lunedì 8 giugno 2015

26^ LEZIONE DI FILOSOFIA DEL DIRITTO.

Il pensiero non può non pensare il tutto. Il principio sta in ogni cosa e non è la somma di ogni cosa (la somma di tutte le cose più qualcosa d’altro dà il senso dell’intero). In Talete viene usata una metafora breve: Cavalla osserva come sia abbastanza naturale usare figure retoriche per rappresentare concetti (metafora dell’ACQUA). Cos’è che c’è in ogni cosa? Questa cosa che c’è in ogni cosa è COME l’acqua. L’acqua non ha una forma ma è in tutte le forme (può essere contenuta in molte forme). Caratteristica universale del principio: questa mancanza di forma fa notare che l’acqua può essere contenuta in un bicchiere, ma non è la forma. Se l’acqua è priva di forma, in questo caso si perderebbe la caratteristica principale del principio. Se si concepisce il principio come universale, allora si intende che è principio in ogni senso, che quindi non può dipendere da altro.
Attraverso l’immagine si può costruire la caratteristica del principio (a Talete sembra la più corretta figura per rappresentarlo). Se dobbiamo accogliere una nozione coerente di principio, non si può dire che il principio sta fuori dal mondo. Se il principio sta fuori dal mondo, vuol dire che non lo è, che sta nell’immanenza. Il trascendente significa movimento, andare oltre: dire che c’è un aldilà e un aldiqua, è un errore teoretico (un principio senza differenze e senza forme, rischio di concepire un principio come nulla
--> principio nichilistico). L’acqua assume una forma in ragione del suo contenente. Apeiron, diceva Anassimandro: è qualcosa che sta in ogni cosa, che non si esaurisce in una cosa e non è la loro somma, e tiene insieme ogni cosa.
Anche Esiodo parla di Arché (TA PROTISTA). Il principio deve essere inteso come principio delle differenze. Non è casuale che l’uomo greco si ponga il problema della totalità dell’intero pensando alla morte: la morte è, nell’esistenza, la negatività. Il problema del nulla è il problema dialettico dal quale sorge il pensiero soprattutto. Come si è sempre detto il problema filosofico non nasce da un pregiudizio, ma emerge dall’urto che l’uomo ha dall’esperienza (l’uomo viene SCARAVENTATO nell’esperienza, come dice Heidegger).
PARMENIDE e ERACLITO
Il verbo essere può essere coniugato in vari modi: si manifesterà in modi diversi. Le varie forma di comparsa del verbo EINAI dà conto della facoltà di pensare il principio come PRINCIPIO COMUNE A TUTTE LE COSE (arché). L’essere si dice OLLAKOS, in molti modi: serve per dire il pluralismo, la molteplicità delle opinioni costituisce un elemento fondamentale della realtà stessa, dell’essere. L’essere si dice in molti modi: tutto è relativo? Nel campo delle opinioni ogni opinione deve essere ascoltata per la molteplicità delle opinioni? I relativisti si dimenticano che Aristotele afferma anche che il tutto deve poi essere ricondotto al principio (universale).   
La questione fondamentale per tutte le cose è trovare un principio (che non deve essere più una metafora). Si tenga presente che tutte le opere dei presoscratici si chiamano peri fiseos (Sulla natura), mentre qui dobbiamo guardare a ciò che si manifesta, all’essenza di tutte le cose. Parmenide affermava che:
-        Nel frammento 8 versetto 4 l’essere è un INTERO NEL SUO INSIEME;
-        Nel frammento 8 versetto 43 l’essere è COMPIUTO DA OGNI PARTE, SIMILE A MASSA DI BEN ROTONDA SFERA;
-        Nel frammento 8 versetto 48 l’essere è UN TUTTO INVIOLABILE.
Il principio è l’intero sono in rapporto di OMOLOGIA (il primo è fondamento del secondo).
Parmenide affermava anche che: “Indifferente è per me il punto da cui devo prendere le mosse; là, infatti, nuovamente dovrò fare ritorno” (fr. 5, vv. 1-3). “Dal non essere non ti concedo né di dirlo né di pensarlo, perché non è possibile né dire né pensare che non è” (fr. 8 vv. 6-8).
L’interpretazione di Parmenide è data da Zenone di Elea (L’essere univoco). Nell’ambito della tradizione dialettica greca, l’essere è univoco. Nella scuola di Elea prevalse l’interpretazione di Zenone: “Ciò che non ha né grandezza né spessore né massa non può neppure esistere”.

L’essere è misurabile: da un punto di vista logico io scambio la certezza con la verità. L’essere è analizzabile: il costante prende il posto dell’eterno. Essendo misurabile ed analizzabile, l’essere è dominabile, può essere controllato dalle facoltà soggettive (il dominio prende il posto del sapere). Questo frammento di Zenone deriva dall’interpretazione dell’essere come univoco, indeterminato.

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