sabato 28 marzo 2015

8^ LEZIONE DI FILOSOFIA DEL DIRITTO.

DIALETTICA
Socrate filosofo è tale in quanto dialettico. È una delle procedure logico maggiormente utilizzata ed è la base della discussione giuridica. In epoca risalente ai pre-socratici ha un inizio, piuttosto limitato. Avrà un avvio DEFINITIVO con Socrate. Per parlare della dialettica bisogna riesaminare schematicamente lo STATUTO EPISTEMOLOGICO: la struttura scientifica di questa procedura logica, molto studiata nelle filosofie di ogni epoca. La prima attività di questo statuto è:
-        La confutazione, l’antilogia, smentendo la affermazione dell’avversario;
La seconda è:
-        Il dialogo, interrogazione-replica in ambiente dialogico intersoggettivo, come caratteristica FONDAMENTALE;
La terza è:
-        L’argomentazione, parte che giuridicamente si chiama prova (nella dialettica è l’argomentazione, fase in cui chi utilizza tale metodo porta argomenti a sostegno della tesi che propugna: Socrate dice LOGON DIDONAI). L’argomentazione si basa sulle prime due.
La quarta è:
-        La comunicazione: si svolge in uno spazio e in un ambiente comune alle prime tre. Si svolge attraverso la partecipazione comune dei partecipanti al dialogo stesso. Comunicare significare ARGOMENTARE IN COMUNE (crasi da “azione”). Nel diritto lo spazio comune è il processo; nella filosofia questo spazio è laddove si svolge il dialogo. È arte della discussione partecipativa in forma dialogica. Questa scienza utilizzata è la scelta non violenta del confronto (dimensione conflittuale che è controversiale -- > ci si confronta come nel processo). Tale procedura logica non è astratta, ma si verifica nell’esperienza (con il dialogo).
Si può esercitare l’agire confutante, il dialogo e la comunicazione solo se il tutto si manifesta in un’interazione strutturata in spazio comune. Secondo i greci, tutti dialettizzano. Quando l’uditorio è raffinato e preparato, bisogna utilizzare la RETORICA, una dialettica più raffinata. Lo statuto epistemologico trattiene SEMPRE queste quattro attività. I temi sviluppati e distesi sono (finora): il processo e (ora) la dialettica.
Dialettica: le caratteristiche tipiche di questa straordinaria forma di scambio di idee sono le stesse caratterizzanti il giusto processo.
Veniamo all’origine STORICO-CULTURALE: la parola dialettica presenta un’origine dai poemi omerici. Risalendo al più antico (ILIADE) si trova proprio la genesi della dialettica. Per la prima volta si trova il verbo greco DIALEGHESTAI: è un verbo greco composto dalla particella “DIA”, ovvero differenze, distinzioni, divisioni e dal verbo LEGHESTAI che deriva dal sostantivo “logos”. Originariamente significa “discorso collegante”, che tiene assieme realtà tra loro distinte. Etimologicamente la parola DIALETTICA arriva attraverso la composizione di queste due parole. La dialettica tiene insieme questi due elementi fondamentali della riflessione giuridica (ma non solo). A questa etimologia corrisponde il significato originario del verbo sopra citato: “riunirsi in uno spazio comune per deliberare”. Gli anziani sviluppavano un’attività intellettuale che si esternava con il termine “DIALEGHESTAI” (distinguevano e unificavano).
Omero usa questo verbo in una frase fatta che compare 5 volte nell’Iliade. La frase viene sempre pronunciata da un eroe che dice: “Perché mai il mio cuore discute queste cose?”. Di regola l’arresto dell’azione avviene perché l’eroe si accorge di essere di fronte a due alternative radicali: queste sono sempre scelte ETICHE perché l’eroe è chiamato a scegliere tra la vita e la morte. La dialettica si connette sempre al timore che l’uomo ha tra l’alternativa tra vita e morte. Ecco i 5 episodi:
1.     Ulisse resta al suo posto (XI 407): la spedizione dei greci è condotta da un insieme di re, e lui è RE DI ITACA. Durante una battaglia, Ulisse si trova davanti a questa terribile scelta (vita-morte). Ulisse, si dice, deliberi di restare al suo posto (dopo aver dialettizzato). Lo spazio della battaglia è la metafora della “battaglia di parole”.
2.     Menelao, re di Sparta, marito di Elena di Troia, sta combattendo (XVII 97): mentre combatte, si trova in una situazione di inferiorità. Egli, dopo aver pronunciato la frase incriminata, preferisce indietreggiare (all’opposto di Ulisse).
3.     Agenore, eroe troiano, deve affrontare Achille (XII 562). Mentre infuria il duello, anche Agenore decide di continuare la battaglia e di affrontare Achille.
4.     Ettore affronta Achille (XXII 122). Ettore si trova dentro la città, mentre Achille si trova all’esterno della città. Ettore sa che morirà se affronterà Achille, ma non può rifiutare per evitare di gettare disonore sulla sua famiglia.
5.     Achille riflette davanti alla città (XXII 385): Achille si arresta davanti alla città di Troia, trovandosi nel timore di morire (vede che la guerra potrebbe essere ancora lunga).
Questa è l’origine letteraria di pensare la dialettica che poi si svilupperà poco per volta nel tempo. Quindi, il verbo DIALEGHESTAI presenta un significato POLIVOCO:
-        È una RIFLESSIONE (logos), l’eroe si trova di fronte a dover scegliere tra due alternative. L’eroe è costretto da una condizione psicologica, detta “emozione” che quindi…
-        È THYMOS (emozione appunto), ovvero l’essenza della spinta all’azione (l’emozione massima è la compresenza coraggio-paura, che, pur essendo emozioni confliggenti, riescono ad essere tenute insieme).
