IL CONTROLLO SOCIALE
È un’attività fondamentale per
l’organizzazione della nostra società e che garantisce efficienza dei
contratti. Se tutti fanno la coda in modo ordinato (senza apprensione), ognuno
arriva alla meta nel minor tempo possibile. Se tutti decidono di non fare la
coda, vince il più forte, in seguito a tafferugli vari. Se A rispetta la coda e
B no, A avrà un alto beneficio, mentre B ci perde. Se questa è l’impressione,
tutti cercheranno di fare i furbi: la situazione diventa tesa e i benefici di A
e B si pareggiano (a 0).
Potrebbe anche succedere che gli
individui decidano di auto-punirsi o di auto-premiarsi: quella minima azione di
approvazione in quanto Tizio ha rispettato la coda porta Tizio ad avere un
beneficio pari a 10 (dato dal fatto che ha rispettato la coda) a cui sommare
anche un generico X, dato dal segno di approvazione di chi vede che rispetta la
fila.
All’opposto, se Tizio non
rispetta la fila, avrà un beneficio pari a 12 (dato dal fatto che passa avanti
a tutti, senza rispettare la fila), a cui SOTTRARRE un generico Y, dato dalle
azioni di DISAPPROVAZIONE della gente che l’ha visto “delinquere”.
ULTIMATUM
È un gioco con il quale si
divertono molto gli economisti comportamentisti, cercando di elaborare leggi
del comportamento. Supponiamo che ci sia una somma di denaro da dividere tra
due persone: le due persone raggiungono un accordo per dividere la quantità di
10 (per esempio). A propone; B può accettare. A propone di dividere a metà (5 e
5): la proposta è stata ritenuta FAIR (equa) e A e B si dividono 5 e 5. La
proposta poteva essere rifiutata: finivano 0 a 0. A poteva fare una proposta
UNFAIR (inaccettabile): 10 vengono divisi 8 e 2 rispettivamente. Se veniva
rifiutata da B, entrambi finiscono 0 a 0.
Se il gioco viene ripetuto fra
due persone che non si conoscono, è possibile che anche la proposta UNFAIR sia
accettata. C’è la possibilità di punire la controparte se il gioco si ripete
più volte.
DIRITTI DI PROPRIETA’
I contratti modificano le sfere
giuridiche delle parti. Concludere contratti simili, significa trasferire dei
diritti su beni da persona a persona. In economia si è ritenuto che il diritto
di proprietà sia fondamentale per il funzionamento dello stato. In una visione
liberale-classica, il libero mercato funziona autonomamente quando ognuno ha il
controllo della propria sfera giuridica ed è titolare di una serie di diritti
(anche entrando in relazione con altre persone). Rivendicare i diritti
economici è tipico di un’ideologia socialista: per il liberale l’unico diritto
tutelabile è quello di proprietà. Il punto di vista individualista è
concentrato su questo elemento fondamentale che è appunto il diritto di
proprietà. Nella tradizione classica-liberale ci sono le posizioni di:
-
Hobbes:
i diritti di proprietà si definiscono con il contratto sociale (senza Stato i
diritti non esistono). È solo vivendo in uno stato che l’individuo può vedere
riconosciuti i propri diritti.
-
Locke:
i diritti di proprietà sono naturali e precedenti il contratto sociale. I
diritti ci sono e sono legati alla natura umana. Lo stato è solo una struttura
che le persone creano per tutelare i loro diritti che, diversamente, potrebbero
essere calpestati.
Se si guarda a questi scritti
(che sono seicenteschi, tanto della prima quanto della seconda metà), vi si
ritrova il diritto di proprietà TO A PERSON’S LIFE, LIMBS and LIBERTY as well
as REPUTATION, HONOUR…
La proprietà della nostra vita,
membra e libertà esattamente come la reputazione e l’onore. È quindi qualcosa
che definisce la personalità del soggetto (anche qui è un concetto che riprende
il concetto latino di SUUM). Il diritto di proprietà è una sfera giuridica che
garantisce il controllo della persona per la sua conservazione e la sua difesa.
