venerdì 20 marzo 2015

8^ LEZIONE DI DIRITTO PRIVATO.

Art. 1341 II comma: la protezione offerta dalla disposizione di legge è piuttosto illusoria. Accanto a questa regola il codice presenta altre due disposizioni: art. 1342 e art. 1370.
Il primo si riferisce a contratti conclusi medianti moduli o formulari: sono testi prestampati con condizioni generali del contratto (il contratto per conto corrente o il contratto per telefonia). Le parti che sottoscrivono il contratto hanno affianco al testo prestampato una particolare regola contrattuale (senza cancellare il contenuto corrispondente del modulo): prevale la clausola aggiunta a penna affianco al modulo. Non c’è minimo dubbio, comunque, che la clausola aggiunta al modulo sia sostitutiva della volontà precedente di una già pronunciata. È una norma il cui contenuto sarebbe desumibile da pura e semplice argomentazione logica. Il II comma, invece, fa riferimento al II comma del 1341 (le clausole devono essere esplicitamente approvate per iscritto, con stessi limiti e stessa scarsa forza protettiva già constatata).
Art. 1362 – 1371: attività di interpretazione del contratto. Alcune sono già state nominate (artt. 1366 e 1367). La norma che ci interessa è quella dell’articolo 1370: le clausole inserite nelle condizioni generali di contratto si interpretano, nel dubbio, a favore dell’altro rispetto al contraente forte. Le regole descritte sopra sono i tre articoli in cui si parla di condizioni generali del contratto che vedono disciplina di squilibrio di forza tra i contraenti. La disciplina è del tutto inadeguata alla protezione del contraente debole. Queste sono storicamente le prime disposizioni di un qualsiasi codice che ha riconosciuto il fenomeno della contrattazione standard (per condizioni generali). Ha cercato per primo di fornire una qualche misura di protezione per il contraente debole. Sarebbe stato, comunque, più opportuno AGGIORNARE questi articoli e portarli al passo coi tempi (tutti i paesi di economie avanzate si diedero legislazioni speciali: tutti tranne l’Italia). Questo avvenne soprattutto negli anni ’70 (più incisive ed efficaci della legge italiana).
Alla fine degli anni ’80 su questa materia si cominciò ad intervenire con forza ed incisività: la CE approvò e continua ad approvare delle direttive che in svariati settori contrattuali mirano alla protezione del contraente debole. Sono direttive diverse (alcune di portata generale, altre riguardano settori limitati), ma ciò che si può dire di quest’opera fa emergere una figura contrattuale nuova, ovvero quella del consumatore. Questo è il soggetto principale da proteggere: costui stringe contratti con i professionisti. L’attività economica d’impresa viene nettamente divisa dalle libere professioni (avvocati, medici, architetti…). Questa differenza ha portato un dato piuttosto importante, in quanto lo statuto dell’imprenditore non si applica alle libere professioni. Ai liberi professionisti, inoltre, non si applica la disciplina del fallimento. Questa divisione non esiste in altri paesi. La CE ha utilizzato una nozione di professionista piuttosto ampia, che da noi comprende sia gli imprenditori che i liberi professionisti. Di fronte ai professionisti ci sono i consumatori: la nozione di consumatore è “soggetto o persona fisica che stipula il contratto al di fuori dall’esercizio della sua attività professionale”. Per questi contratti si usa l’espressione BtoC (business to consumer) che non si applica tra consumatori né tanto meno ai BtoB (tra businessman). Nei contratti BtoB c’è forte disparità di forza contrattuale che determina un possibile bisogno di protezione per il professionista debole. La spiegazione della tutela del CONSUMER (e non del business) è sostanzialmente politica: non si è mai riusciti ad estendere la sfera di applicazione della disciplina di protezione del contraente debole anche ai businessman. Ci sono, comunque, moltissime normative europee riguardo i contratti. Nel caso di vendita fuori da locali commerciali, il consumatore ha diritto di ripensamento, da esercitare entro 15 giorni dall’acquisto (questo è un esempio). Questa, fra le altre cose, è stata una delle prime direttive che è stata presto integrata da una disposizione la quale dice che il venditore deve chiaramente dire al consumatore che può recedere entro 15 giorni dalla stipula del contratto.
La materia del diritto del consumatore ha visto una legislazione molto estesa: così tanto che ad un certo punto ci si è resi conto che bisognava mettere ordine in tutto il coacervo di disposizioni. Nel 2005 il Parlamento ha approvato una legge di riordino della materia con il “CODICE DEL CONSUMO”. Da un lato il codice offre spunti di riflessione da un punto di vista: si tratta di norme che non parlano di BtoB.
Rispetto al tema della conclusione del contratto ci vogliono ancora 3 puntualizzazioni.

