venerdì 13 marzo 2015

5^ LEZIONE DI FILOSOFIA DEL DIRITTO.

Processo a Gesù di Nazareth – Massimo Miglietta (Università degli Studi di Trento)
Il processo ha sempre avuto il compito di evitare la vendetta privata: questa è la classica funzione del processo criminale, tanto quanto di quello civile.
Dimentichiamo questa funzione: il processo a Gesù è all’opposto. Questo processo è stato legato a strumenti che prescindono dall’elemento processuale. Il processo a Gesù è connesso alla CULPA EBRAICA: gli studiosi hanno condotto le loro indagini alla luce della responsabilità del popolo ebreo.
Il processo a Gesù ha cominciato ad avere una vicenda sua tipica immediatamente dopo la sua celebrazione: il processo a Gesù è stato oggetto di altra forma di processo culturale, contro Pilato, i Romani e i Giudei. Estremamente utili in tal senso sono due versetti del Vangelo secondo Luca: hanno fatto congiura i pagani, i popoli di Israele…già guardando a quel “hanno fatto congiura” ci rendiamo conto di non trovarci davanti ad un processo, mirato ad accertare la VERITA’, ma in presenza di una specie di complotto che spinge a considerare l’elemento fondamentale, ovvero a due profili. LA NATURA DELLE FONTI DI COGNIZIONE: queste non sono mai avulse dalla loro storia letteraria. Quali sono le fonti?
-        I vangeli canonici, che si contrappongono alle fonti apocrife (meno sicure delle prime). Le prime sono i quattro Vangeli SINOTTICI (che, cioè, possono essere letti simultaneamente, a differenza di quello di Giovanni, che invece è elemento a sé stante).
-        I vangeli apocrifi, non divinamente ispirati. Scritti che si susseguono nel tempo e che mancano della divina ispirazione. Tutti dovrebbero essere messi sullo stesso piano, ma questi sono meno attendibili.
I vangeli canonici, essendo stati divinamente ispirati, non sono mai stati modificati: risultano decisamente più affidabili. Il Vangelo di Nicodemo, però, pur essendo vangelo apocrifo, è importante fonte; anche il Vangelo di Pietro, di cui noi possediamo solamente una piccola parte, è importante: è una sorta di racconto che circolava tra le “donne fedeli”.
Fino a pochi anni fa i vangeli apocrifi venivano poco consultati, perché meno affidabili dei vangeli canonici, divinamente ispirati (come già detto sopra).
Qual è la natura delle fonti? NON SONO verbali processuali, i Vangeli sono “opere letterarie”, raccontano la fede e non un ordinato svolgersi dei fatti; NON SONO opere storiche, in quanto la storia è il fine, per testimoniare che Gesù è il profeta, il figlio di Dio, una sorta di “annuncio” che veniva dato al mondo affinché ci si convertisse a quella fede. I vangeli NON SONO certificazioni di un cancelliere!
Come sono nati questi vangeli? Sarebbero nati da un racconto originario della passione di Cristo. Questo racconto era molto vicino all’attuale Vangelo di Marco. Il Vangelo secondo Matteo, per esempio, è un’opera scritta da un ebreo PER gli ebrei. Egli è interessato alla cultura ebraica; il suo scopo tematico è quella di “smuovere” le persone, di convertire alla cultura ebrea. C’è quindi una dimensione critica nei confronti del giudaismo, che deve essere respinto per la nuova fede in Gesù.
L’opera più complessa e più colta è quella del Vangelo secondo Giovanni: è caratterizzato da una “esplosione” iniziale. Questo è connotato da una forte venatura anti-giudaica: ciò non vuol dire “antisemita”! E’ caratterizzato da una trasmigrazione di piani: attraverso il processo, nella sconfitta umana emerge la divina regalità di Gesù.
Quando sono stati scritti e pensati i vangeli? Sono opere che sono state scritte nel momento in cui le opere della Chiesa nascente si contrappongono al giudaismo ufficiale. Al processo di Gesù la partecipazione delle autorità romane viene affievolita a favore delle autorità ebraiche.