Questa proprietà è ben più ampia di come la intendiamo noi. Questo diritti di
AUTO-PROTEGGERSI si traduce nel diritto di escludere gli altri dall’influenzare
questa sfera del SUUM. Il diritto di difesa di se stesso giustifica la
possibilità di escludere altri dal godimento dei miei beni (dei beni di cui
sono proprietario). La parte giuridica è l’ESCLUDIBILITA’: il fatto che io
riesca a tenere lontano qualcuno dalla mia proprietà è una questione giuridica,
che nasce come estensione della difesa personale. La proprietà così intesa è
stata teorizzata come diritto relativo alla personalità e non come semplice
DOMINIO sui beni. Oggi il concetto così inteso si è (purtroppo) impoverito in
un potere di controllo sui beni (e non più come difesa dell’individuo).
DIRITTI DI PROPRIETA’:
INDIVIDUALI o COLLETTIVI?
Vi potrebbe essere un bene che
non fa parte della sfera giuridica di nessuno: è RES NULLIUS (è bene occupabile).
Vi potrebbe essere un bene che fa
parte della comunità: è COMMONS e non è occupabile (in quanto è di proprietà di
tanti, di diverse persone). Sono generalmente controllati da qualche
rappresentante o da qualche ente.
Vi potrebbe essere un bene che fa
parte di un individuo.
Nella letteratura economica
(Garret Hardin, 1968, Tragedy of commons):
la mancanza dei diritti individuali porta al sovra sfruttamento dei beni
(ricordiamo come esempio la pesca). L’idea fondamentale è che certi beni (non
oggetto di proprietà individuali) portano al sovra sfruttamento di beni la cui
utilizzazione è libera. Questo ragionamento è chiaro quando si parla di RES
NULLIUS (i beni hanno valore economico: perché non vendemmiare finché
possibile? Perché non estrarre il petrolio finché c’è? Sono solo pochi esempi).
L’uso, naturalmente, non è razionale. Questo è il ragionamento di chi vuole
apporre quelle barriere tecniche che garantiscono la escludibilità dall’uso
indiscriminato di chiunque. Le risorse che non hanno un costo, in questa idea,
vengono usate in maniera “avventata”. Il problema, nel caso dei commons, è un
po’ più complesso e dibattuto.
Hardin, e molti altri economisti
americani contemporanei (come Ostrom), dimostrano che nella storia si è
rivelato essere molto efficiente gestire risorse sotto forma di proprietà
comuni, con il rispetto di regole di qualità, che portino al giusto
sfruttamento della risorse comuni. I beni comuni hanno spesso bisogno di una
amministrazione. Per esempio la regolazione del bene “acqua” è un proprietà su
UN SERVIZIO collettivo (non sul bene!). Riuscire a gestire delle risorse comuni
può essere molto efficiente (ma può essere anche molto costoso).
TEORIE DELLA PROPRIETA’
1)
Si ha la proprietà privata da teorie naturali (è
la natura umana che richiede la proprietà privata): così succede con tante cose
che appartengono alla mia sfera. La teoria naturale della proprietà la fa
derivare dalla natura umana. La proprietà è un BISOGNO naturale ed universale
dell’uomo.
2)
La teoria assiomatica della proprietà tende a
farla derivare da azioni specifiche dell’uomo: occupazione e/o lavoro.
Presuppone un ordinamento giuridico. Qui siamo in presenza di un diritto molto
più “primitivo”.
3)
La teoria legale della proprietà si basa sulla
validità degli atti giuridici che hanno prodotto la proprietà. Anche in questo
caso si guarda all’ordinamento giuridico (successione – compravendita –
acquisto).
4)
Chiesa Cattolica: la proprietà è un diritto
naturale, ma l’uso deve conformarsi al bene comune. L’uso deve avere un
beneficio socialmente accettabile: la proprietà deve essere considerata come
“mezzo” e non come “fine”. Questa comporta tre obblighi:
a.
L’obbligo morale di fare fruttare la proprietà;
b.
Rendere produttivo il procedimento in modo che
sia utile al bene comune;
c.
L’obbligo morale a provvedere al sostentamento
dei meno fortunati (Tomaso d’Aquino).
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