Processo a Gesù di Nazareth – Massimo Miglietta (Università degli
Studi di Trento)
Il processo ha sempre avuto il
compito di evitare la vendetta privata: questa è la classica funzione del
processo criminale, tanto quanto di quello civile.
Dimentichiamo questa funzione: il
processo a Gesù è all’opposto. Questo processo è stato legato a strumenti che
prescindono dall’elemento processuale. Il processo a Gesù è connesso alla CULPA
EBRAICA: gli studiosi hanno condotto le loro indagini alla luce della
responsabilità del popolo ebreo.
Il processo a Gesù ha cominciato
ad avere una vicenda sua tipica immediatamente dopo la sua celebrazione: il
processo a Gesù è stato oggetto di altra forma di processo culturale, contro
Pilato, i Romani e i Giudei. Estremamente utili in tal senso sono due versetti
del Vangelo secondo Luca: hanno fatto congiura i pagani, i popoli di
Israele…già guardando a quel “hanno fatto congiura” ci rendiamo conto di non
trovarci davanti ad un processo, mirato ad accertare la VERITA’, ma in presenza
di una specie di complotto che spinge a considerare l’elemento fondamentale,
ovvero a due profili. LA NATURA DELLE FONTI DI COGNIZIONE: queste non sono mai
avulse dalla loro storia letteraria. Quali sono le fonti?
-
I vangeli canonici, che si contrappongono alle
fonti apocrife (meno sicure delle prime). Le prime sono i quattro Vangeli
SINOTTICI (che, cioè, possono essere letti simultaneamente, a differenza di
quello di Giovanni, che invece è elemento a sé stante).
-
I vangeli apocrifi, non divinamente ispirati.
Scritti che si susseguono nel tempo e che mancano della divina ispirazione.
Tutti dovrebbero essere messi sullo stesso piano, ma questi sono meno
attendibili.
I vangeli canonici, essendo stati
divinamente ispirati, non sono mai stati modificati: risultano decisamente più
affidabili. Il Vangelo di Nicodemo, però, pur essendo vangelo apocrifo, è
importante fonte; anche il Vangelo di Pietro, di cui noi possediamo solamente
una piccola parte, è importante: è una sorta di racconto che circolava tra le
“donne fedeli”.
Fino a pochi anni fa i vangeli
apocrifi venivano poco consultati, perché meno affidabili dei vangeli canonici,
divinamente ispirati (come già detto sopra).
Qual è la natura delle fonti? NON
SONO verbali processuali, i Vangeli sono “opere letterarie”, raccontano la fede
e non un ordinato svolgersi dei fatti; NON SONO opere storiche, in quanto la
storia è il fine, per testimoniare che Gesù è il profeta, il figlio di Dio, una
sorta di “annuncio” che veniva dato al mondo affinché ci si convertisse a
quella fede. I vangeli NON SONO certificazioni di un cancelliere!
Come sono nati questi vangeli?
Sarebbero nati da un racconto originario della passione di Cristo. Questo
racconto era molto vicino all’attuale Vangelo di Marco. Il Vangelo secondo Matteo,
per esempio, è un’opera scritta da un ebreo PER gli ebrei. Egli è interessato
alla cultura ebraica; il suo scopo tematico è quella di “smuovere” le persone,
di convertire alla cultura ebrea. C’è quindi una dimensione critica nei
confronti del giudaismo, che deve essere respinto per la nuova fede in Gesù.
L’opera più complessa e più colta
è quella del Vangelo secondo Giovanni: è caratterizzato da una “esplosione”
iniziale. Questo è connotato da una forte venatura anti-giudaica: ciò non vuol
dire “antisemita”! E’ caratterizzato da una trasmigrazione di piani: attraverso
il processo, nella sconfitta umana emerge la divina regalità di Gesù.
Quando sono stati scritti e
pensati i vangeli? Sono opere che sono state scritte nel momento in cui le
opere della Chiesa nascente si contrappongono al giudaismo ufficiale. Al
processo di Gesù la partecipazione delle autorità romane viene affievolita a
favore delle autorità ebraiche.
