697).
Le presunzioni
legali assolute sono quelle presunzioni contro le quali non è ammessa prova
contraria: dato l’indizio, quindi, il fatto si considera senz’altro provato,
senza che nessuno possa provare qualcos’altro di diverso (materia di
filiazione, art. 232 -- > il matrimonio senz’altro si scioglie, anche se per
cause diverse: in questo articolo si dice chiaramente che si presume concepito
durante il matrimonio il figlio nato entro 300 giorni dalla data d’annullamento
del matrimonio).
Vi sono poi le
presunzioni semplici: queste sono fatte dal giudice. Spesso il giudice si trova
a dover giudicare sulla base di presunzioni. Quasi sempre il giudice si deve
servire degli indizi: la causa si fa o si subisce quando l’impianto probatorio è
indiziario. Rispetto alla presunzione semplice (attività fatta dal giudice) la
legge, all’articolo 2729 troviamo che le presunzioni sono lasciate alla
prudenza del giudice e, nel II comma, che le presunzioni non si possono
ammettere nei casi in cui la legge esclude la prova per testimoni. Il giudice,
inoltre, non deve ammettere presunzioni se non gravi, precise e concordanti.
Qui vi è un’inesattezza: sono GLI INDIZI ad avere tali caratteristiche, non le
presunzioni. Devono essere:
-
Gravi: l’intuizione deve essere logica e
argomentata;
-
Precisi: indizi che siano univoci, devono
indicare con chiarezza il fatto ignoto da ricavare per presunzione;
-
Concordanti (molto importante): con questo
aggettivo la legge parte dal presupposto che gli indizi siano molteplici. Il
giudice normalmente si trova di fronte a tutta una serie di prove
(testimonianze, documenti, comunicazioni, lettere, contratti…), per cui per
decidere occorre che questi indizi siano concordanti, indirizzando tutti verso
lo stesso fatto ignoto. Non ci devono essere indizi discordanti, che portano a
risultati opposti: tutti gli indizi esistenti devono indicare la stessa
direzione. Solo in questo caso il giudice può decidere in base alla
presunzione.
IL GIURAMENTO
– IV mezzo di prova
Mezzo di prova
assai inconsueto, è di due tipi (o forse tre, il codice parla di due tipi, ma
probabilmente, all’interno di uno dei due, sono previsti due tipi di
giuramento), art. 2736:
-
Giuramento DECISORIO: è un giuramento in cui la
iniziativa è presa da una delle parti (tramite il legale) che deferisce il
giuramento all’altra parte, ovvero chiede all’altra parte di giurare sulla verità
delle cose che sostiene. Dalla prestazione (o dal rifiuto) di giuramento
dipende l’esito della causa. Caio, al quale il giuramento è stato deferito il
giuramento, può chiedere di riferire il giuramento a chi glielo ha DEFERITO
(Tizio, in questo caso): Tizio si trova nelle condizioni di giurare o di non
giurare. In questo caso, dopo il riferimento, il giuramento può essere solo
prestato o meno. La forza del giuramento decisorio è tale che se, per ipotesi,
Tizio o Caio avessero giurato il falso, costoro commettono un reato, e possono
essere condannati PENALMENTE. Quand’anche sia stato accertato il giuramento del
falso, la sentenza civile resta ferma: Caio giura il falso, ma il giudizio
civile non viene ribaltato (c’è solo una conseguenza penale per Caio e la
possibilità per Tizio di richiedere un risarcimento civile). È una prova che
supera ogni altra prova.
-
Giuramento SUPPLETORIO: il giudice deferisce ad
una delle due parti questo giuramento nel caso in cui la domanda o le eccezioni
non siano pienamente provate, ma non del tutto sfornite di prova. Vi è poi una
seconda fattispecie (sempre all’interno di questo secondo tipo di giuramento):
o Il
giuramento ESTIMATORIO: è il giuramento deferito al fine di stabilire il valor
della cosa domandata, se non si può accertarlo altrimenti.
Questo è uno dei pochissimi casi in cui nel processo civile il giudice
ha un potere di iniziativa in ordine alle prove. In pochissimi casi (e questo è
uno di quelli) il giudice ha il potere di promuovere la prova: sono poteri
UFFICIOSI del giudice. È molto difficile che il giudice si fidi delle parti e
dei rispettivi legali.
SI CHIUDA ORA LA PARENTESI SULLE PROVE E
SI RIAPRA IL CAPITOLO SULLA FORMA DEL CONTRATTO
Torniamo
all’articolo 1351. Il contratto preliminare è nullo se non è fatto nella stessa
forma che la legge prescrive per il contratto definitivo. In questo articolo
NON si dice quale forma deve assumere il preliminare, ma lega semplicemente il
preliminare al definitivo. Nel caso in cui risulti nullo il preliminare, non
c’è obbligo di stipulare il definitivo.
