mercoledì 4 marzo 2015

1^ LEZIONE DI FILOSOFIA DEL DIRITTO.

La parola crisi, quindi, significa “frantumazione” ma anche forza che, pur distinguendo, tiene insieme. La crisi del sapere nell’epoca contemporanea: queste crisi sono legate alla frammentazione del sapere. Il privilegio viene assegnato alla situazione contingente e ai dati dispersi. Questa situazione di crisi del sapere genera una situazione di smarrimento dell’uomo (l’esempio letterario per eccellenza è quello dell’Amleto di Shakespeare). Questo deriva dal fatto della possibilità di una doppia alternativa (vita-morte). L’uomo contemporaneo mostra indifferenza rispetto alle alternative. Questo senso di smarrimento è il risultato di una tragedia. L’epoca contemporanea, altrimenti detta post-moderna, è caratterizzato dalla crisi: facciamo riferimento, a tal proposito, al rogo della libreria del Nome della Rosa (Guglielmo da Baskerville cerca di salvare i libri). Tra queste scienze da salvare c’è anche la scienza giuridica: il diritto è caratterizzato dalla crisi (oggi vi è un diritto della decisione, contingente). Siamo addirittura arrivati all’esteriorizzazione del sapiente rispetto al sapere. Questo comporta smarrimento che riguarda soprattutto il giurista.
Il rogo prima considerato, quindi, assume un significato metaforico: il diritto in questo tempo della crisi è simile ad una biblioteca sconfinata. Gli scrittori che hanno riempito quegli scaffali sono i giuristi: amministratori, giudici, legislatori. Tutti questi fanno parte dell’entità Stato. Ma è lo stato il vero protettore del diritto?
Questi libri, codici…dovrebbero soddisfare gli apparenti bisogni particolari dei lettori attraverso la produzione e l’imposizione di norme. Tale attività comporta il soffermarsi su aspetti giuridici: ma l’esperienza giuridica è la sola biblioteca? Oggi non si sa bene quale sia il punto di riferimento: generale indifferenza rispetto all’idea di valore di riferimento. Lo smarrimento dell’uomo può avere senso benefico, perché l’uomo deve capire che v’è via d’uscita.
La crisi non ha solo significato negativo, ma anche positivo: tiene unito ciò che sarebbe in dispersione. La crisi, quindi, è solo in apparente disordine ma lo è naturalmente, è permanentemente così. Vi è quindi necessità di riflessione. Esempio letterario: l’uomo si perde e si smarrisce perché non è capace di fare una scelta tra essere e nulla (vita e morte), e addirittura oggi la scelta non ha alcun valore (ricorda Amleto). Altro esempio: Iliade di Omero. Ettore deve sfidare Achille: Ettore riflette. Pensa di affrontare Achille, ma pur sapendo di morire, sapeva di scegliere l’ESSERE. Di fronte alla coscienza in crisi, la scelta diventa INEVITABILE. Questo sapere in crisi si mostra come quasi un problema inevitabile. Crisis, in greco, significa decisione che prende il giudice (ma indica anche il conflitto) -- > entrambe inevitabili. È per costituzione, quindi, che il diritto è in crisi. Il diritto NON è solo REGOLA. Si pone l’accento su un giudizio, su un alternativa (scelta fra due opzioni). Quando si parla di crisi del diritto, non si sta facendo accenno a qualcosa di necessariamente negativo. Anche quando il giudice si trova nella scelta critica di assolvere o condannare. La crisi, quindi, mette l’accento sull’opera e l’azione che deve svolgere il soggetto. Il diritto è anche ATTIVITA’ di colui che deve prendere una decisione.
Crisi, quindi, in forza del discorso sopra fatto, implica anche giudizio. Si rende più opportuno identificare il diritto non solo come biblioteca piena di codici, regole e leggi, ma anche come esperienza.
Il diritto può anche essere definito come una piazza: è una piazza vociante, brulicante, piena di discussioni non violente ma controverse. Tutti discutono fra loro litigando e cercano di ottenere soluzioni ragionevoli (da coloro che sono competenti o dai giuristi, che non devono leggere i libri, ma devono entrare nel circuito dei fatti, nel tessuto sociale). Il giurista è un esperto delle discussioni che si svolgono nella piazza che lui stesso frequenta ed è esperto di discussione perché è immerso nei fatti. I romani dicevano: EX FACTO ORITUR IUS (il diritto deriva dal fatto). La metafora della piazza non è inventata: in latino si chiamava FORUM e oggi si dice FORO (per indicare qualcosa di giuridico).
