venerdì 13 marzo 2015

4^ LEZIONE DI DIRITTO PRIVATO.

L’accordo contrattuale esiste se ed in quanto sia stato portato a compimento uno dei procedimenti di conclusione del contratto (la legge vi allude quando parla di formazione del contratto). Composti da diverse sequenze di una serie di atti che permettano alla fine del procedimento di dire che il contratto è perfetto.
Tutti i procedimenti cominciano con quell’atto che alla fine di eventuali trattative decide se concludere o meno il contratto, con la proposta contrattuale (atto mediante il quale un soggetto prende l’iniziativa di rivolgersi ad un destinatario, chiedendo a quest’altro soggetto se desidera concludere o meno questo contratto).
Il procedimento è descritto all’articolo 1326 CC: nel I comma si riferisce al momento nel tempo di conclusione del contratto. Questo atto può dirsi concluso quando c’è il consenso delle parti (una delle due conosce l’ACCETTAZIONE dell’altra parte). Il momento di conclusione del contratto è fondamentale, perché solo a partire dal momento di conclusione del contratto cominciano a prodursi gli effetti del contratto. Gli effetti del contratto, quindi, iniziano ad esistere nel momento di conclusione del contratto. Se il contratto ancora non è concluso, ad esempio, la macchina è ancora del venditore. Se la macchina è distrutta nel momento in cui il contratto è già stato perfezionato io (in quanto acquirente) devo comunque i soldi al venditore, anche se la macchina risulta distrutta da un crollo improvviso del capannone.
Il contratto è concluso nel momento in cui il primo conosce l’accettazione della proposta del secondo. Ci vuole anche una dichiarazione DI ACCETTAZIONE del destinatario.
Il meccanismo è fatto di proposta + accettazione. Ma cos’è questa accettazione? In quali casi l’accettazione determina la conclusione del contratto?
Il principio secondo il quale la dichiarazione dell’oblato può determinare il momento di accettazione del contratto, solo se d’accordo, è fondamentale per il perfezionamento di un contratto. La accettazione deve essere conforme alla proposta: il contratto si concluderà quando il proponente avrà coscienza della accettazione del compratore.
Cosa succede se l’accettazione non è conforme alla proposta? Le volontà dichiarate tramite proposta e accettazione non sono conformi. Il proponente vuole vendere la sua auto per 50.000€. L’oblato accetta di acquistare l’auto per 40.000€. Cosa succede? Il vecchio proponente diventa un nuovo oblato; il vecchio oblato diventa nuovo proponente. Tutto in forza dell’articolo 1326, ultimo comma. Il vecchio proponente diventerà accettante o respingente.
Questa regola espressa nell’ultimo comma dell’articolo 1326 è chiara espressione del principio di economicità, già enunciato sopra. L’accettazione conforme alla proposta determina la conclusione del contratto nel momento in cui l’accettazione entra nel panorama di conoscenza del proponente.
Dal punto di vista giuridico la sottoscrizione (la firma) è lo strumento per appropriarsi di un contenuto (nel nostro caso di una dichiarazione di volontà): quando si firma un foglio, stiamo riferendo a noi ciò che è contenuto all’interno del foglio. E questo è il motivo per cui la firma viene posta al di sotto della dichiarazione: la firma serve ad appropriarsi ciò che è scritto PRIMA di essa. Ciò che è scritto prima non è riferibile alla persona che ha firmato.
Seconda precisazione: il contratto si conclude nel momento in cui il proponente ha conoscenza dell’accettazione della prima parte. Il momento in cui l’accettazione viene emessa, è il momento stesso in cui viene proposta la possibilità (ad esempio questo in un negozio o in diretto collegamento via internet). Logicamente il tempo tra proposta ed accettazione deve sempre intercorrere (anche se è minimo).
Il contratto, quindi, è concluso quando il proponente viene a conoscenza dell’accettazione.
I problemi nascono quando si parla di…
ATTI RECETTIZI: atti i quali producono effetti nel momento in cui arrivano alla persona determinata cui sono destinati. Ad esempio la proposta contrattuale. L’esempio che possiamo fare è l’esempio della costituzione in mora del debitore: differenza fra negozio giuridico e atto giuridico in senso stretto (negozio: regolamento di interessi; atto: presuppone un regolamento di interessi). È un atto NON negoziale che ha l’effetto giuridico di mettere in mora il debitore: il creditore chiede per iscritto al debitore di pagarlo (art. 1219). Questo è un esempio di atto giuridico recettizio.
