Il contratto
orale che ha per oggetto beni immobili è nullo. Al di là della forma scritta
come requisito essenziale del contratto, la forma scritta assolve anche una
funzione di PROVA del contratto. Il documento al cui interno sia consegnato il
contratto è un requisito essenziale del contratto. Il documento, che contiene
il contratto, inoltre, ha il valore di documentazione della volontà
contrattuale, utile nel caso di possibili controversie. Il documento è forma
del contratto, se richiesto, ma è nello stesso tempo elemento di prova del
contratto. Questo discorso ci porta al tema delle PROVE.
Se si fa
riferimento all’articolo 1350 ci si trova nel libro VI del codice civile,
sezione IV, che si accosta alla disciplina delle prove. Nel libro sopracitato
sono contenute le prove dei fatti e delle vicende giuridiche. All’interno della
spiegazione del tema del contratto si comincia una parentesi che sarà dedicata
alle prove.
Le regole
riguardanti le prove sono regole (la cui violazione) comporta delle liti. Le
prove sono una parte fondamentale del processo, soprattutto nella fase della
difesa legale. Le controversie non riguardano solo l’applicazione di norme
giuridiche, ma anche la dimostrazione della fattispecie. Quando il giudice
decide su una causa, deve avere delle prove che quella fattispecie (imputata a
Tizio) sia effettivamente avvenuta. Non basta una congettura, un’ipotesi. C’è
bisogno di una fase detta della ISTRUZIONE PROBATORIA. L’attività dell’avvocato
è in parte consistente riguardante l’attività probatoria; l’attività del
giudice, invece, riguarda la valutazione di tale attività svolta dall’avvocato.
Una caratteristica distinguente il processo civile dal penale riguarda:
-
Il processo penale è ispirato ad un principio
INQUISITORIO;
-
Il processo civile è ispirato ad un principio
DISPOSITIVO.
Nel primo caso,
v’è la ricerca delle prove affidate al PM (pubblico ministero), il quale ha il
compito di far dimostrare i fatti che vanno poi sottoposti al giudice il quale
deve valutare della colpevolezza od innocenza dell’imputato.
Nel secondo
caso, il processo si basa su domande che le parti rivolgono al giudice. Le
parti in lite chiedono al giudice una determinata sentenza: Tizio, che non ha
ricevuto 1.000.000 di euro per la vendita della sua casa da Caio, chiede la
sentenza che condanni Caio al pagamento del prezzo. Caio, a sua volta, negando
le ragioni di Tizio, chiederà al giudice di respingere la domanda di Tizio.
Il giudice,
ricevute le domande, può accogliere l’una o l’altra domanda. Il giudice decide
sulla base delle prove: un caso simile esige che sia verificato che vi sia il
contratto; sia verificato l’effettivo prezzo; sia verificato che Caio
effettivamente è inadempiente. Nel processo civile sono le parti che devono
offrire al giudice le prove volte a dimostrare i fatti su cui le loro domande
si svolgono. Il giudice decide sulla base delle prove che gli vengono
sottoposte dalle parti. Questo comporta un’attività supplementare per il legale
di entrambe le parti. Questa caratteristica spiega la prima regola sulle prove
contenuta nel codice e questo è il principio DELL’ONERE DELLA PROVA (art. 2697).
Chi vuol far valere un diritto in giudizio, infatti, deve provare i fatti che
ne costituiscono il fondamento. Al convenuto è dedicato il II comma, in cui
parla di eccezioni. Il convenuto, infatti, può eccepire l’inefficacia dei fatti
portati dall’attore o comunque eccepire che il diritto si è modificato o
estinto: deve provare i fatti su cui si fonda l’eccezione (fatto ESTINTIVO o
IMPEDITIVO). L’eccezione è una difesa su cui si richiede il rigetto della
domanda perché i fatti prevedono l’estinzione dell’obbligo. Anche il convenuto
DEVE FORNIRE prove di quello che dice. L’attore deve provare i fatti su cui si
fonda la sua domanda, mentre il contenuto deve provare i fatti su cui si fonda
la sua eccezione.
L’articolo usa
la formula DEVE PROVARE. Questo dovere è più che altro un ONERE (comportamento
che si deve tenere per ottenere un fatto favorevole a chi tiene il
comportamento). La conseguenza è che se l’attore assolve all’onere della prova,
dimostrando tutto quello che il giudice richiede, il giudice stesso accoglie la
domanda dell’attore (condannando il convenuto). Se l’attore NON assolve l’onere
della prova, la sua domanda viene respinta. Stesso discorso vale per il
CONVENUTO (il quale si può anche difendere dicendo che l’attore non ha provato
nulla). Se il convenuto si difende sollevando eccezioni, anche il convenuto è
gravato dall’onere della prova. Su questo principio si scatena una vera e
propria battaglia processuale: l’avvocato è abituato a discutere a lungo sull’avvenuta
o mancata fornitura delle prove necessarie. Le prove, infatti, salvo nei casi
stabiliti dalla legge, sono liberamente valutate dal giudice.
Detto ciò, la
materia va affrontata analizzando singoli mezzi di prova che il codice pone a
disposizione delle parti. Le prime regole sulla prova riguardano i DOCUMENTI
(la forma degli atti, art. 1350) -- > atto pubblico / scrittura privata. Questi
sono i due tipi di documenti presi in considerazione nel codice civile come
prove: nell’articolo 1350 sono i documenti che devono rispettare il requisito
di forma AD SUBSTANTIAM; negli articoli 2699 e sgg da un punto di vista
probatorio.
