Sono le istituzioni a strutturare
la società. Bisogna avere gli strumenti per ragionare consapevolmente su un
determinato argomento.
IL PROBLEMA DELLA LIBERTA’
Solitamente quando si parla di
libertà, due esseri umani (di qualsiasi cultura) tendono a capirsi sul
concetto. E allora qual è il problema della libertà? Partiamo dall’etimo. La
parola “libertà” deriva dal termine latino “libertas” da cui poi deriva il
termine inglese “Liberty”. Freedom, invece, è un termine più moderno.
La LIBERTAS era uno status, una
libertà ben strutturata giuridicamente. Non era semplice assenza di vincoli.
Parlare di libertà in ambito latino significa attribuire a qualcuno dei diritti
politico-giuridici. Quelle persone “lIbere” potevano fare tutto ciò quanto
fosse previsto dall’ordinamento giuridico.
La liberty, quindi, si porta
appresso una struttura giuridica. Il termine freedom, invece, indica un ambito
a-giuridico. È meglio definibile come un’assenza di vincoli. Questa discussione
si ritrova in Benjamin Constant
(1818 -- > pubblicazione risultato di un suo discorso, “La libertà dei
moderni rispetto alla libertà degli antichi): egli, rifacendosi al mondo
classico, afferma che la libertà degli antichi è PARTECIPAZIONE, processo
politico di scoperta di leggi giuste, il quale richiede e garantisce una
capacità di agire in maniera giuridica. Si è liberi, in sostanza, se si è
capaci di modificare la propria sfera giuridica. V’è una relazione stretta tra
l’essere liberi e partecipare alla vita politica della città (polis). Essere
liberi vuol dire “avere diritti” che non esistono se non legati a dei doveri
(tizio A ha dei doveri in quanto tizio B ha dei diritti).
Diversamente, la libertà dei
moderni (freedom), è indipendenza da ogni forma di autorità e vincolo. È una
rivendicazione di autonomia da parte dell’individuo (nella concezione degli
antichi è concezione molto limitata). La critica classica, naturalmente, a
questa concezione, sta nel chiedere: va bene, non vuoi essere limitato da
nulla. Ma allora, che diritti hai? (Sempre rifacendosi alla concezione sopra
citata per quanto riguarda la stretta correlazione diritti-doveri).
Immanuel Kant propone, invece,
qualcosa che “sta a metà”. La sua concezione lascerà un’impronta indelebile
nella cultura del popolo tedesco: Kant, infatti, con i suoi imperativi
categorici, non fa altro che sottoporre la volontà dell’individuo ad una
autoregolamentazione. È comunque un’uscita dal mondo classico, ma non è
un’entrata in toto all’idea di FREEDOM dei moderni. La nostra libertà, secondo
Kant, sta nello scegliere le regole giuste e nel rispettarle.
Isaiah Berlin, pensatore di
origine russa, vive e lavora in Gran Bretagna. Costui aveva proposto una
semplice distinzione fra la libertà positiva e la libertà negativa: la prima
corrisponde alla capacità di agire (avere risorse cognitive, sociali e
materiali per la realizzazione della persona); la seconda è completa
autodeterminazione (assenza di ostacoli al perseguimento degli interessi).
Amartya Sen: costui, nei suoi
studi, ha fatto una grande distinzione fra FUNCTIONINGS e CAPABILITIES. I
FUNZIONAMENTI sono le attività che concretamente noi svolgiamo. Le CAPABILITIES
sono invece le capacità, le competenze (ciò che ci permette di fare un certo
qualcosa). Il nostro sviluppo, quindi, si divide in due tronconi: parte
CONCRETA, parte ASTRATTA. Ognuno, quindi, deve avere le CAPABILITIES che siano
utili ai FUNCTIONINGS che vuole realizzare.
LA GIUSTIZIA
Dal punto di vista storico: ci si
è sempre riferiti ad un quid di giusto (concetto astratto). Indica, quindi, un
punto di riferimento con il quale poi misurare la realtà. Si ha comunque
bisogno di un riferimento normativo: nella storia l’umanità si è sempre rifatta
a 3 autorità superiori.
- Il
primo è Dio: la giustizia divina, per generalizzare.
- La
seconda è l’uomo: l’umanità e il suo buon senso.
- Il
terzo è lo Stato: concezione soprattutto francese.Platone, invece, era dotato di
una visione molto poco pratica: incardina nell’etica del sovrano l’unica fonte
di una buona amministrazione e non distingue per niente giustizia da efficienza
(sono per lui la stessa cosa).
Chi comincia a distinguere la
giustizia dall’efficienza è Aristotele (Etica
Nicomachea). Aristotele analizza alcuni principi di giustizia e li
incardina sul principio di proporzionalità.
ü Giustizia
DISTRIBUTIVA, presuppone qualche forma di azione collettiva. I nostri individui
sono caratterizzati dal perseguimento di un obiettivo comune. La giustizia
distributiva afferma che v’è proporzionalità tra merito e costi/benefici. Come
va calcolata? I compensi, per esempio, per un lavoro, vanno ripartiti in base
al lavoro fornito (chi lavora 10 ore otterrà di più di chi ne lavora 5). È la
proporzionalità rispetto a dei criteri di misura del merito (ha senso ogni
volta che v’è autorità che deve distribuire delle risorse).
ü Giustizia
CORRETTIVA, autorità che garantisce un’azione di correzione (scambi), stiamo
parlando di un’architettura orizzontale (qual è il giusto prezzo?) e non
verticistica. L’individuo A propone 6 euro per un bene A, l’individuo B propone
12 euro per lo stesso bene, dov’è il giusto prezzo? Aristotele: facciamo l’aritmetica
armonica. Il punto armonico non è la metà (9), ma è 8, perché ognuno rinuncia
in proporzione alla sua richiesta iniziale (6 + 33% = 8; 12 – 33% = 8).
ü Giustizia
RECIPROCITA’, mantiene i legami sociali e si basa sulla proporzionalità allo
status e non sull’eguaglianza.
Nessun commento:
Posta un commento