domenica 5 aprile 2015

11^ LEZIONE DI FILOSOFIA DEL DIRITTO.

 MITO PLATONICO DELLA NASCITA DI EROS – Simposio
Si tratta del racconto con il quale Platone intende spiegare cosa sia la filosofia (con parole di Socrate). Il mito è nella parte finale del Simposio (dialogo sul tema dell’amore in cui i convitati tirano fuori questo argomento e discutono delle varie tesi che si ponevano su questo argomento). L’argomento finale viene assegnato a Socrate: si svolge in modo dialogico e presso il banchetto. Uno dei discorsi precedenti sull’amore è quello di Aristofane: “L’amore si può rappresentare con il grande mito degli esseri umani in delle sfere, tagliate poi a metà da Zeus. Le mezze sfere tentano di riunirsi in una grande sfera”. Socrate, con astuzia dialettica, nel dialogo afferma di raccontare ciò che ha sentito dalla sacerdotessa Diotima di Mantinea: questa ha rivelato cosa sia l’amore. È un’esposizione del dialogo nel dialogo.
Diversamente da quello che ha detto Aristofane, Socrate racconta un mito nella forma del dialogo. La nascita di Eros è la nascita di un semidio che in realtà si riferisce ad una divinità molto nota, con caratteristiche specifiche. La situazione narrativa del mito è quella del banchetto organizzato dagli dei per la nascita di Afrodite. In questo caso si svolge il racconto che Socrate fa. Il dialogo è stato diviso in 4 parti:
L’idea che Eros sia un intermedio, è una divinità da tutti conosciuta, ma a metà tra bello e buono, brutto e cattivo. La cosa più facile, dice Socrate, è fare domande. Socrate spiega ai suoi astanti l’amore in questo modo (anche la sacerdotessa gliene faceva). Gli fu chiesto che cosa credesse fosse Eros, e lui rispose che Eros è Dio delle cose belle. Lei confutò che era sia bello che brutto. Socrate chiede se per lei fosse brutto, e lei risponde che è un intermedio. Questo implica che la riflessione su questo grande Dio debba essere corretta dicendo che Eros non è bello e buono, né brutto né cattivo. Tutto ammettono che è un grande Dio, dice Socrate. E lei dice che non è possibile dire ciò, in quanto non è un Dio, ma solo semi-Dio. Socrate allora dice che tutti gli dei sono belli: è un qualcosa di intermedio, un mortale immortale. È in sostanza un DAIMON, tutto ciò che così è, è appunto un intermedio tra il divino e il mortale (difesa già usata nella Apologia di Socrate). È quindi un PONTE tra uomini e dei. È un TRAMITE, così come nell’antico mondo romano lo era il PONTIFEX. Opera un completamento, in modo che tutto sia collegato con se stesso. Questo collegamento è operato attraverso il LOGOS. Platone, quindi, si sta riferendo alla dialettica. Eros rappresenta quello che nella tradizione è l’amore platonico, amore simile all’amore magico (in questo modo gli dei hanno un collegamento con gli uomini). Il demone riesce a creare una mediazione tra ciò che è umano e ciò che è divino. È pacifico interpretare la figura di Eros da parte di Platone con la figura di Socrate (Platone sta procedendo ad una rivalutazione della figura di Socrate). Socrate è un intermedio tra dei e uomini. Socrate è un uomo DEMONICO (da DAIMON). Questo mito racconta della nascita di Eros: gli dei tenevano banchetto. Poros, ubriaco, fu colto dal sonno. Penia, la povertà, giacque con Poros e dalla loro unione nasce Eros. Nasce proprio durante le feste per la nascita di Afrodite AMANTE DI BELLEZZA. Ecco la natura semidivina di Eros. È un intermedio tra chi è cacciatore di ricchezza e tra chi è indigente: è povero sempre, duro e ispido e dorme all’aperto. Ciò che riceve dal padre: coraggioso, audace, straordinario cacciatore, appassionato di saggezza (FILOSOFOS). Tutte queste caratteristiche ben si attagliano a Socrate: trasforma spesso se stesso, sicché Eros non è né ricco né povero, è a metà via. Eros sta in mezzo tra sapienza ed ignoranza. Il filosofo è un sapiente, è un amico della sapienza, ma non è nemmeno ignorante. Chi presume di non essere ignorante in assoluto non ha tale sapienza (dotta ignoranza). Nessuno degli dei filosofa, perché già sapiente. Nessuno degli ignoranti, al pari, filosofa, perché pensa di essere già sapiente. Il sapere, per non cadere in contraddizione, è il sapere di non sapere. Ma chi sono coloro che filosofano? Sono coloro che stanno in mezzo tra gli ignoranti e i sapienti, i desiderosi di sapienza. Costui è anche Eros, amore per il bello. Perciò è necessario che Eros sia filosofo, intermedio. Eros non è l’amato, è l’amante. Per questo Eros è colui che ama, non è l’oggetto: il filosofo ha quelle caratteristiche