La parola crisi, quindi,
significa “frantumazione” ma anche forza che, pur distinguendo, tiene insieme. La
crisi del sapere nell’epoca contemporanea: queste crisi sono legate alla
frammentazione del sapere. Il privilegio viene assegnato alla situazione
contingente e ai dati dispersi. Questa situazione di crisi del sapere genera
una situazione di smarrimento dell’uomo (l’esempio letterario per eccellenza è
quello dell’Amleto di Shakespeare). Questo deriva dal fatto della possibilità
di una doppia alternativa (vita-morte). L’uomo contemporaneo mostra indifferenza
rispetto alle alternative. Questo senso di smarrimento è il risultato di una
tragedia. L’epoca contemporanea, altrimenti detta post-moderna, è
caratterizzato dalla crisi: facciamo riferimento, a tal proposito, al rogo della
libreria del Nome della Rosa (Guglielmo da Baskerville cerca di salvare i
libri). Tra queste scienze da salvare c’è anche la scienza giuridica: il
diritto è caratterizzato dalla crisi (oggi vi è un diritto della decisione,
contingente). Siamo addirittura arrivati all’esteriorizzazione del sapiente
rispetto al sapere. Questo comporta smarrimento che riguarda soprattutto il
giurista.
Il rogo prima considerato,
quindi, assume un significato metaforico: il diritto in questo tempo della
crisi è simile ad una biblioteca sconfinata. Gli scrittori che hanno riempito
quegli scaffali sono i giuristi: amministratori, giudici, legislatori. Tutti
questi fanno parte dell’entità Stato. Ma è lo stato il vero protettore del
diritto?
Questi libri, codici…dovrebbero
soddisfare gli apparenti bisogni particolari dei lettori attraverso la
produzione e l’imposizione di norme. Tale attività comporta il soffermarsi su
aspetti giuridici: ma l’esperienza giuridica è la sola biblioteca? Oggi non si
sa bene quale sia il punto di riferimento: generale indifferenza rispetto
all’idea di valore di riferimento. Lo smarrimento dell’uomo può avere senso
benefico, perché l’uomo deve capire che v’è via d’uscita.
La crisi non ha solo significato
negativo, ma anche positivo: tiene unito ciò che sarebbe in dispersione. La crisi,
quindi, è solo in apparente disordine ma lo è naturalmente, è permanentemente
così. Vi è quindi necessità di riflessione. Esempio letterario: l’uomo si perde
e si smarrisce perché non è capace di fare una scelta tra essere e nulla (vita
e morte), e addirittura oggi la scelta non ha alcun valore (ricorda Amleto).
Altro esempio: Iliade di Omero. Ettore deve sfidare Achille: Ettore riflette.
Pensa di affrontare Achille, ma pur sapendo di morire, sapeva di scegliere
l’ESSERE. Di fronte alla coscienza in crisi, la scelta diventa INEVITABILE.
Questo sapere in crisi si mostra come quasi un problema inevitabile. Crisis, in
greco, significa decisione che prende il giudice (ma indica anche il conflitto)
-- > entrambe inevitabili. È per costituzione, quindi, che il diritto è in
crisi. Il diritto NON è solo REGOLA. Si pone l’accento su un giudizio, su un
alternativa (scelta fra due opzioni). Quando si parla di crisi del diritto, non
si sta facendo accenno a qualcosa di necessariamente negativo. Anche quando il
giudice si trova nella scelta critica di assolvere o condannare. La crisi,
quindi, mette l’accento sull’opera e l’azione che deve svolgere il soggetto. Il
diritto è anche ATTIVITA’ di colui che deve prendere una decisione.
Crisi, quindi, in forza del
discorso sopra fatto, implica anche giudizio. Si rende più opportuno
identificare il diritto non solo come biblioteca piena di codici, regole e
leggi, ma anche come esperienza.
Il diritto può anche essere
definito come una piazza: è una piazza vociante, brulicante, piena di
discussioni non violente ma controverse. Tutti discutono fra loro litigando e
cercano di ottenere soluzioni ragionevoli (da coloro che sono competenti o dai
giuristi, che non devono leggere i libri, ma devono entrare nel circuito dei
fatti, nel tessuto sociale). Il giurista è un esperto delle discussioni che si
svolgono nella piazza che lui stesso frequenta ed è esperto di discussione
perché è immerso nei fatti. I romani dicevano: EX FACTO ORITUR IUS (il diritto
deriva dal fatto). La metafora della piazza non è inventata: in latino si
chiamava FORUM e oggi si dice FORO (per indicare qualcosa di giuridico).
