mercoledì 4 marzo 2015

1^ LEZIONE DI ECONOMIA DELLE ISTITUZIONI.

Sono le istituzioni a strutturare la società. Bisogna avere gli strumenti per ragionare consapevolmente su un determinato argomento.

IL PROBLEMA DELLA LIBERTA’
Solitamente quando si parla di libertà, due esseri umani (di qualsiasi cultura) tendono a capirsi sul concetto. E allora qual è il problema della libertà? Partiamo dall’etimo. La parola “libertà” deriva dal termine latino “libertas” da cui poi deriva il termine inglese “Liberty”. Freedom, invece, è un termine più moderno.
La LIBERTAS era uno status, una libertà ben strutturata giuridicamente. Non era semplice assenza di vincoli. Parlare di libertà in ambito latino significa attribuire a qualcuno dei diritti politico-giuridici. Quelle persone “lIbere” potevano fare tutto ciò quanto fosse previsto dall’ordinamento giuridico.
La liberty, quindi, si porta appresso una struttura giuridica. Il termine freedom, invece, indica un ambito a-giuridico. È meglio definibile come un’assenza di vincoli. Questa discussione si ritrova in Benjamin Constant (1818 -- > pubblicazione risultato di un suo discorso, “La libertà dei moderni rispetto alla libertà degli antichi): egli, rifacendosi al mondo classico, afferma che la libertà degli antichi è PARTECIPAZIONE, processo politico di scoperta di leggi giuste, il quale richiede e garantisce una capacità di agire in maniera giuridica. Si è liberi, in sostanza, se si è capaci di modificare la propria sfera giuridica. V’è una relazione stretta tra l’essere liberi e partecipare alla vita politica della città (polis). Essere liberi vuol dire “avere diritti” che non esistono se non legati a dei doveri (tizio A ha dei doveri in quanto tizio B ha dei diritti).

Diversamente, la libertà dei moderni (freedom), è indipendenza da ogni forma di autorità e vincolo. È una rivendicazione di autonomia da parte dell’individuo (nella concezione degli antichi è concezione molto limitata). La critica classica, naturalmente, a questa concezione, sta nel chiedere: va bene, non vuoi essere limitato da nulla. Ma allora, che diritti hai? (Sempre rifacendosi alla concezione sopra citata per quanto riguarda la stretta correlazione diritti-doveri).

Immanuel Kant propone, invece, qualcosa che “sta a metà”. La sua concezione lascerà un’impronta indelebile nella cultura del popolo tedesco: Kant, infatti, con i suoi imperativi categorici, non fa altro che sottoporre la volontà dell’individuo ad una autoregolamentazione. È comunque un’uscita dal mondo classico, ma non è un’entrata in toto all’idea di FREEDOM dei moderni. La nostra libertà, secondo Kant, sta nello scegliere le regole giuste e nel rispettarle.

Isaiah Berlin, pensatore di origine russa, vive e lavora in Gran Bretagna. Costui aveva proposto una semplice distinzione fra la libertà positiva e la libertà negativa: la prima corrisponde alla capacità di agire (avere risorse cognitive, sociali e materiali per la realizzazione della persona); la seconda è completa autodeterminazione (assenza di ostacoli al perseguimento degli interessi).

Amartya Sen: costui, nei suoi studi, ha fatto una grande distinzione fra FUNCTIONINGS e CAPABILITIES. I FUNZIONAMENTI sono le attività che concretamente noi svolgiamo. Le CAPABILITIES sono invece le capacità, le competenze (ciò che ci permette di fare un certo qualcosa). Il nostro sviluppo, quindi, si divide in due tronconi: parte CONCRETA, parte ASTRATTA. Ognuno, quindi, deve avere le CAPABILITIES che siano utili ai FUNCTIONINGS che vuole realizzare.

LA GIUSTIZIA
Dal punto di vista storico: ci si è sempre riferiti ad un quid di giusto (concetto astratto). Indica, quindi, un punto di riferimento con il quale poi misurare la realtà. Si ha comunque bisogno di un riferimento normativo: nella storia l’umanità si è sempre rifatta a 3 autorità superiori.


  1. Il primo è Dio: la giustizia divina, per generalizzare.
  2. La seconda è l’uomo: l’umanità e il suo buon senso.
  3. Il terzo è lo Stato: concezione soprattutto francese.Platone, invece, era dotato di una visione molto poco pratica: incardina nell’etica del sovrano l’unica fonte di una buona amministrazione e non distingue per niente giustizia da efficienza (sono per lui la stessa cosa).

Chi comincia a distinguere la giustizia dall’efficienza è Aristotele (Etica Nicomachea). Aristotele analizza alcuni principi di giustizia e li incardina sul principio di proporzionalità.

ü  Giustizia DISTRIBUTIVA, presuppone qualche forma di azione collettiva. I nostri individui sono caratterizzati dal perseguimento di un obiettivo comune. La giustizia distributiva afferma che v’è proporzionalità tra merito e costi/benefici. Come va calcolata? I compensi, per esempio, per un lavoro, vanno ripartiti in base al lavoro fornito (chi lavora 10 ore otterrà di più di chi ne lavora 5). È la proporzionalità rispetto a dei criteri di misura del merito (ha senso ogni volta che v’è autorità che deve distribuire delle risorse).

ü  Giustizia CORRETTIVA, autorità che garantisce un’azione di correzione (scambi), stiamo parlando di un’architettura orizzontale (qual è il giusto prezzo?) e non verticistica. L’individuo A propone 6 euro per un bene A, l’individuo B propone 12 euro per lo stesso bene, dov’è il giusto prezzo? Aristotele: facciamo l’aritmetica armonica. Il punto armonico non è la metà (9), ma è 8, perché ognuno rinuncia in proporzione alla sua richiesta iniziale (6 + 33% = 8; 12 – 33% = 8).

ü  Giustizia RECIPROCITA’, mantiene i legami sociali e si basa sulla proporzionalità allo status e non sull’eguaglianza. 

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