Articolo 1352:
sono accordi con cui le parti si accordano in che forma il contratto andrà
fatto tra di loro. I contratti futuri tra due parti DEVONO essere stipulati in
questa forma (due parti si accordano così). Se c’è una regola sulla forma,
questa regola sulla forma è in linea di principio è una regola di forma a pena
di nullità. Le parti potrebbero stabilite che la regola di forma sia stabilita
ad altra pena (ex articolo 2725, in cui si contempla la eventualità che, per
volontà delle parti, un contratto possa essere provato per iscritto).
Poniamo ora un
problema: c’è il contratto. A questo punto il problema è di interpretazione del
contratto.
Le regole
giuridiche che riguardano l’interpretazione del contratto hanno come
destinatari i giudici davanti ai quali nascono controversie e coloro i quali
sono interessati al contratto. Queste regole di interpretazione sono contenute
dagli articoli 1361 al 1372. La prima parte riguarda (1361-1365)
l’interpretazione soggettiva; la seconda parte (1367-1372) l’interpretazione
oggettiva. Il 1366 riporta la clausola di buona fede, a conferma di come questo
criterio di comportamento riguardi tutte le fasi del contratto.
Il primo
gruppo riguarda l’INTERPRETRAZIONE SOGGETTIVA: cosa le parti hanno
effettivamente voluto? È la ricerca della volontà storica dei contraenti. La
prima norma è l’articolo 1362: nell’interpretare il contratto si deve indagare
la comune intenzione delle parti e non fermarsi al senso letterale delle
parole. Questa norma consente di distinguere tra scopo dell’interpretazione e
materiale dell’interpretazione. L’interpretazione ha lo scopo di individuare la
comune intenzione delle parti: è la ricerca del vero e proprio contenuto
contrattuale. La legge dice cosa utilizzare per raggiungere il materiale di
interpretazione: innanzitutto non bisogna fermarsi al significato letterale
delle parole che i contraenti abbiano usato (spesso frainteso come un
“prescindere dalle parole usate dalle parti”). La norma, in realtà, va intesa
dando il giusto peso al fatto che si dice che non bisogna FERMARSI al
significato letterale delle parole: questo aspetto DEVE essere preso in considerazione.
Addirittura il significato letterale delle parole è il primo strumento di
interpretazione. Bisognerà, certo, tenere conto anche e soprattutto del
comportamento delle parti: non solo precedente, ma anche contemporaneo e
successivo (per capire quale sia stata la loro comune intenzione). Le altre
regole sull’interpretazione soggettiva sono specificazioni superflue: sono
state inserite nel codice per evitare comportamenti maliziosi. Il contratto,
infatti, va interpretato SISTEMATICAMENTE (senza decontestualizzare le varie
frasi) -- > art. 1363.
L’articolo
1364, invece, afferma che le espressioni generali non sono usate in maniera
assoluta, ma solo relativamente agli oggetti sui quali le parti si sono
proposte di contrattare.
V’è poi
l’articolo 1365 che afferma che nel caso in cui nel contratto si sia espresso
un caso al fine di spiegare un patto, non si presumono conclusi i casi non
espressi, ai quali può estendersi il patto stesso.
PUO’ accadere
che non si riesca a capire la comune intenzione: vendita del primo piano di una
casa, ad esempio. Non si capiva se le parti si riferissero al piano terra o al
piano primo: indizi conducevano alla prima ipotesi, altri indizi alla seconda
ipotesi. In casi di questo genere si ricorre a INTERPRETAZIONE OGGETTIVA.
Art. 1367:
conservazione del contratto. Si interpreta nel senso in cui il contratto abbia
qualche effetto, piuttosto che nessuno. Art. 1370: interpretazione contro
l’autore della clausola (nei contratti a condizioni generali). Le altre regole
sono l’articolo 1368 e il 1369. Il 1368 vuole che il contratto venga
interpretato secondo gli usi del luogo in cui è concluso o del luogo in cui ha
sede l’impresa.
Il 1369
esprime invece la necessità di coerenza dell’interpretazione.
Molto
importante il 1371: sono le regole finali, quelle a cui si ricorre se non se ne
viene fuori. Questo distingue i contratti gratuiti dai contratti a titolo
oneroso. Nel caso di contratti gratuiti c’è un unico soggetto obbligato: il
1371 afferma che, nel dubbio finale, il contratto gratuito deve essere inteso
nel senso meno oneroso per l’obbligato. Questo è una regola espressione del
principio del FAVOR DEBITORIS (istituzioni di diritto romano). Nel caso di
contratto oneroso, il dubbio deve essere sciolto nel senso che il contratto realizzi
l’equo contemperamento degli interessi delle parti. Non si deve, in sostanza,
favorire eccessivamente nessuna delle due parti: bisogna ottenere un equo
contemperamento degli interessi di entrambi. È uno dei pochi casi in cui viene
sancito un principio di equilibrio contrattuale. Qui vi è un elemento che
attenua il rigore del principio di libertà contrattuale: ci dice che un
obiettivo del legislatore è quello che il contratto realizzi l’equo
contemperamento degli interessi. Non devono essere, in sostanza, contratti
ingiusti. Vi è, quindi, istanza di giustizia sostanziale.
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