In sostanza: non bisogna volare alto. L’agorà e il foro sono i due luoghi dove si sviluppa la discussione sul diritto. Tutte queste attività sono proprie del diritto in quanto tale. Il “lasciar perdere” è espressione di una situazione di disorientamento. Abbiamo capito, quindi, che la parola crisi ha un doppio significato semantico. Il diritto non è la pacata atmosfera della biblioteca, ma è ANCHE la piazza, il foro, i luoghi tutti della discussione. La metafora sportiva del tifo è l’idea che sta alla base del diritto.
Il diritto, quindi, al contrario di quanto si possa pensare non è uno sconfinato territorio di soluzioni, ma di PROBLEMI. Consapevolezza della continua ed inevitabile condizione di crisi del diritto. Il passaggio dall’ESPERIENZA GIURIDICA (molto diverso dal termine DIRITTO) è fondamentale.
Ma perché non parlare del diritto come insieme di norme giuridiche? Sostanzialmente perché bisogna uscire dalla biblioteca e andare in piazza, calarsi nel “corpo sociale”.
La teoria più accolta è: DIRITTO è NORMA. Ma noi abbiamo il compito di estendere il nostro sguardo. In cosa consiste l’esperienza giuridica? L’idea che il diritto sia una norma positiva fa parte di una prospettiva più completa: del diritto fa parte la norma ma anche altri fenomeni. Quali sono questi elementi? Oltre alla norma vi sono altri due fenomeni: il FATTO, l’azione; il GIUDIZIO. Nelle prospettive, nelle filosofie diffuse ancora oggi (ma comunque ben radicate), ve n’è una dominante: di questi tre elementi il principale è la NORMA. Questa prospettiva possiamo chiamarla NORMOCENTRICA (anche detta NORMATIVISTICA). Questa teoria ritiene che la norma sia il centro, l’elemento più importante del diritto. Ma cosa si intende per norma in questa visione? La norma è la regola, il comando, la prescrizione che disciplina un comportamento, una condotta. Per essere più generici: che disciplina una condotta intersoggettiva. L’idea che la norma sia un comando è diffusa. Questo costituisce la parte centrale del diritto.
Secondo elemento costitutivo: il FATTO. Cos’è l’azione? È il comportamento, la condotta umana che modifica il panorama fenomenico esterno, incidendo sul rapporto intersoggettivo. Si fa riferimento all’azione prescritta dalla norma. La fattispecie astratta descritta dalla norma fa riferimento all’azione. Ma cos’è la fattispecie astratta? Cos’è la prescrizione? Norma e fattispecie sono le due caratteristiche della regola in sé: ogni norma in sé si applica ad una classe indeterminata di soggetti. È astratta in quanto è indipendente dal caso concreto, descrive un fatto che si applica ad una classe indeterminata di azioni.
Terzo elemento costitutivo: il GIUDIZIO. Le fondamentali correnti del pensiero moderno si riassumono in una visione normocentrica. In una visione normocentrica, anche la sentenza costituisce norma, in quanto è regola del caso specifico. La norma che dà il giudice non è generale né tanto meno astratta.
PER RIASSUMERE: In questa visione normocentrica l’esperienza giuridica presuppone una definizione di norma che disciplina un comportamento sociale.
Queste tre definizioni (norma, azione e giudizio) corrispondono alle tre concezioni particolari della filosofia del diritto: l’idea che vi sia un’azione astratta descritta dalla norma indipendente dall’esperienza concreta fa parte di quell’opposta corrente la quale sostiene che il diritto sia un insieme di regole NON scritte, che valgono sempre e comunque, e che siano riconosciute da chiunque abbia la ragione (GIUSNATURALISMO). Vi sono poi altre due posizioni: GIUSPOSITIVISMO e GIUSREALISMO.
Ma queste posizioni non sono soddisfacenti. Se io ritengo che il diritto sia solo insieme di norme positive, devo necessariamente diventare un giurista che interpreta quello che dice il potere politico. Questo tipo di posizione abbandona il diritto al legislatore. In questa visione si implica che il diritto si imponga. Quindi affermare che la Costituzione sia sacra ed immodificabile implicherebbe inserirsi in una posizione GIUSPOSITIVISTA.

Cos’è il giudizio nell’idea dei GIUSREALISTI, ovvero di coloro che ritengono che il diritto arrivi dalle decisioni delle corti? In sostanza l’interprete non è più servile del legislatore, ma di chi pronuncia la sentenza. Oggi, come insegna il mondo anglosassone, bisogna STARE DECISIS e le decisioni costituiscono un PRECEDENTE.

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