I LIMITI MORALI DEI MERCATI
Charles Sandel: il comportamento
intrinsecamente etico non ammette che determinate situazioni possano essere
misurate e comparate con una medesima scala. Non si può mettere sullo stesso
piano una situazione materiale ed economica con alcuni valori che potrebbero
essere riferiti al lavoro. Prima ancora che un costo, il lavoro è un dovere
(ovvio, quindi, che vi sarà una diversa scala).
L’individuo, anche se non applica
l’analisi costi benefici su determinati temi (o anche su temi etici), è spesso
costretto a scegliere, o comunque è costretto ad impiegare il proprio tempo
dando una serie di priorità. Anche questo è atteggiamento economico: avere un
ordinamento che dia priorità alle cose importanti e che metta in piani
successivi e decrescenti le cose meno importanti.
Lo stesso ricorso al mercato per
la valutazione e contrattazione di un “bene” può essere immorale. Ad esempio,
il nostro sistema sanitario non permette il commercio illegale di organi, in
quanto ritenuto immorale e lesivo della dignità umana (non si può disporre dei
propri organi, che quindi vengono sottratti dal mercato). Se proprio si vuole
disporre, se ne dispone GRATUITAMENTE.
Il cattolicesimo sociale
(Toniolo) e poi anche Polanyi hanno ritenuto vera l’esistenza di merci fittizie
che possono essere valutate attraverso relazioni di mercato e negoziate, ma che
in realtà SAREBBE MEGLIO SE NON LO FOSSERO (es. terra, casa, lavoro). Si
ritiene che sarebbe meglio sottrarli alle dinamiche di mercato: sarebbe meglio
un mercato molto regolato, per evitare bolle, speculazioni (e chi più ne ha più
ne metta) in un mercato in cui si “gioca” con la dignità dell’uomo o con le sue
necessità fondamentali per la sussistenza. Non si tema: in questo modo non si
diminuisce la natura economica. Il lavoro dalla fine dell’800 è stato oggetto
di regolamentazione perché è un mercato piuttosto fittizio (si è cercato di far
dipendere il salario dal contratto di lavoro, più che dall’interazione fra
domanda e offerta). Sono mercati che (per avere dei risultati) devono essere
regolamentati per avere anche degli effetti socialmente accettabili. Vi sono
poi altri beni che sono stati oggetti di recenti controversie (come l’acqua,
per esempio).
Una delle soluzioni possibili è
quella dei COMMONS: beni comuni che vengono regolamentati. La gestione di
questi beni comuni e l’obiettivo (che è quello di non veder sovra utilizzare
questi beni o utilizzati in maniera sbagliata) è spesso raggiunto (vedi
“Alpeggio” in Cadore, regolamentazione delle acque…). Questa soluzione può
essere accettabile per terra e acqua, mentre risulta più difficile per il bene
“casa”.
LA TEORIA DEI GIOCHI
Si è sviluppata tramite una
logica interna, matematica. Serve ad analizzare le scelte strategiche
interattive in situazioni molto ben definite. È una scelta che tiene conto
della scelta dell’altro operatore. È una scelta in un contesto dinamico, quindi
strategica (scegliamo cercando di capire quello che sceglieranno gli altri). Si
applica in situazioni molto ben definite: capita di non poter dialogare,
ragionare o ridefinire il contesto della scelta assieme alla controparte. Il
contesto è dato e non è ri-definibile. Bisogna naturalmente capire quale sia la
scelta efficiente: lo strumento utilizzato per queste scelte è il gioco.
È chiamato gioco perché è basato
su delle regole (che riflettono delle regole di gioco). Naturalmente, sono studi
molto più complessi, che si legano ai calcoli di probabilità. Un gioco si basa
su:
-
Due giocatori (estendibili);
-
Un insieme di opzioni (le scelte che ciascun
giocatore può compiere e che riguardano anche l’altro giocatore);
-
I risultati (PAYOFF) per ogni combinazione
possibile di scelte.
Il tutto deve essere inquadrato
in una matrice. L’obiettivo è quello di trovare un risultato allo studio su
quale sia la scelta migliore del giocatore in funzione delle possibili risposte
dell’altro giocatore. Per questo i giochi si dividono in:
-
Cooperativi: i giocatori possono
comunicare/accordarsi in modo vincolante;
-
Non-cooperativi: le parti NON possono
comunicare.
Ci sono giochi con soluzioni
caratteristiche e giochi che non hanno soluzione (senza strategia da seguire,
piuttosto indeterminati).