-        È AZIONE (ergon), nella scena compare anche la riflessione (e l’emozione) esternata da un’azione, quasi l’azione dialettica sia un vero e proprio procedimento, rito.
Iliade, IX, 443: Fenice precettore di Achille è “di racconti parlatore ed esecutore di azioni”. La formazione di Achille non è soltanto pratica, ma anche LOGOS (il tutto espresso con un chiasmo).
Altro esempio è dato dal comportamento di Ettore nei confronti di Achille (sopra-riportato): aveva tre alternative (combattere, fuggire con la famiglia con disonore, patteggiare sempre con disonore). Ettore quindi decide, dopo aver riflettuto, di affrontare Achille: Omero, però, non si accontenta di raccontare questo. Egli racconta che Ettore sembra quasi che fugga: “così essi girarono intorno alla rocca di Priamo tre volte” (Iliade, XXII, 165). Tutti interpretano il gesto di Ettore come “timore” di essere ucciso: questa, in realtà, è la manifestazione simbolica delle tre alternative che si manifestano davanti ad Ettore. Questo dimostra come questa particolare situazione coscienziale sia caratterizzata da riflessione, emozione ed azione. Essa è considerabile come la manifestazione prima della logica (che sembra di facile comprensione, ma che non lo è affatto).
PLATONE, Fedro, 265 D-E
In cosa consiste la dialettica? Ricordando l’origine etimologica del termine si può capire ciò che dice Platone: “Saper dividere secondo le idee (DIAIRESIS), in base alle articolazioni che hanno per natura, e cercare di non spezzare alcuna parte, come invece suole fare il cattivo scalco”. Questa attività non è la stessa attività del matematico che divide (procedendo ad una divisione detta “analisi”): la scomposizione è cosa diversa, è una distinzione che viene mantenuta insieme, cercando di non spezzare alcuna parte. Secondo Platone questa non è l’unica attività del dialettico, ma deve anche saper fare l’attività fondamentale di ricondurre ad unica idea (attività sinottica) le cose disperse in molteplici modi. “Ricondurre ad un’unica idea, cogliendo con uno sguardo d’insieme le cose disperse in molteplici modi, allo scopo di chiarire, definendo ciascuna cosa intorno alla quale si voglia di volta in volta insegnare”. È una procedura duplice: una procedura di distinzione unificante. Ciò significa trovare il molteplice nell’uno. La capacità di discernere tra più alternative va assieme alla capacità di tenere anche assieme queste alternative (SYNOPSIS).
Queste due fasi costituiscono la base del pensiero aristotelico (Topici, VIII, 14, 164 b): “dialettico è invero colui che sa formulare obiezioni e proposizioni”. Ma cosa vuol dire in concreto? Formulare obiezioni consiste nel trarre molti elementi da un’unità, consistendo in quell’azione detta DIAIRESIS: chi obietta invero distingue oppure demolisce, concedendo alcune delle proposizioni presentate ed altre no. Chi svolge questa attività di distinzione distingue oppure demolisce.
Formulare proposizioni, invece, consiste nel trarre un’unità da parecchi elementi (deve infatti venire stabilita complessivamente un’unità cui sarà riferita l’argomentazione). Chi parla soltanto frantumando, fa una grossa confusione. Qual è l’attività diairetica tipica del dialettico? Formulando obiezioni, provando a negare, generando cioè una diversità, una differenza. Obiettare, infatti, vuol dire distinguersi. Formulare proposizioni significa trarre un’unità da parecchi elementi, elementi comuni in elementi diversi. In Aristotele questa duplice attività che è sincronica si riferisce ad una doppia azione che il dialettico compie in riferimento ad opposti. Vi è ora da introdurre, quindi, la teoria degli opposti: in un trattato perduto Aristotele faceva una distinzione fra opposti principali. Ecco i 2 principali: sono le opposizioni contraddittorie. Sono così quegli opposti che non presentano tra loro intermedi (ad es. “essere” e “nulla”). Nel discorso si presenta almeno un’altra categoria: OPPOSTI PER CONTRARIETA’. Si dicono contrarie quelle opposizioni (fra loro diverse) che presentano elementi comuni e intermedi (specie diverse appartenenti a medesimo genere: ad es, “bianco” e “nero”). La scelta prevede sempre l’esclusione dell’ipotesi contraddittoria. Di fronte ad elementi che si distinguono ma che presentano elementi comuni, il dialettico dovrà ricondurre ad unità gli elementi presentati (diventano così resistenti alle obiezioni).
Formulare obiezioni significa espellere dal discorso le proposizioni incompatibili, incoerenti, non concepibili. Formulare PROPOSIZIONI (attività positiva) significa procedere alla sintesi delle proposizioni contrarie (per ritrovare l’unità a cui deve essere ricondotta l’argomentazione).
Si facciano due esempi per chiarire (in ambito giuridico). Legislazione in materia di aborto e la sua contraddizione in materia costituzionale attuale. Il diritto alla vita, pur non essendo citato espressamente nella nostra Carta Costituzionale, ha un valore fondamentale (il legislatore non l’ha scritto esplicitamente per evitare discussioni quali quelle sull’aborto, sull’eutanasia…). Questo è un esempio per contraddittorietà (o si sceglie la vita della madre o della vita del nascituro).

Altro esempio: la tutela della proprietà (ex articolo 42 della Costituzione). La proprietà è un diritto individuale, ma, nella Costituzione, vi è anche l’altra teoria, per la quale la proprietà ha valore anche sociale. Vi sono anche delle tesi contrarie, l’una con l’altra: nella nostra costituzione è contenuto il grigio (il nero: la proprietà è individuale; il bianco: la proprietà è sociale).

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