L’accordo contrattuale esiste se
ed in quanto sia stato portato a compimento uno dei procedimenti di conclusione
del contratto (la legge vi allude quando parla di formazione del contratto).
Composti da diverse sequenze di una serie di atti che permettano alla fine del
procedimento di dire che il contratto è perfetto.
Tutti i procedimenti cominciano
con quell’atto che alla fine di eventuali trattative decide se concludere o
meno il contratto, con la proposta contrattuale (atto mediante il quale un
soggetto prende l’iniziativa di rivolgersi ad un destinatario, chiedendo a
quest’altro soggetto se desidera concludere o meno questo contratto).
Il procedimento è descritto
all’articolo 1326 CC: nel I comma si riferisce al momento nel tempo di
conclusione del contratto. Questo atto può dirsi concluso quando c’è il
consenso delle parti (una delle due conosce l’ACCETTAZIONE dell’altra parte). Il
momento di conclusione del contratto è fondamentale, perché solo a partire dal
momento di conclusione del contratto cominciano a prodursi gli effetti del
contratto. Gli effetti del contratto, quindi, iniziano ad esistere nel momento
di conclusione del contratto. Se il contratto ancora non è concluso, ad
esempio, la macchina è ancora del venditore. Se la macchina è distrutta nel
momento in cui il contratto è già stato perfezionato io (in quanto acquirente)
devo comunque i soldi al venditore, anche se la macchina risulta distrutta da
un crollo improvviso del capannone.
Il contratto è concluso nel
momento in cui il primo conosce l’accettazione della proposta del secondo. Ci
vuole anche una dichiarazione DI ACCETTAZIONE del destinatario.
Il meccanismo è fatto di proposta
+ accettazione. Ma cos’è questa accettazione? In quali casi l’accettazione
determina la conclusione del contratto?
Il principio secondo il quale la
dichiarazione dell’oblato può determinare il momento di accettazione del
contratto, solo se d’accordo, è fondamentale per il perfezionamento di un
contratto. La accettazione deve essere conforme alla proposta: il contratto si
concluderà quando il proponente avrà coscienza della accettazione del
compratore.
Cosa succede se l’accettazione
non è conforme alla proposta? Le volontà dichiarate tramite proposta e
accettazione non sono conformi. Il proponente vuole vendere la sua auto per
50.000€. L’oblato accetta di acquistare l’auto per 40.000€. Cosa succede? Il
vecchio proponente diventa un nuovo oblato; il vecchio oblato diventa nuovo
proponente. Tutto in forza dell’articolo 1326, ultimo comma. Il vecchio proponente
diventerà accettante o respingente.
Questa regola espressa
nell’ultimo comma dell’articolo 1326 è chiara espressione del principio di
economicità, già enunciato sopra. L’accettazione conforme alla proposta
determina la conclusione del contratto nel momento in cui l’accettazione entra
nel panorama di conoscenza del proponente.
Dal punto di vista giuridico la
sottoscrizione (la firma) è lo strumento per appropriarsi di un contenuto (nel
nostro caso di una dichiarazione di volontà): quando si firma un foglio, stiamo
riferendo a noi ciò che è contenuto all’interno del foglio. E questo è il
motivo per cui la firma viene posta al di sotto della dichiarazione: la firma
serve ad appropriarsi ciò che è scritto PRIMA di essa. Ciò che è scritto prima
non è riferibile alla persona che ha firmato.
Seconda precisazione: il
contratto si conclude nel momento in cui il proponente ha conoscenza
dell’accettazione della prima parte. Il momento in cui l’accettazione viene
emessa, è il momento stesso in cui viene proposta la possibilità (ad esempio
questo in un negozio o in diretto collegamento via internet). Logicamente il
tempo tra proposta ed accettazione deve sempre intercorrere (anche se è
minimo).
Il contratto, quindi, è concluso
quando il proponente viene a conoscenza dell’accettazione.
I problemi nascono quando si
parla di…
ATTI RECETTIZI: atti i quali
producono effetti nel momento in cui arrivano alla persona determinata cui sono
destinati. Ad esempio la proposta contrattuale. L’esempio che possiamo fare è
l’esempio della costituzione in mora del debitore: differenza fra negozio
giuridico e atto giuridico in senso stretto (negozio: regolamento di interessi;
atto: presuppone un regolamento di interessi). È un atto NON negoziale che ha
l’effetto giuridico di mettere in mora il debitore: il creditore chiede per
iscritto al debitore di pagarlo (art. 1219). Questo è un esempio di atto
giuridico recettizio.