Dal momento in cui sono ricevuti, vale l’articolo 1334. Questi atti recettizi si distinguono dagli atti NON recettizi, che producono i loro effetti anche se non conosciuti dalla persona alla quale non sono destinati.
Questi sono atti che producono effetti dal momento in cui vengono emessi: non sono diretti ad una persona determinata. Sono diretti ad un gruppo indistinto di persone (si pensi, ad esempio, ad una borsa di studio). Il signor X che promette una borsa di studio al miglior studente dell’a.a. 2014-15 è tenuto a dare la borsa di studio al miglior studente (ma l’effetto decorre dal momento in cui il signor X emette questa volontà).
Come si fa a sapere se il destinatario ha effettivamente ricevuto l’atto recettizio? L’articolo 1334 lascia aperto questo problema: “le porte della mente si aprono solo dall’interno”. La legge risolve il problema dettando un’altra regola all’articolo 1335: se la dichiarazione arriva all’indirizzo del destinatario, la legge presume che il destinatario la conosca. Il destinatario può dimostrare il contrario, dicendo che senza sua colpa non è riuscito a conoscere l’atto recettizio.
Questa è una regola molto importante, che fissa una presunzione di conoscenza. La scelta formale del legislatore potrebbe anche essere diversa (vedi il caso tedesco, in cui basta semplicemente l’emissione della dichiarazione di accettazione; il caso spagnolo, in cui c’è bisogno dimostrare la CONOSCENZA -- > lasciano in piedi il problema).
Nel I libro del codice civile: COLLOCAZIONE SPAZIALE DELL’INDIVIDUO. Posti giuridicamente rilevanti dove una persona si può trovare: DIMORA, RESIDENZA e il DOMICILIO.
La dimora è il luogo in cui una persona si trova anche solo TEMPORANEAMENTE, purché con un carattere di minima stabilità.
RESIDENZA (art. 43 II comma): dove dimora abitualmente la persona.
Il DOMICILIO: si distingue in domicilio generale e speciale (che un essere umano può avere o meno). Il domicilio GENERALE è il luogo dove la persona ha stabilito la sede principale dei suoi affari ed interessi.
Ovviamente può accadere che una persona abbia dimora e domicilio diversi; ma può anche accadere che la persona abbia residenza e domicilio nello stesso posto. Ex articolo 47: “si può eleggere domicilio speciale per determinati atti o affari”. Per tutto ciò che riguarda quell’atto o quell’affare la persona sceglie di essere domiciliata in quel luogo.
La persona fisica, per legge, si trova nello spazio presso questi tre posti. Per quanto riguarda le persone giuridiche, le nozioni sopra enunciate vengono sostituite dalla nozione di SEDE (ex articolo 46).
Tornando all’articolo 1335: si dice che l’atto recettizio giunge all’indirizzo del destinatario. Qual è questo indirizzo? Bisogna interpretare il concetto di indirizzo dal punto di vista del 1335. Una prima interpretazione della norma è stata: l’indirizzo è una delle collocazioni spaziali della persona. Indirizzo, secondo questa lettura, sarebbe solo un’espressione sintetica. Questa è una concezione che nessuno ha mai negato.
A partire dagli anni 70 e 80 ci è stata un’elaborazione ulteriore: indirizzo = luoghi diversi dai 3 sopra elencati. Questa estensione è stata occasionata da una serie di controversi casi in cui un destinatario di atto unilaterale recettizio (per esempio, sfratto) il conduttore dell’immobile dice di non aver ricevuto l’intimazione di sfratto perché non è arrivata al suo indirizzo, perché il postino ha imbucato nella buca delle lettere che non si trova nella casa, ma alla fine del vialetto. Per smontare questa assurda tesi, bisogna reinterpretare il 1335. La Cassazione afferma che per “domicilio” si deve intendere il luogo sottoposto alla sfera di controllo del destinatario. In questo modo, anche la cassetta delle lettere in fondo al vialetto fa parte del domicilio. Oggi per indirizzo si intende anche spazio che sta sotto la sfera di controllo della persona. Questa nozione di indirizzo, elaborata negli ultimi 20-30 anni, ha risolto un problema che all’epoca ancora non era concepibile: l’indirizzo mail.

Anche l’indirizzo mail, pur essendo virtuale, è un luogo che sta sotto la sfera di controllo dell’individuo. Questa definizione calza a pennello per quanto riguarda una dichiarazione mandata ad un indirizzo di casella postale. Se l’accettazione arriva all’indirizzo del destinatario, allora questa si riterrà venuta a conoscenza del destinatario stesso.

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