ATTO PUBBLICO:
documento con autore particolare. Il documento è redatto con alcune formalità
dal NOTAIO o da un altro PUBBLICO UFFICIALE AUTORIZZATO a dare pubblica fede a
tale atto. La differenza fra notaio ed altri è che il primo è pubblico
ufficiale con competenza a rogare atti con pubblica fede; altri soggetti sono
pubblici ufficiali rispetto a singoli determinati atti (ma non per altri: es.
Sacerdote). L’articolo 2700 (importante) ci dice quale sia l’efficacia
probatoria dell’atto pubblico. La norma afferma che l’atto pubblico fa piena
prova della provenienza del documento, nonché della dichiarazione delle parti o
di qualsiasi altra cosa avvenuta in sua presenza.
Cosa vuol dire
FAR PIENA PROVA? Il giudice, in generale, deve valutare le prove secondo un suo
apprezzamento personale. Le prove SEMPLICI (quelle di cui il giudice apprezza
la attendibilità) sono diverse dalle PROVE LEGALI (fatti che il giudice DEVE
ritenere provati, senza poterne valutare la verosimiglianza). L’atto pubblico è
una prova legale indiscutibile e non valutabile dal giudice. Si è sicuri:
-
Della provenienza del documento dal pubblico
ufficiale che lo ha formato;
-
Delle dichiarazioni delle parti (è
incontestabile il fatto che le parti lì e allora si sono presentati davanti a
QUEL giudice per contestare le loro rispettive situazioni);
-
Degli altri fatti che il pubblico ufficiale
attesta avvenuti in sua presenza o da lui compiuti: questo è un fatto
indiscutibile (il notaio dice: Caio ha pagato a Tizio il prezzo della casa; il
notaio dice: oggi ho aperto il testamento di Caio).
C’è uno
strumento ultimo per mettere in discussione queste PIENE PROVE: si chiama
“querela di falso”, che cerca di dimostrare la falsità dell’atto pubblico. La
cosa che va evidenziata è che solo quelli sono i fatti su cui sussiste PROVA
LEGALE. Il resto di quello che c’è scritto nell’atto pubblico può essere
liberamente valutato dal giudice.
SCRITTURA
PRIVATA – ALTRO TIPO DI DOCUMENTO
La scrittura
privata è un qualsiasi documento scritto il cui autore non sia né un notaio né
un pubblico ufficiale autorizzato. La scrittura privata, come tale, può essere
sempre una prova sottoposta al prudente apprezzamento del giudice. Soltanto in
alcuni specifici casi la scrittura privata può avere efficacia di prova legale.
Questa per essere così deve essere firmata da una parte. La sottoscrizione è lo
strumento attraverso cui l’individuo si appropria di una statuizione. La
scrittura privata FA PIENA PROVA della provenienza della dichiarazione in due
ordini di casi (art. 2702).
-
La persona contro cui la scrittura è prodotta
riconosca la propria sottoscrizione;
-
La sottoscrizione è legalmente considerata come
riconosciuta (previsti dal codice civile e dal codice di procedura civile).
Nel codice
civile la sottoscrizione privata è autenticata dal notaio: qui, il notaio,
svolge attività diversa dalla solita. Tizio, praticamente, è qui davanti a me:
ha firmato. La firma è di Tizio. Io, notaio, autentico. Cosa succede se Tizio,
che appare essere il sottoscrittore, afferma che la firma non è sua? Il notaio,
in questo caso, non c’entra. V’è un altro strumento per chi vuol far valere la
sottoscrizione di Tizio. Questa è la VERIFICAZIONE GIUDIZIALE della SCRITTURA
PRIVATA. Il giudice convoca la parte contestante la paternità della
sottoscrizione e chiede a costui/costei di firmare un foglio bianco davanti a
lui. Questo documento firmato da Tizio è un documento che contiene delle firme
sicuramente autentiche. Si ha in questo modo una scrittura di comparazione
sicuramente autentica. Il giudice, avendo in mano la scrittura di comparazione
e la scrittura privata con firma contestata, nomina un perito calligrafo:
costui confronta la scrittura di comparazione autentica e la scrittura privata
contestata. Se da questa verifica risulta che le “mani sono le stesse” allora
si ha la certezza che l’autore della scrittura privata è lo stesso autore della
scrittura di comparazione.
Se il perito
calligrafo verifica che le “mani sono diverse” allora si ha la certezza che
l’autore della scrittura privata è diversa da colui che ha prodotto la
scrittura di comparazione.
I modi
previsti per avere la certezza che chi ha posto una sottoscrizione è l’autore
della dichiarazione stessa sono il riconoscimento dell’autore della
sottoscrizione, l’autentica notarile della sottoscrizione o il procedimento di
verificazione della scrittura privata.
L’articolo
2702 non ne parla esplicitamente (elencando i casi), ma dice “se la
sottoscrizione è legalmente considerata come riconosciuta”. Questo ci consente
anche di distinguere anche una MAIL da una PEC. La disciplina della PEC fa
riferimento ad un contenuto legislativo del 2005. Una mail normale è una
scrittura privata che proviene da un indirizzo e viene sottoscritta dal
titolare dell’indirizzo. La mail è una scrittura privata PURA e SEMPLICE. Se
l’autore nega che la sottoscrizione sia stata effettuata da lui, quella mail
non ha alcun valore di prova.
Cos’è la PEC invece?
È un indirizzo di posta elettronica che certifica la provenienza della mail: ha
una firma digitale che fornisce prova legale indiscutibile che la mail provenga
proprio da chi l’ha mandata. Tutti questi strumenti documentali sono idonei a
soddisfare il requisito di forma AD SUBSTANTIAM. Essi sono anche idonei a
fornire prove di qualsiasi vicenda che possa ingenerare una lite da sottoporre
al giudice. Per questa ragione i documenti si chiamano PROVE PRECOSTITUITE. La
altre prove (presunzioni, testimonianze…) si formano all’interno del processo
civile.
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