Dal momento in cui sono ricevuti,
vale l’articolo 1334. Questi atti recettizi si distinguono dagli atti NON
recettizi, che producono i loro effetti anche se non conosciuti dalla persona
alla quale non sono destinati.
Questi sono atti che producono
effetti dal momento in cui vengono emessi: non sono diretti ad una persona
determinata. Sono diretti ad un gruppo indistinto di persone (si pensi, ad
esempio, ad una borsa di studio). Il signor X che promette una borsa di studio
al miglior studente dell’a.a. 2014-15 è tenuto a dare la borsa di studio al
miglior studente (ma l’effetto decorre dal momento in cui il signor X emette questa
volontà).
Come si fa a sapere se il
destinatario ha effettivamente ricevuto l’atto recettizio? L’articolo 1334
lascia aperto questo problema: “le porte della mente si aprono solo
dall’interno”. La legge risolve il problema dettando un’altra regola all’articolo
1335: se la dichiarazione arriva all’indirizzo del destinatario, la legge
presume che il destinatario la conosca. Il destinatario può dimostrare il
contrario, dicendo che senza sua colpa non è riuscito a conoscere l’atto
recettizio.
Questa è una regola molto
importante, che fissa una presunzione di conoscenza. La scelta formale del
legislatore potrebbe anche essere diversa (vedi il caso tedesco, in cui basta
semplicemente l’emissione della dichiarazione di accettazione; il caso
spagnolo, in cui c’è bisogno dimostrare la CONOSCENZA -- > lasciano in piedi
il problema).
Nel I libro del codice civile:
COLLOCAZIONE SPAZIALE DELL’INDIVIDUO. Posti giuridicamente rilevanti dove una
persona si può trovare: DIMORA, RESIDENZA e il DOMICILIO.
La dimora è il luogo in cui una
persona si trova anche solo TEMPORANEAMENTE, purché con un carattere di minima
stabilità.
RESIDENZA (art. 43 II comma):
dove dimora abitualmente la persona.
Il DOMICILIO: si distingue in
domicilio generale e speciale (che un essere umano può avere o meno). Il
domicilio GENERALE è il luogo dove la persona ha stabilito la sede principale
dei suoi affari ed interessi.
Ovviamente può accadere che una
persona abbia dimora e domicilio diversi; ma può anche accadere che la persona
abbia residenza e domicilio nello stesso posto. Ex articolo 47: “si può
eleggere domicilio speciale per determinati atti o affari”. Per tutto ciò che
riguarda quell’atto o quell’affare la persona sceglie di essere domiciliata in
quel luogo.
La persona fisica, per legge, si
trova nello spazio presso questi tre posti. Per quanto riguarda le persone
giuridiche, le nozioni sopra enunciate vengono sostituite dalla nozione di SEDE
(ex articolo 46).
Tornando all’articolo 1335: si
dice che l’atto recettizio giunge all’indirizzo del destinatario. Qual è questo
indirizzo? Bisogna interpretare il concetto di indirizzo dal punto di vista del
1335. Una prima interpretazione della norma è stata: l’indirizzo è una delle
collocazioni spaziali della persona. Indirizzo, secondo questa lettura, sarebbe
solo un’espressione sintetica. Questa è una concezione che nessuno ha mai
negato.
A partire dagli anni 70 e 80 ci è
stata un’elaborazione ulteriore: indirizzo = luoghi diversi dai 3 sopra
elencati. Questa estensione è stata occasionata da una serie di controversi
casi in cui un destinatario di atto unilaterale recettizio (per esempio,
sfratto) il conduttore dell’immobile dice di non aver ricevuto l’intimazione di
sfratto perché non è arrivata al suo indirizzo, perché il postino ha imbucato
nella buca delle lettere che non si trova nella casa, ma alla fine del
vialetto. Per smontare questa assurda tesi, bisogna reinterpretare il 1335. La
Cassazione afferma che per “domicilio” si deve intendere il luogo sottoposto
alla sfera di controllo del destinatario. In questo modo, anche la cassetta
delle lettere in fondo al vialetto fa parte del domicilio. Oggi per indirizzo
si intende anche spazio che sta sotto la sfera di controllo della persona. Questa
nozione di indirizzo, elaborata negli ultimi 20-30 anni, ha risolto un problema
che all’epoca ancora non era concepibile: l’indirizzo mail.
Anche l’indirizzo mail, pur
essendo virtuale, è un luogo che sta sotto la sfera di controllo
dell’individuo. Questa definizione calza a pennello per quanto riguarda una
dichiarazione mandata ad un indirizzo di casella postale. Se l’accettazione
arriva all’indirizzo del destinatario, allora questa si riterrà venuta a
conoscenza del destinatario stesso.
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