DILEMMA DEL PRIGIONIERO
Buchanan (1975) ha usato il
dilemma del prigioniero per descrivere il rispetto delle regole. Rispettando
tali regole, i prigionieri hanno elevati benefici. Se non rispettano tali
regole, tutto finisce a rotoli.
I due individui (A e B) possono:
a)
Rispettare i diritti;
b)
Non rispettare i diritti.
Ognuno, tornato a casa sua, deve
decidere se rispettare i diritti (per esempio) di proprietà o meno. I risultati
(PAYOFF) vengono posti in ciascuna casella: il primo numero è relativo ad A, il
secondo a B. il PAYOFF di A è molto elevato perché costui ha deciso di non
rispettare i diritti; il PAYOFF di B è molto poco elevato perché costui ha
rispettato i diritti e si è fatto fregare da A.
Se si sommano tutti i numeri di
tutti coloro che rispettano i diritti, otteniamo un numero piuttosto elevato,
che non otteniamo MAI se almeno uno dei due delinque. Ponendo, paradossalmente,
che tanto A quanto B rubino l’uno all’altro, otteniamo un PAYOFF massimo che è
veramente infimo. Conviene veramente rubare e delinquere o è meglio rispettare
i diritti?
Il massimo risultato individuale
è ottenuto in contrasto con la scelta che porta al benessere sociale. Se tutti
rispettano i diritti, si ha l’OTTIMO SOCIALE. Chi fa il furbo (SE E’ SOLO) si
guadagna. Se ciascuno dei “giocatori” defeziona, il PAYOFF è infimo.
Se entrambi rispettano i diritti
A ottiene 19, B ottiene 7.
Se A non rispetta i diritti A
ottiene 22, B ottiene 1.
Se B non rispetta i diritti B
ottiene 11, A ottiene 3.
Se entrambi non rispettano i
diritti A ottiene 9, B ottiene 2.
La asimmetria risulta
problematica da trattare quando i giocatori sono tanti (ponendo che i
giocatori, per esempio, siano tutti i cittadini italiani).
Guardando attentamente le 4 frasi
sopra stanti, DISGRAZIATAMENTE se io fossi il signor A, INDIPENDENTEMENTE DA
QUELLO CHE SCEGLIE IL SIGNOR B, mi converrebbe NON rispettare i diritti. Se
rispetto (e B rispetta) ho 19; se rispetto (e B non rispetta) ho 3. Se non
rispetto (e B rispetta) ho 22. Se non rispetto (e B non rispetta) ho 9.
19 è minore di 22. 3 è minore di
9. Mi conviene non rispettare, anche indipendentemente dal comportamento
assunto da B. Naturalmente devo applicare l’individualismo: non v’è alcun
appiglio razionale che mi dica di rispettare i diritti. Questo porterà tanto
me, signor A, quanto altri (ipotetici signori B, C, D…) a non rispettare i
diritti: andremo naturalmente a delinquere e a diminuire automaticamente
l’OTTIMO SOCIALE. Se infatti entrambi rispettiamo abbiamo un OTTIMO pari a 26. Se
entrambi non rispettiamo abbiamo un OTTIMO pari a 11.
La soluzione di questo dilemma è
quella di adottare la razionalità per il bene comune. Certo, per funzionare
bene la strategia del rispetto ha bisogno di un criterio di scelta che non è
puramente utilitaristico (ma criterio deontologico, intrinsecamente etico…).
LA GUIDA A DESTRA
In Italia la regola fondamentale
è che si tiene la destra. Dove posso guidare? O sulla destra o sulla sinistra.
La massima utilità sociale è dato dallo scegliere entrambi lo stesso lato su
cui guidare. Si ottiene l’ottimo sociale se entrambi facciamo la scelta
“giusta”. Non è importante cosa si sceglie, ma è importante essere d’accordo.
L’incentivo individuale è alla cooperazione. L’equilibrio si auto-rinforza, non
c’è bisogno di interventi esterni.
UN GIOCO DI COORDINAMENTO:
EQUILIBRI NON OTTIMALI
Negli equilibri di coordinamento,
la convenzione numero 1 è superiore alla convenzione numero 2. Se possiamo
scegliere, tutti sceglieranno la convenzione 1 (per ricadere nell’ottimo
sociale). Se i PAYOFF sono diversi e storicamente si è sempre scelta la
convenzione 2, è difficile abbandonarla. È difficile perché:
- Il
primo che cambia convenzione fa caos;
- Non è
facile cambiare una convenzione che è già equilibrata.
Se non è equilibrata, entrambe le
parti perdono qualcosa. Ci troviamo una situazione di LOCK-IN: siamo rinchiusi
in questa circostanza. Il gioco, quindi, andrà coordinato.
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