Qual è il compito del giurista e dello storico del diritto di fronte ad una letteratura così ampia? Abbiamo circa 2000 opere specialistiche e molte altre opere che si occupano della vita di Gesù. La letteratura si divide in due macro-categorie:
-        Scrittori di CULTURA CRISTIANA, da cui emerge un dato significativo: per loro la responsabilità esclusiva è degli ebrei;
-        Scrittori di CULTURA EBRAICA, da cui si emerge la totale estraneità del SINEDRIO al processo.
Non c’è nessun testo che parli da solo, naturalmente. Il vangelo ha bisogno di una sua interpretazione, che è sempre molto soggettiva. Gli studiosi occidentali-cristiani si sono avvalsi di teoremi sistematici: si pensi ad una pericope (brano) del Vangelo di Matteo. Ricordiamo la “lavanda delle mani” ad opera di Pilato: Pilato dichiara la propria innocenza anche nelle intenzioni, chiede dell’acqua e si lava le mani. Pilato si è rifiutato di prendere posizione: i giudei sono i veri responsabili della morte di Gesù.
Il vangelo di Pietro afferma: “nessuno degli ebrei si lavò le mani. […] Pilato afferma: <Io sono puro del sangue di Dio […]>.” Non si può naturalmente dire che sia inverosimile come episodio: tanto in Erodoto quanto in Virgilio il lavarsi le mani sta a significare “pulirsi del sangue”. SOLO NELLA BIBBIA, l’atto del lavarsi le mani sta a dire “rimando la punizione di chi scarica la responsabilità al futuro, per pulirsi dalle male intenzioni”. Inoltre la tradizione ROMANA voleva l’acqua per “lavarsi da questa responsabilità”. Fondare su questo episodio la preponderante responsabilità ebraica è, quindi, poco accettabile.
Vi sono inoltre due interpretazioni: secondo i cristiani, Cristo era stato ucciso dai giudei, che avevano preferito mandare a morte un uomo, piuttosto che permettere ai romani la distruzione dell’intera nazione giudaica. Secondo i giudei, invece, il loro atteggiamento era rivolto ad evitare la condanna di Gesù e salvare comunque la Nazione.
Al gran Sinedrio i romani affidano: il controllo dell’ordine pubblico e la funzione di giudice istruttore, organo deputato a raccogliere le prove e al deferimento ad altro tribunale degli imputati per crimini gravi, senza natura puramente religiosa (illeciti tali per ordinamento romano o che comunque comportassero la pena di morte). Il sinedrio aveva da tempo visto sottrarsi il potere di emettere sentenze di morte e di eseguirle. L’emanazione e l’esecuzione della sentenza capitale, infatti, è manifestazione dell’IMPERIUM romano (sarebbe concorrente al potere dell’imperatore). Qualcuno obietta non sia vero: il sinedrio poteva fare ciò! Aveva lapidato un’adultera e Stefano, il proto-martire. Facilmente smentibile come tesi: l’adultera non è stata uccisa. Se ci fosse stata una sentenza, l’adultera sarebbe stata lapidata, anche se Gesù fosse intervenuto (come fa tuttora); nel caso di Stefano, invece, è un caso di linciaggio. In ragione di queste prerogative, il Sinedrio procedette all’arresto di Gesù: fu legittimo l’arresto? È stato attuato sulla base di legittimi capi d’accusa? È legittimo il doloso mutamento d’accusa che si trova registrato? Se fosse vera la dolosa mutazione, è vero che c’è una responsabilità ebraica nella morte di Gesù.
Quali sono i capi d’accusa? Sovvertiva l’ordine pubblico, invitava a non pagare i tributi e sobillava il popolo (ce lo dice il testo greco di Luca). Il messia, che allora ci si aspettava dovesse essere un comandante, un re, un messia militarizzato, avrebbe cacciato i romani. Gesù si presenta in modo del tutto opposto, non secondo l’attesa: il suo dichiararsi figlio di Dio richiama una profezia del libro di Daniele (7, 13). Qui si dice che il messia deve avere la stessa natura di Dio e colui che è della stessa natura divina di Dio è, per questo, anche RE di Israele (ecco perché nell’accusa si legge di un CRISTOS BASILEUS).