In sostanza: non bisogna volare
alto. L’agorà e il foro sono i due luoghi dove si sviluppa la discussione sul
diritto. Tutte queste attività sono proprie del diritto in quanto tale. Il
“lasciar perdere” è espressione di una situazione di disorientamento. Abbiamo
capito, quindi, che la parola crisi ha un doppio significato semantico. Il
diritto non è la pacata atmosfera della biblioteca, ma è ANCHE la piazza, il
foro, i luoghi tutti della discussione. La metafora sportiva del tifo è l’idea
che sta alla base del diritto.
Il diritto, quindi, al contrario
di quanto si possa pensare non è uno sconfinato territorio di soluzioni, ma di
PROBLEMI. Consapevolezza della continua ed inevitabile condizione di crisi del
diritto. Il passaggio dall’ESPERIENZA GIURIDICA (molto diverso dal termine
DIRITTO) è fondamentale.
Ma perché non parlare del diritto
come insieme di norme giuridiche? Sostanzialmente perché bisogna uscire dalla
biblioteca e andare in piazza, calarsi nel “corpo sociale”.
La teoria più accolta è: DIRITTO
è NORMA. Ma noi abbiamo il compito di estendere il nostro sguardo. In cosa
consiste l’esperienza giuridica? L’idea che il diritto sia una norma positiva
fa parte di una prospettiva più completa: del diritto fa parte la norma ma anche altri fenomeni. Quali
sono questi elementi? Oltre alla norma vi sono altri due fenomeni: il FATTO, l’azione; il GIUDIZIO. Nelle prospettive, nelle
filosofie diffuse ancora oggi (ma comunque ben radicate), ve n’è una dominante:
di questi tre elementi il principale è la NORMA. Questa prospettiva possiamo
chiamarla NORMOCENTRICA (anche detta NORMATIVISTICA). Questa teoria ritiene che
la norma sia il centro, l’elemento più importante del diritto. Ma cosa si
intende per norma in questa visione? La norma è la regola, il comando, la
prescrizione che disciplina un comportamento, una condotta. Per essere più
generici: che disciplina una condotta intersoggettiva. L’idea che la norma sia
un comando è diffusa. Questo costituisce la parte centrale del diritto.
Secondo elemento costitutivo: il
FATTO. Cos’è l’azione? È il comportamento, la condotta umana che modifica il
panorama fenomenico esterno, incidendo sul rapporto intersoggettivo. Si fa
riferimento all’azione prescritta dalla norma. La fattispecie astratta
descritta dalla norma fa riferimento all’azione. Ma cos’è la fattispecie
astratta? Cos’è la prescrizione? Norma e fattispecie sono le due
caratteristiche della regola in sé: ogni norma in sé si applica ad una classe
indeterminata di soggetti. È astratta in quanto è indipendente dal caso
concreto, descrive un fatto che si applica ad una classe indeterminata di
azioni.
Terzo elemento costitutivo: il
GIUDIZIO. Le fondamentali correnti del pensiero moderno si riassumono in una
visione normocentrica. In una visione normocentrica, anche la sentenza
costituisce norma, in quanto è regola del caso specifico. La norma che dà il
giudice non è generale né tanto meno astratta.
PER RIASSUMERE: In questa visione
normocentrica l’esperienza giuridica presuppone una definizione di norma che
disciplina un comportamento sociale.
Queste tre definizioni (norma,
azione e giudizio) corrispondono alle tre concezioni particolari della
filosofia del diritto: l’idea che vi sia un’azione astratta descritta dalla
norma indipendente dall’esperienza concreta fa parte di quell’opposta corrente
la quale sostiene che il diritto sia un insieme di regole NON scritte, che
valgono sempre e comunque, e che siano riconosciute da chiunque abbia la
ragione (GIUSNATURALISMO). Vi sono poi altre due posizioni: GIUSPOSITIVISMO e
GIUSREALISMO.
Ma queste posizioni non sono
soddisfacenti. Se io ritengo che il diritto sia solo insieme di norme positive,
devo necessariamente diventare un giurista che interpreta quello che dice il
potere politico. Questo tipo di posizione abbandona il diritto al legislatore. In
questa visione si implica che il diritto si imponga. Quindi affermare che la
Costituzione sia sacra ed immodificabile implicherebbe inserirsi in una
posizione GIUSPOSITIVISTA.
Cos’è il giudizio nell’idea dei
GIUSREALISTI, ovvero di coloro che ritengono che il diritto arrivi dalle
decisioni delle corti? In sostanza l’interprete non è più servile del
legislatore, ma di chi pronuncia la sentenza. Oggi, come insegna il mondo
anglosassone, bisogna STARE DECISIS e le decisioni costituiscono un PRECEDENTE.
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