  1. Diritto di revocare la proposta contrattuale: art. 1328, la proposta può essere revocata fin tanto che il contratto non è concluso. L’articolo 1328 è formulato in modo tale che si possa applicare a tutti i contratti (escluso quello previsto dal 1333). Siccome soltanto la previsione del contratto del 1326 prevede la fine del contratto con l’accettazione, ecco che il 1328 è applicabile solo al 1326 e non ad altri.
  2. Tutti i procedimenti di formazione del contratto di cui abbiamo parlato cominciano con una proposta con atto unilaterale recettizio. Può accadere che l’iniziativa venga presa da un soggetto che non si rivolga alla persona singola, ma al pubblico (si pensi ad un cartello in cui si dica “offresi in locazione bilocale situato in Piazza X per 400 euro al mese”). L’offerta di concludere il contratto non è rivolta ad un singolo individuo, ma a chiunque sia interessato alla locazione dell’immobile. L’atto di iniziativa può avere due rilevanze diverse:
    1. Art. 1336: qui ci si trova di fronte ad atti non recettizi. Non avendo un destinatario determinato, l’offerta al pubblico vale come proposta contrattuale quando contiene gli estremi essenziali (salvo casi particolari) del contratto (quelli contenuti nel 1325). Non si sta parlando tanto dell’accordo, quanto dell’oggetto e della causa (e la forma, eventualmente). Il contratto sarà concluso quando chi ha fatto l’offerta ha conoscenza dell’accettazione di uno qualsiasi dei possibili e molteplici destinatari dell’offerta. Si pensi all’esempio dell’appartamento già formulato. Nel caso mancasse per esempio la via dove è ubicata la casa questa offerta non vale come proposta contrattuale. In questi casi si dice che l’offerta al pubblico vale come INVITO A PROPORRE, cioè chi fa l’offerta invita un qualsiasi destinatario a formulare la proposta contrattuale. Se il proponente riceve una proposta e l’accetta, il contratto è concluso. Si pensi, a tal proposito, ad un’asta. L’asta, tecnicamente, è un’offerta al pubblico (ci si rivolge a chiunque indiscriminatamente): si compra quel bene per tot quantità di denaro. Il banditore, ad un certo punto, dice “Aggiudicato!” e in quel momento il contratto è concluso. L’offerta al pubblico è molto frequente (lo è anche una vetrina di un negozio di vestiti). Questi esempi fanno capire che esiste una grandissima varietà di offerte al pubblico. Questa in termini giuridici si chiama OPA (offerta pubblica di acquisto), come per esempio quando si parla della scalata di una azienda.
  3. 1326, 1327 e 1333: siamo sempre di fronte ad ipotesi in cui i contraenti sono due. Sono meccanismi previsti per contratti bilaterali: il contratto è l’accordo tra due o più parti. Quando un contratto ha due o più parti (tre, quattro…), quando è concluso? Occorre adattare la regola sulla conclusione del contratto bilaterale (1326). Questa regola viene adattata nel senso che il contratto è concluso quando ciascuna parte è a conoscenza della decisione di un’altra. La legge dà per scontato questa soluzione, ovvero l’ipotesi dell’entrata di un terzo nel contratto. Ammettiamo che nell’associazione entrino altre persone (art. 1332), in forza del contratto aperto: si guardi per prima cosa hanno deciso le parti. Per entrare ci sono delle condizioni da soddisfare; ci può anche essere un organo amministrativo che regola l’entrata in associazione di altri personaggi; se manca una previsione che riguarda il modo di entrare nel contratto e se manca l’organo, la dichiarazione deve essere rivolta a tutti gli altri contraenti.

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