A lui, quindi, può essere addebitato un crimine pluri-offensivo: auto dichiaratosi della stessa natura divina è un BESTEMMIATORE; essendo anche Re di Israele, offende la maestà di Tiberio. Qual è l’errore? Non averlo accolto come figlio di Dio qual era.
La dottrina sottolinea alcune irregolarità: nonostante tutto questo, nel sinedrio furono commesse delle irregolarità. Di chi è la responsabilità?
-        La presenza dei falsi testimoni: costoro sarebbero stati pagati dai sinedriti (grave responsabilità); dagli stessi vangeli si ricava il fatto che questi testimoni erano contraddittori (i sinedriti li ritennero inutilizzabili).
-        Nella legge ebraica v’era una regola che affermava che il processo criminale non poteva essere svolto di notte (e invece quello di Gesù avvenne di notte). È altrettanto vero che alcuni studiosi hanno affermato che era possibile rifarsi a due calendari: secondo uno i fatti si sarebbero svolti di notte, tra il giovedì e il venerdì; secondo l’altro il processo si sarebbe svolto in 3 giorni. Un avvenimento offre drammaticità più intensa quanto più è contenuto in poco tempo.  
-        Nessuno può essere condannato sulla base di un’unica testimonianza: Gesù stesso fu unico testimone (i sinedriti non avevano altri testimoni). La testimonianza è SEMPRE dei terzi: non è assimilabile confessione a testimonianza!
Ammettiamo che tutte queste obiezioni siano vere: il sommo sacerdote scongiura Gesù di dire che è lui il figlio di Dio. Gesù dice: “Tu lo dici, io lo sono”. Il sacerdote si straccia le vesti in segno di scandalo. In realtà, analizzando il testo greco, lo scongiurare del sacerdote impone a Gesù di dire come sotto giuramento la sua confessione. La risposta di Gesù nel testo greco è: EGO’ EIMI’ (IO SONO, non “io LO sono”). Perché questo stracciarsi le vesti? Perché EGO EIMI è la traduzione in greco di JAVE’. Costui ha pronunciato il TETRAGRAMMA sacro che deve essere IMPRONUNCIABILE! Ecco dov’è lo scandalo. È un reato commesso in flagrante, in quel preciso momento. Colui che si dichiara Dio è anche re d’Israele. Che bisogno si ha di altra testimonianza? È reo!
Pilato giunge alla condanna dopo aver valutato il fascicolo probatorio, che era uno dei tanti tentativi di liberare Gesù. Se si osserva con attenzione, v’è emersione della regalità di Gesù. La questione fondamentale che emerge dalla domanda di Pilato è: “Tu sei Re?”. E Gesù risponde: “Sì, tu lo dici e io sono Re”. Questo al magistrato basta.
L’esecuzione di questa pena è perpetrata da parte dei soldati romani e del centurione che verifichi la morte effettiva. Gesù è il predicatore, re dei Giudei e questo emerge nel TITULUS CRUCIS, ovvero nella motivazione della condanna (questa si riconduce a ciò che si è detto prima: la sentenza di condanna era rivolta alla doppia violazione della natura di Gesù).
Nel processo a Gesù si è avuto una doppia partecipazione: quella del Sinedrio e quella del magistrato romano che doveva gestire il giudizio vero e proprio. Questi hanno dato vita ad una unicità di procedimento che invece troppo spesso viene moltiplicato in un numero troppo elevato di processi.

Fu quello uno IUDICIUM IUSTUM o INIUSTUM? Fu conforme alle regole o no? Si può parlare di IUDICIUM IUSTUM, in un sostanziale rispetto delle regole procedurali.

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