pienamente impersonate da Socrate. Ciò che emerge dal raccontare il filosofo non è teoria astratta, ma deriva da un dialogo nel dialogo. Il filosofo e, quindi, la filosofia si riferiscono ad un concetto che non è solo un modo di vedere, ma anche di ESSERE. Non v’è, quindi, differenza tra esperienza e conoscenza. Questo è il VERO filosofo. Bisogna concentrarsi sul SOGGETTO e non sull’oggetto. Questa è la conferma dello schema sul mito: racconto fondativo, racconto inventivo (storia di Eros), disordinato (esistono varie storie su Eros), simbolico (Eros è Socrate) e dialogico. Questa è una prima ed evidente connessione col mondo del mito e gli elementi costitutivi del mondo della filosofia. Attraverso il mito, infatti, si possono apprendere elementi di conoscenza sulla ricerca filosofica.
LA CALUNNIA – Botticelli
È una rappresentazione del processo ingiusto. È un quadro che Botticelli dipinge alla fine del ‘400 (1494-1495). Costituisce il rifacimento di un quadro che dipinse Apelle di Cos (pittore di età classica, vissuto presso la Corte di Tolomeo), il quale riprende quello che fu perduto (l’originale è assente). Questo quadro viene descritto in alcune opere letterarie, quali quelle del II secolo d.C., come “Come difendersi dalla calunnia”, di Luciano di Samosata. Il quadro è una rappresentazione allegorica di un processo che subì Apelle stesso. Botticelli, si dice, abbia dipinto questo quadro per difendere Savonarola: altri affermano che lui stesso fu vittima di calunnia. La II fonte letteraria è l’opera di Leon Battista Alberti (“De Pictura”), in cui si dice che i pittori devono imitare le opere dei classici. Le fonti letterarie di questa opera pittorica è il trattatello di Luciano e l’opera di Alberti, quindi. “La calunnia”, quindi, riprende una tecnica che rappresenta la vera origine letteraria della calunnia di Apelle di Cos (genere Ecfrastico). Il genere della EKFRASIS è un’opera in cui l’autore genera immagini attraverso il suo racconto: rende visibile a parole ciò che vuole rappresentare. L’evocazione di immagini attraverso parole è tipica di Iliade ed Odissea, per esempio. Ma è una tecnica fondamentale anche per il pittore rinascimentale. Modello di EKFRASIS per i pittori è proprio la calunnia di Apelle. In questo caso è un’immagine che evoca il racconto. È una interpretazione che ricrea un dipinto che si era perduto. Questo quadro è la rappresentazione di un mito e di un processo ingiusto.
ICONOGRAFIA
La descrizione parte dall’analisi dei personaggi: è una rappresentazione allegorica. Il quadro è divisibile in tre parti. La descrizione parte da destra e finisce a sinistra. Il protagonista di questo processo è Re Mida, il giudice. Ha le orecchie da asino e ha due fanciulle che rappresentano il SOSPETTO e l’IGNORANZA. Le orecchie d’asino sono un retaggio della punizione di Apollo per aver dato la vittoria a Marsia nell’agone al flauto.
Vi è poi una sezione centrale: ci sono varie figure che si muovono e al centro vi è la calunnia (donna con veste azzurra, che trascina un soggetto per terra (imputato)). Vi è poi una figura incappucciata: rabbia, livore, l’accusa, che si rivolge al giudice. La calunnia regge una fiaccola accesa che sarebbe il simbolo di ciò che illumina: in realtà è lontana dall’accusatore e quindi non lo illumina. Ci sono altre due figure allegoriche: Invidia e Frode (quelle che acconciano i capelli della Calunnia). I capelli sono acconciati con rose e nastro bianco.
La terza parte reca una donna scura (penitenza e pentimento) che guarda la VERITA’ (figura nuda ed immobile). Costituisce una presenza ingombrante, necessaria ma al contempo trascurata. È una rappresentazione dinamica ma anche statica.
Il tema del quadro è la calunnia: in basso, in piccolo, è scritto di diffidare dalla calunnia (accusa falsa di aver commesso un delitto). L’elegante loggiato ha due pilastri con tre arcate e il paesaggio è sereno e piatto, che contrasta con le figure in primo piano. Nelle nicchie vi sono figure mitologiche e bibliche. Se ben si guarda, i personaggi reali del processo sono:
-        Re Mida;
-        Accusatore;
-        Incappucciato.

PROCESSUS EST ACTUS TRIUM PERSONARUM (giudice, attore e convenuto). La scena principale, ripeto, rappresenta un INGIUSTO processo. Chiaramente nel processo vi è un problema: il tema della verità nel processo. E’ la verità l’unica figura ferma, rispetto alla concitazione della scena. La verità è FUORI dal processo quando questo è ingiusto.

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