Qual è il compito del giurista e
dello storico del diritto di fronte ad una letteratura così ampia? Abbiamo
circa 2000 opere specialistiche e molte altre opere che si occupano della vita
di Gesù. La letteratura si divide in due macro-categorie:
-
Scrittori di CULTURA CRISTIANA, da cui emerge un
dato significativo: per loro la responsabilità esclusiva è degli ebrei;
-
Scrittori di CULTURA EBRAICA, da cui si emerge
la totale estraneità del SINEDRIO al processo.
Non c’è nessun testo che parli da
solo, naturalmente. Il vangelo ha bisogno di una sua interpretazione, che è sempre
molto soggettiva. Gli studiosi occidentali-cristiani si sono avvalsi di teoremi
sistematici: si pensi ad una pericope (brano) del Vangelo di Matteo. Ricordiamo
la “lavanda delle mani” ad opera di Pilato: Pilato dichiara la propria
innocenza anche nelle intenzioni, chiede dell’acqua e si lava le mani. Pilato
si è rifiutato di prendere posizione: i giudei sono i veri responsabili della
morte di Gesù.
Il vangelo di Pietro afferma:
“nessuno degli ebrei si lavò le mani. […] Pilato afferma: <Io sono puro del
sangue di Dio […]>.” Non si può naturalmente dire che sia inverosimile come
episodio: tanto in Erodoto quanto in Virgilio il lavarsi le mani sta a
significare “pulirsi del sangue”. SOLO NELLA BIBBIA, l’atto del lavarsi le mani
sta a dire “rimando la punizione di chi scarica la responsabilità al futuro,
per pulirsi dalle male intenzioni”. Inoltre la tradizione ROMANA voleva l’acqua
per “lavarsi da questa responsabilità”. Fondare su questo episodio la
preponderante responsabilità ebraica è, quindi, poco accettabile.
Vi sono inoltre due
interpretazioni: secondo i cristiani, Cristo era stato ucciso dai giudei, che
avevano preferito mandare a morte un uomo, piuttosto che permettere ai romani
la distruzione dell’intera nazione giudaica. Secondo i giudei, invece, il loro
atteggiamento era rivolto ad evitare la condanna di Gesù e salvare comunque la
Nazione.
Al gran Sinedrio i romani
affidano: il controllo dell’ordine pubblico e la funzione di giudice
istruttore, organo deputato a raccogliere le prove e al deferimento ad altro
tribunale degli imputati per crimini gravi, senza natura puramente religiosa
(illeciti tali per ordinamento romano o che comunque comportassero la pena di
morte). Il sinedrio aveva da tempo visto sottrarsi il potere di emettere
sentenze di morte e di eseguirle. L’emanazione e l’esecuzione della sentenza
capitale, infatti, è manifestazione dell’IMPERIUM romano (sarebbe concorrente
al potere dell’imperatore). Qualcuno obietta non sia vero: il sinedrio poteva
fare ciò! Aveva lapidato un’adultera e Stefano, il proto-martire. Facilmente
smentibile come tesi: l’adultera non è stata uccisa. Se ci fosse stata una
sentenza, l’adultera sarebbe stata lapidata, anche se Gesù fosse intervenuto
(come fa tuttora); nel caso di Stefano, invece, è un caso di linciaggio. In
ragione di queste prerogative, il Sinedrio procedette all’arresto di Gesù: fu
legittimo l’arresto? È stato attuato sulla base di legittimi capi d’accusa? È
legittimo il doloso mutamento d’accusa che si trova registrato? Se fosse vera
la dolosa mutazione, è vero che c’è una responsabilità ebraica nella morte di
Gesù.
Quali sono i capi d’accusa?
Sovvertiva l’ordine pubblico, invitava a non pagare i tributi e sobillava il
popolo (ce lo dice il testo greco di Luca). Il messia, che allora ci si aspettava
dovesse essere un comandante, un re, un messia militarizzato, avrebbe
cacciato i romani. Gesù si presenta in modo del tutto opposto, non secondo
l’attesa: il suo dichiararsi figlio di Dio richiama una profezia del libro di
Daniele (7, 13). Qui si dice che il messia deve avere la stessa natura di Dio e
colui che è della stessa natura divina di Dio è, per questo, anche RE di
Israele (ecco perché nell’accusa si legge di un CRISTOS BASILEUS).
