domenica 5 aprile 2015

12^ LEZIONE DI DIRITTO PRIVATO.

Forma ad probationem: il mancato rispetto non comporta nullità in caso di non rispetto del requisito di forma. È una regola che non tocca il problema di validità o meno del contratto, o sul piano dei mezzi di prova che le parti possono usare per i contenuti del contratto. Quando si richiede la forma scritta, ciò che succede nel caso di non rispetto, è che vi sono dei limiti per poter provare un giudizio una simile fattispecie. Si possono utilizzare solamente le confessioni e il giuramento: non si possono usare né la testimonianza né le presunzioni. Questi sono i 4 mezzi di prova disciplinati dal codice civile. Questi mezzi di prova non sono precostituiti, sono mezzi di prova raccolti durante il processo civile.
A tal proposito ci torna utile l’articolo 2725: bisogna sottolineare che il contratto deve essere provato per iscritto, salvo la prova per testimoni, prevista solo quando il contraente ha, senza sua colpa, perduto il documento che gli forniva la prova. È esclusa parallelamente anche la prova per presunzione (che viaggia parallela alla testimonianza). Se la legge prescrive una determinata forma, restano soltanto gli ultimi due mezzi di prova: confessione e giuramento. I casi in cui la legge prevede una determinata forma sono pochi: 1888 (contratto di assicurazione: una parte si assume l’obbligo di versare una determinata somma di denaro, il premio, e l’altra parte assicura una copertura della fattispecie assicurata). Se tale contratto non è per iscritto, si potrà provare per confessione o giuramento. Altro esempio riguarda il contratto di transazione (art. 1967): è un contratto con cui due parti prevengono o pongono fine ad una lite fra di loro. La lite è data dalla pretesa di una persona, smentita dall’altra. Facendosi reciproche concessioni, le due parti pongono fine alla lite; esse possono anche PREVENIRE una lite. La lite è risolta da un accordo dalle parti, caratterizzato da reciproche concessioni, elemento qualificante la transazione. Ciascuna delle parti rinuncia a qualcosa della sua pretesa: nessuno dei due ottiene quello che desiderava, ma la convenienza ritenuta prevalente da entrambe le parti è quella di arrestare un procedimento giudiziario. Questa è un’attività molto laboriosa e difficile per un avvocato. Entrambe le parti devono uscirne scontente, in sostanza. La transazione è un contratto per il quale la legge prevede una forma scritta (art. 1350, punto 12). La forma è un requisito, nel contratto di transazione, di validità.
Si vede un’ulteriore intersezione di regole sulla forma e regole sulla prova. Quando si parla di forma si fa riferimento ad un requisito di un contratto; quando si parla di prova, si fa riferimento ad un requisito valido per prova in giudizio.
Ma quali sono gli altri singoli mezzi di prova?
TESTIMONIANZA
Il testimone è un soggetto terzo rispetto alle parti che risponde a domande che gli vengono rivolte dai legali delle parti, raccontando ciò che sa su fatti che sa riguardanti le controversie. Le norme per ascoltare i testimoni sono contenute nel codice di procedura civile. Nel codice civile sono contenute alcune regole che riguardano la possibilità o meno di provare il contratto per testimoni. La testimonianza è una prova significativa perché il testimone non è attore né convenuto: è un estraneo. Si deve ritenere che il testimone racconti la verità, non avendo interessi nella causa. Il testimone è un soggetto che dovrebbe dire la verità: il giudice valuterà l’attendibilità di tale testimone (se costui è più vicino all’attore o al convenuto). Le norme sulla testimonianza contenute nel codice civile si basano sulla esigenza di valutare la maggiore o minore attendibilità di una testimonianza (art. 116 cod. proced. Civile), valutate con prudenza dal giudice. Si faccia riferimento agli articolo 2721 e seguenti.
L’anacronismo del 2721 si è presentato sin dai primi anni di vita del codice civile (2,58€). Tuttavia, l’autorità giudiziaria può consentire la prova per circostante ben precise, contenute nell’articolo anzidetto. La norma che dice che non si possono ammettere testimoni per valori superiori a 2,58€ deve avere un senso: il codice ha fissato un tetto per risolvere l’incertezza se un contratto possa verosimilmente essere stato stipulato oralmente o per iscritto.
Abbiamo poi altri due articoli: 2722-2723. Nel contratto scritto si è stabilito il prezzo di una cosa per 100, ma in realtà una delle parti afferma che ci si era messi d’accordo per 90 (questo ultimo accordo è orale e modifica lo scritto). La legge si chiede: posso chiamare un terzo a testimoniare il secondo accordo? “La prova per testimoni (ex articolo 2722) non è ammessa se ha per oggetto patti aggiunti o contrari al contenuto di un documento, per i quali si alleghi che la stipulazione è stata anteriore o contemporanea.” Se prima di fare il documento ci si era messi d’accordo per la somma dovuta, NON si può ammettere la prova per testimoni. Se è DOPO la stesura del documento, la autorità giudiziaria può ammetterla. La ragione di queste diverse regole è ancora una volta una ragione di verosimiglianza: non è pensabile, dice il legislatore, che le parti accordate per modificare i patti destinati a modificare il documento, non si siano adoperate per modificare il documento stesso.
Altra regola per la testimonianza è contenuta nel 2724: la prova per testimoni è ammessa quando vi è un qualunque scritto costituente prova (se Tizio stipula con Caio un contratto orale per la fornitura di tot materiale, e Tizio poi scrive a Caio dicendo che si è fornito già altrove, ciò costituisce prova di un contratto preesistente orale).
La testimonianza è ammessa quando il contraente è nell’impossibilità materiale o morale di procurarsi prova scritta.
La testimonianza è ammessa quando il contraente ha senza sua colpa perduto il documento che gli forniva la prova.
Lo stesso vale per i contratti ad substantiam ex articolo 2725.
CONFESSIONE
Art. 2730: dichiarazione che una parte fa di fatti ad essa sfavorevoli e favorevoli all’altra parte. La testimonianza è resa da un terzo, mentre la confessione arriva da una delle parti. La prova della verità del fatto si ha se il fatto dichiarato è sfavorevole alla parte che lo dichiara vero: questa è una piena prova, ha valore legale, il giudice non ha nessuna possibilità di valutare la prova. Nel caso di confessione stragiudiziale (al di fuori del processo) il giudice valuta liberamente la prova, a meno che (ex articolo 2735) la prova confessoria venga fatta all’altra parte del processo. La dichiarazione solitamente viene condita con fatti ulteriori, che hanno effetto di privare di rilevanza il fatto confessato (art. 2734). Di fronte ad una dichiarazione come “IO SONO DEBITORE”, l’altra parte ha l’obbligo di contestare i fatti ad essa aggiunti: se non lo fa, il giudice è costretto a considerare piena prova nella loro integrità le dichiarazioni. L’avvocato deve stare molto attento a contestare immediatamente le dichiarazioni: ignorare questa norma può inficiare sulla verità dei fatti.

Vi è poi l’articolo 2733: la confessione fa prova legale. La confessione è un fatto vero nella verità processuale: per confessare occorre avere la capacità di agire per trasferire il diritto cui si riferisce la confessione.

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