A lui, quindi, può essere
addebitato un crimine pluri-offensivo: auto dichiaratosi della stessa natura
divina è un BESTEMMIATORE; essendo anche Re di Israele, offende la maestà di
Tiberio. Qual è l’errore? Non averlo accolto come figlio di Dio qual era.
La dottrina sottolinea alcune
irregolarità: nonostante tutto questo, nel sinedrio furono commesse delle
irregolarità. Di chi è la responsabilità?
-
La presenza dei falsi testimoni: costoro
sarebbero stati pagati dai sinedriti (grave responsabilità); dagli stessi
vangeli si ricava il fatto che questi testimoni erano contraddittori (i
sinedriti li ritennero inutilizzabili).
-
Nella legge ebraica v’era una regola che
affermava che il processo criminale non poteva essere svolto di notte (e invece
quello di Gesù avvenne di notte). È altrettanto vero che alcuni studiosi hanno
affermato che era possibile rifarsi a due calendari: secondo uno i fatti si
sarebbero svolti di notte, tra il giovedì e il venerdì; secondo l’altro il
processo si sarebbe svolto in 3 giorni. Un avvenimento offre drammaticità più
intensa quanto più è contenuto in poco tempo.
-
Nessuno può essere condannato sulla base di
un’unica testimonianza: Gesù stesso fu unico testimone (i sinedriti non avevano
altri testimoni). La testimonianza è SEMPRE dei terzi: non è assimilabile
confessione a testimonianza!
Ammettiamo che tutte queste
obiezioni siano vere: il sommo sacerdote scongiura Gesù di dire che è lui il
figlio di Dio. Gesù dice: “Tu lo dici, io lo sono”. Il sacerdote si straccia le
vesti in segno di scandalo. In realtà, analizzando il testo greco, lo scongiurare
del sacerdote impone a Gesù di dire come sotto giuramento la sua confessione.
La risposta di Gesù nel testo greco è: EGO’ EIMI’ (IO SONO, non “io LO sono”). Perché
questo stracciarsi le vesti? Perché EGO EIMI è la traduzione in greco di JAVE’.
Costui ha pronunciato il TETRAGRAMMA sacro che deve essere IMPRONUNCIABILE!
Ecco dov’è lo scandalo. È un reato commesso in flagrante, in quel preciso
momento. Colui che si dichiara Dio è anche re d’Israele. Che bisogno si ha di
altra testimonianza? È reo!
Pilato giunge alla condanna dopo
aver valutato il fascicolo probatorio, che era uno dei tanti tentativi di
liberare Gesù. Se si osserva con attenzione, v’è emersione della regalità di
Gesù. La questione fondamentale che emerge dalla domanda di Pilato è: “Tu sei
Re?”. E Gesù risponde: “Sì, tu lo dici e io sono Re”. Questo al magistrato
basta.
L’esecuzione di questa pena è
perpetrata da parte dei soldati romani e del centurione che verifichi la morte
effettiva. Gesù è il predicatore, re dei Giudei e questo emerge nel TITULUS
CRUCIS, ovvero nella motivazione della condanna (questa si riconduce a ciò che
si è detto prima: la sentenza di condanna era rivolta alla doppia violazione
della natura di Gesù).
Nel processo a Gesù si è avuto
una doppia partecipazione: quella del Sinedrio e quella del magistrato romano
che doveva gestire il giudizio vero e proprio. Questi hanno dato vita ad una
unicità di procedimento che invece troppo spesso viene moltiplicato in un
numero troppo elevato di processi.
Fu quello uno IUDICIUM IUSTUM o
INIUSTUM? Fu conforme alle regole o no? Si può parlare di IUDICIUM IUSTUM, in
un sostanziale rispetto delle regole procedurali.
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